So benissimo che il trasferimento di pericolosi delinquenti in carceri di massima sicurezza, qual è quello di Badecarros, risponde più a logiche burocratiche che a scelte politiche. Ed è noto che i ceti politici nuoresi sono nella loro maggioranza ostili al Governo Berlusconi e portati, come per un riflesso condizionato, ad esprimersi contro qualsiasi provvedimento governativo. Ma quella contro il trasferimento del pericoloso camorrista Antonio Iovine a Nuoro non è una contrarietà di parte: è tutta la società sarda a sentirsi offesa e a riflettere sui rischi che questo comporta.
La Sardegna ha sviluppato, per riconoscimento di criminologi e studiosi di vaglio, anticorpi contro la diffusione e il radicamento delle mafie. Ma non è con il trasferimento di criminali come Iovine, sia pure detenuto in regime di carcere duro, che si aiuta la conservazione di un tale rigetto. Anzi. Sentire il vescovo della città, monsignor Meloni, dire che “E poi finisce che i ladroni li mandano sempre qui da noi”, stringe il cuore. Dà il senso di quale sia il comune sentimento circa il rapporto che continua ad esistere fra la Sardegna, soprattutto le sue Terre interne, e lo Stato.
I dati economici della provincia di Nuoro sono terribili. È vero che essa paga, con la desertificazione industriale, le scelte fatte nel passato anche dai suoi ceti dirigenti, politici, sindacali, imprenditoriali e degli intellettuali operaisti, ma questi errori non possono esser fatti pagare alle popolazioni. “Sono altri i nostri problemi e altre le soluzioni” aveva detto il vescovo di Nuoro, non appena fu prospettata l'incarcerazione di Iovine a Badecarros. Oggi, a quel che si dice, Iovine è già rinchiuso qui. Con grande dolore, ma non posso non essere d'accordo con monsignor Meloni. Quanto a me, farò la mia parte, scrivendo al ministro Alfano affinché il governo che appoggio revochi al più presto questo trasferimento o anche facendone oggetto di una interrogazione.