sabato 27 dicembre 2008

Intervista con L'Unione sarda

«Dico sì all'accordo con i sardisti»
di Enrico Pilia

Il senatore sta alla finestra. Ma è uomo che sa fare squadra: «Correrò con tutte le mie forze, come ho sempre fatto, per chiunque sarà il candidato alla presidenza della Regione». Piergiorgio Massidda, 52 anni, parlamentare dal 1994, coordinatore di Forza Italia dal settembre 2004 al settembre 2008, ha passato i giorni di festa al telefono, assediato da simpatizzanti e amici sui temi del giorno: il candidato, le elezioni, il percorso da seguire. Con la famiglia - moglie e tre bimbi - messa al tappeto dall'influenza: «Un Natale complicato», dice ironicamente.
Senatore, chi sarà il vostro candidato?
«Non faccio nomi, fortunatamente non sono io a dover fare la scelta. Le persone valide sono tante, lascio ad altri la responsabilità, che è molto pesante. Ma do il mio suggerimento: il candidato dovrà essere una garanzia per tutta la coalizione, perché si corre tutti insieme. Per vincere, questa è la base di paertenza».
Il tempo stringe, mai come questa volta si dovrà correre anche per le liste.
«Fondamentale sarà la scelta del governatore, ma anche il migliore allenatore - per usare una metafora sportiva - non può nulla senza una buona squadra. Ma le formazioni che possiamo mettere in campo noi sono formidabili, ecco perché sono fiducioso. Lui, il candidato, dovrà dirigere, ma lo farà con elementi di alto livello».
Una coalizione variegata, quella sotto l'ombrello del Pdl...
«La squadra che componeva il centrodestra nel corso del mio mandato quadriennale potrebbe arricchirsi di nuove forze. Ho sempre giudicato fondamentale il possibile apporto dei sardisti, auspico che entrino a far parte di questa alleanza perché il centrodestra possa andare al di là del suo schieramento tradizionale, arricchendosi di forti energie e di idee fortemente autonomiste».
Quindi condivide l'operazione di avvicinamento varata da Cappellacci?
«Sì, perché è fondamentale pensare a un nuovo modello di sviluppo, che non può essere quello proposto dalla Giunta regionale. Se giudico inutile e improduttivo continuare a puntare su settori dell'industria difesa da Soru e dal suo esecutivo, aggiungo che dobbiamo batterci per salvare quei posti di lavoro progettando valide alternative. Una delle priorità, per me, in un momento di grandi scelte e di cambiamenti costituzionali, è quella di riscrivere lo Statuto speciale della Sardegna. Soru è andato avanti con grandi slogan, ma non ha mai pensato a rivedere quel testo: all'interno di casa propria, deve essere possibile poter decidere, la Sardegna deve acquisire maggiore autonomia gestionale rispetto allo Stato e all'Europa, per poter scegliere su cosa puntare e non, come accade oggi, facendosi imporre strategie dal governo nazionale».
Perché si va a elezioni anticipate?
«Quando un governatore sceglie di andare al voto prima della scadenza naturale, anche i più disattenti capiscono che siamo di fronte a un fallimento: con le dimissioni, Soru tradisce l'esigenza di recuperare ciò che ha perso. Non potrà presentarsi orgoglioso per quello che ha fatto nel corso della legislatura, perché ci saremo noi a ricordarne i fallimenti».

giovedì 18 dicembre 2008

E adesso, avanti con lo Statuto

Ed ora, avanti con il nuovo Statuto sardo. Con l’introduzione del concetto di insularità nella legge sul federalismo fiscale, il Parlamento della Repubblica ha fatto un passo avanti verso il riequilibrio delle opportunità fra la Sardegna e le regioni non insulari. Ma sarebbe da sprovveduti pensare che con questo giusto provvedimento si sia completato il processo di affermazione della specialità dell’Isola.
La specialità della Sardegna non è fondata, malgrado gli sforzi della cultura economicista che ha nella sinistra i maggiori fautori, prevalentemente sulle sue condizioni geografiche ed economiche e non cesserebbe di esistere in un futuro auspicabile superamento dei suoi handicap economici. La Regione sarda è speciale perché sede di una storia, di una lingua, di una cultura originali, speciali appunto. Di qui la necessità di procedere a passi rapidi verso un nuovo Statuto speciale fondato sul riconoscimento dell’identità del popolo sardo.
Per conto mio, ho già provveduto a presentare al Senato un disegno di legge che recepisce in toto la proposta di Carta de logu nova elaborata dal Comitato per lo Statuto.

