sabato 19 settembre 2009

Quella curiosa "peculiarità" della Sardegna di marca Pd

Insieme a colleghi sardi del mio gruppo mi sto battendo, anche contro il mio governo, per far sì che la scuola sarda continui ad assicurare e, semmai, potenzi la sua presenza ovunque e renda, quindi, possibile la salvezza di tanti posti di lavoro a rischio. Lo facciamo senza clamori che, a volte, servono più a comparire che a risolvere problemi. Apprendo oggi che io e i miei colleghi dovremmo essere sbattuti fuori dalla mobilitazione a favore della scuola sarda.
Sarei, al proposito, curioso di conoscere il curriculum politico della signora Marina Spinetti da La Maddalena. Chi è costei? Dalle cronache si sa solo che è membro del comitato provinciale gallurese del Pd e che ha delle battaglie popolari questo singolare concetto: “Riteniamo opportuno coordinare le forze della scuola in Gallura per proporre correttivi e organizzare mobilitazioni col coinvolgimento del solo centrosinistra”. Il significato di questo appello ai migliori e ai duri e puri è ben illustrato dal titolo dato alle esternazioni della tosta militante pd: “Scuola, la destra fuori dalle lotte”. Il perché sta negli slogan da Servire il popolo lanciati questi giorni da alcuni dirigenti del suo partito cui non par vero di poter guidare finalmente e strumentalizzare un movimento di persone che, essendo seriamente preoccupate del proprio avvenire, non fanno parte di un club radical-chic.
I fondamentalisi esistono, e il talebanismo è una malattia diffusa dalle parti di quello schieramento; perché dunque tirar fuori dall'anonimato proprio la signora Spinetti? Perché è un paradigma di un vecchio, e duro a morire, atteggiamento da “migliori e diversi” di cui il Pd ufficialmente dice di allontanarsi e che, invece, nelle sue vecchie cellule periferiche coltiva ammorevolmente. Da un lato proclama – vedi la battaglia per salvare le industrie – la necessità di una forte unità di tutti e dall'altro teme che la sua egemonia sia messa in crisi da questa unità. Un timore naturalmente non confessato né confessabile, tant'è che i dirigenti del Pd continuano ad invocare l'unità di tutti anche per resistere in Sardegna agli effetti della riforma scolastica.
Ma nel suo ventre molle, le pulsioni al migliorismo e alla diversità antropologica continuano a manifestarsi, come in questo caso. Dietro queste pulsioni c'è sempre un pensiero egemonico: se la battaglia per la scuola la vinciamo tutti, centrodestra e centrosinistra, amministratori dell'una e dell'altra parte, non potremo poi dire che il merito è tutto nostro, dimostrando ancora una volta che noi siamo i migliori. Secondo quel “ventre molle” pd, spero non dominante, io e i miei colleghi del centrodestra sardo dovremmo, dunque, essere esclusi dalla battaglia comune. Si tratta di una irresponsabile mossa demagogica che, se attuata, metterebbe a rischio il risultato di un impegno che ha bisogno della massima unità possibile, non certo di esclusioni dettate solo da un'ossessione di purezza ideologica.
Interessante è anche capire quali proposte stiano dietro la lotta continua e solitaria: bisogna affermare davanti al governo “la peculiarità della situazione sarda”. E quale sarebbe questa peculiarità? Il fatto che la Sardegna è, come ha rilevato il presidente Cappellacci, “una nazione distinta dalla nazione italiana”? Che è sede della seconda lingua parlata nella Repubblica? Che, in Gallura, si parla diffusamente una lingua diversa dal sardo e dall'italiano? Che la Sardegna ha una storia millenaria che non si insegna a scuola? E una cultura che vive nella gente ma è tenuta fuori dalla porta delle scuole?
Macché, la peculiarità sarda “è legata alla distribuzione della popolazione e della viabilità”. Che razza di situazione “peculiare” è quella che si ripropone ovunque, dalla Sila al Mugello, dai paesi appenninici a quelli delle Alpi? Con un minimo sforzo, guardando un dizionario di qualsiasi lingua, si scoprirebbe che “peculiare” significa “proprio di una persona o di una cosa” o “diverso dal normale” e che, insomma, una situazione normale, consueta e ripetuta in molte realtà, non è “peculiare”. La “distribuzione della popolazione e della viabilità” non è peculiare della Sardegna, la lingua sarda (e il gallurese) sì. Da tempo, su questo blog e nella mia azione parlamentare, vado avanzando proposte affinché la scuola, così come succede in altre regioni sede di forti minoranze linguistiche, si serva della lingua e della storia sarda per offerte formative adeguate, appunto, alla nostra vera peculiarità. Che non è demografica né stradale.

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