Mettiamo che i Caruso, gli Angeletti e gli altri vati duri e puri dell’antiglobalizzazione ottengano ciò che chiedono: la disdetta del G8 della Maddalena. Come la metterebbero con i disoccupati sardi che hanno trovato lavoro grazie all’incontro internazionale, gli operai impegnati nelle costruzioni, i lavoratori che continueranno ad essere occupati nelle attività promosse alla Maddalena e dintorni? Loro che si fanno vanto di essere dalla parte di chi lavora e di chi il lavoro lo cerca?
Quando l’ideologia non bada a spese e il cervello lascia il predominio alle viscere può capitare di tutto: anche che ci si impegni a danneggiare gravemente coloro che si dice di voler proteggere. La storia del fondamentalismo è densa di contraddizioni del genere: Stalin massacrò i kulaki per proteggerli dai cattivi influssi della ideologia borghese, i talebani assassinano i loro connazionali per evitar loro di cadere preda dell’occidentalismo, i Roberspierre cercarono di sterminare gli abitanti della Vandea che non avevano capito quanto grande e liberatoria fossero gli ideali giacobini.
Naturalmente, lì si trattò di una tragedia immane, qui di piccolo cabotaggio politico, per di più teso a conquistare qualche consenso fra i disperati. Liberissimi di manifestare la loro opposizione al G8, va da sé, purché in maniera pacifica e rispettosa di chi non la pensa come loro. Con essi è impresa disperata ragionare sul fatto che gli aborriti vertici internazionali, come il G20 conclusosi ieri a Londra, a volte segnano svolte epocali. Dopo gli impegni presi dai leader dei venti paesi più ricchi, il mondo non sarà più quello di ieri e la minaccia della crisi incombente meno inarrestabile. Non si tratta di dettagli. Con chi è mosso da pulsioni viscerali, pur riconoscendo loro il diritto di farlo, il dialogo è, se non impossibile, decisamente difficile.
C’è, però, nelle minacce di sabotaggio del G8 da parte dei noglobal meno riflessivi, quelli che non vogliono limitare la protesta a un legittimo dissenso, qualcosa che incide pesantemente sulla cultura del popolo sardo e, soprattutto, sul suo diritto ad essere ospitale. È nel nostro costume ospitare. Non è un dettaglio che nella nostra lingua istràngiu voglia dire, insieme, straniero e ospite. I grandi della Terra sono nostri ospiti perché ad invitarli sono stati il presidente uscente della Sardegna e quello appena eletto. Come sempre capita nella nostra cultura, l’ospite è sempre gradito, e lo è ancora di più se con sé porta doni. Come faranno i grandi della Terra, portando alla Sardegna il bene prezioso del suo riconoscimento, la sua visibilità internazionale, la considerazione della sua cultura millenaria.
Non sono ospiti graditi i prepotenti che vorrebbero imporci la loro concezione del mondo; sgraditi perché arroganti e perché pronti a calpestare il nostro diritto ad ospitare chi viene in pace e da amico. Non abbiamo mai chiesto il permesso di poter esercitare questo nostro diritto, non lo faremo neppure in questa occasione.
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