domenica 14 dicembre 2008

Il disastro di Furtei ha nomi e cognomi

Abituati come siamo a dare attenzione alle grandi vicende dolorose del mondo del lavoro e non anche ai drammi meno eclatanti, quello dei 47 lavoratori dell’ex miniera d’oro di Furtei non ha avuto l’interessamento che meritava. Di qui la mia decisione di investire della questione il ministro del Lavoro.
Ho preparato perciò un dossier che la prossima settimana consegnerò personalmente all’on Sacconi, sollecitandolo ad esaminare se sia possibile una soluzione.
La concessione è stata data nel 1996 alla Sardinia Gold Mining dal governo di sinistra di allora, benché fosse dichiarato e acclarato l’uso del cianuro nella lavorazione dell’oro. Era noto al governo egemonizzato dall’allora Pci che per estrarre l’oro la società mineraria avrebbe devastato il territorio, era noto l’impiego di un potente veleno. La giunta e i partiti che la sostenevano sapevano che tutto si sarebbe ridotto all’arricchimento dell’impresa e alla sua fuga, una volta estratto tutto l’oro possibile. E ciò non ostante la concessione fu data.
Insieme all’ambiente, oggi a rischio di uno spaventoso inquinamento, a pagare questa decisione disgraziata sono gli incolpevoli 47 dipendenti, lasciati soli dagli eredi politici dei partiti che consegnarono quelle terre alla Sardinia Gold Mining. A volte si tratta delle stesse persone che approvarono quella decisione e oggi sfilano insieme ai dipendenti del Petrolchimico di Porto Torres e in più si ergono a strenui difensori dell’ambiente.
Al Ministro chiederò che accerti se la Sardinia Gold Mining o società con altro nome e stessa proprietà abbiano altri interessi in Italia per indurla intanto a rimediare alle devastazioni compiute e, nel caso, ad affidare, a sue spese, il ripristino ai lavoratori ingannati.

Nella foto: il laghetto di decantazione di Furtei

mercoledì 3 dicembre 2008

Solidarietà ai lavoratori di Porto Torre

Ai lavoratori di Porto Torres, impegnati in queste ore in una difficile vertenza, va la mia totale solidarietà. Non è un atto di appoggio formale, ma contiene un forte impegno a procedere al loro fianco perché si chiarisca al più presto quale sarà la sorte del Petrolchimico e, di conseguenza, la loro.
Per questo, sarò di supporto alla iniziativa già presa dai deputati del Pdl, interessando alla questione il Governo della Repubblica. Ho già chiesto direttamente ai ministri competenti che sia presa in esame certo la questione oggi più impellente, quella di Porto Torres, ma anche quelle che in tutta la Sardegna si sono aperte con la crisi dell’insieme del comparto industriale sardo, da Assemini a Macomer, da Siniscola ad Ottana. È una situazione che potrebbe avere forti ripercussioni sull’ordine pubblico.
L’unità di tutte le forze sociali e politiche e culturali a difesa del Petrolchimico di Porto Torres e dell’insieme del martoriato sistema industriale sardo è necessaria e va ricercata con grande attenzione, ma nel riconoscimento delle responsabilità passate e presenti, per evitare un ipocrita e infruttuoso vogliamoci bene.
La partecipazione del governo regionale alla manifestazione dei lavoratori e dei cittadini di Porto Torres, in questo momento appare un disperato tentativo di scaricarsi a buon mercato di pesanti responsabilità. E perciò non solo non aiuta la necessaria coesione di cittadini, sindacati e lavoratori, ma è tale da togliere credibilità all’azione comune in difesa del lavoro, soprattutto perché il marasma interno alla maggioranza rende inattendibile il suo governo in crisi.

Sui giornali