sabato 28 febbraio 2009

Le fascine fatte a sinistra dall'albero caduto

Passate le elezioni, molti degli intellettuali che hanno cercato invano di far vincere Renato Soru, sottopongono l’ex presidente a critiche al cui confronto le nostre paiono carezze. In una conversazione con un giornalista dell’Unione sarda, il professor Aldo Accardo rimprovera a Soru, in successione, il dirigismo, i metodi autocratici, lo spazio dato “a costosi festival letterari gestiti dalla pattuglia di scrittori amici (in prima fila nella campagna elettorale), occupazione manu militari di spazi sdemanializzati” e altre scelleratezze del genere.
Ci sarebbe da chiedersi, ma apparirebbe una malignità, dove erano gli intellettuali di sinistra, oggi critici, quando altri (dagli intellettuali “non organici” ai promotori infedeli di manifestazioni e agli editori sardi) denunciavano questi metodi autocratici dell’ex presidente. Più interessante è sapere se queste stesse critiche feroci ci sarebbero state anche nella malaugurata ipotesi che il centro sinistra avesse vinto le elezioni. E' proprio vero il detto sardo: dall'albero caduto ognuno fa fascine.

venerdì 27 febbraio 2009

Da un videogioco nucleare all'altro

Hanno capito che la loro battaglia contro la centrale nucleare in Sardegna è un’arma spuntata: non c’è nemico contro cui rivolgerla. E poiché la reazione di Ugo Cappellacci è stata tempestiva e secca, non c’è neppure la possibilità di evocare la mobilitazione del popolo di sinistra come padrino della vittoria.
Qualche secondo di imbarazzo, qualche litania col coro “non mi fido”, ed ecco il repentino cambio di obiettivo. “Berlusconi concederà la non installazione della centrale” ragiona chi pensa che il mondo sia fatto ad immagine e somiglianza dei propri padrini politici e della propria sudditanza ad essi. Ma in cambio, ecco in arrivo le scorie radioattive.
Una volta, come ricordavo ieri, il colpo dello spettro virtuale da agitare è riuscito alla sinistra sarda. Moltissimi sardi, non immaginando possibile tanto cinismo negli inventori del videogioco sulle “Scorie radioattive in Sardegna”, ci sono cascati e hanno espresso una corale preoccupazione ed una altrettanto collettiva opposizione. Il pensiero che ancora una volta i sardi si lascino turlupinare è solo una reazione alla sconfitta di dieci giorni fa. E anche un segno di disperazione.

giovedì 26 febbraio 2009

La sinistra sarda e il videogioco del nucleare

Nel videogioco sulle centrali nucleari, preparato dalla sinistra, è stata già inventata la mappa dei siti destinati ad ospitarle.


Devo ammetterlo: la sinistra è abilissima nel creare allarme su notizie che ella stessa inventa. Lo fece nell’estate del 2003 con il suo videogioco sulle scorie nucleari che coinvolse la gran parte dei sardi in un sonoro “No” ad una minaccia inesistente. Un piccolo quotidiano sardo, Il corsivo, denunciò “l'invenzione a tavolino della campagna No alle scorie nucleari in Sardegna”. Altri si lasciarono andare dentro la trappola.
La battaglia contro le scorie fu fondata non su notizie certe (ci fu solo una ipotesi di un generale) ma su un pregiudizio ideologico: il governo romano di centro destra è intimamente capace di violare l'autonomia della Sardegna e di scegliere, così, l'isola come sito unico per le scorie nucleari. La vicenda si rivelò per quel che era, una simulazione virtuale della capacità dei sardi di difendere la propria autonomia; il che non ci evitò gli osanna della sinistra alla “Grande vittoria ottenuta” sia pure contro un nemico immaginario.
Adesso è la volta della centrale nucleare che, secondo una notizia dalla sinistra inventata fin nei minimi particolari (sarà scelta la piana del Cirras, nei pressi di Santa Giusta), il Governo ha deciso di sbarcare in Sardegna. Gli stessi inventori del videogioco sulle scorie da stoccare nell’Isola stanno lanciando ora il nuovo giuoco virtuale, raccogliendo adesioni su Facebook, in siti internet e cercando di mobilitare i cittadini contro il pericolo. C’è la dichiarazione del ministro Scaloja secondo cui la Sardegna non è fra i siti probabili; c’è l’impegno sottoscritto dal presidente della Regione con il Psd’az sulla indisponibilità della Sardegna ad accogliere il nucleare. E c’è, soprattutto, il fatto che il Governo italiano non ha ancora studiato il piano per l’installazione delle quattro centrali nucleari.
Il pericolo, insomma, è solo nella simulazione virtuale fatta dalla sinistra. Ciò non le impedirà, una volta che il suo allarme sarà sbugiardato, di gridare alla Grande Vittoria della mobilitazione popolare da essa suscitata. È il risultato, temo, della lettura del Macchiavelli solo in un estratto della Selezione dal Reader’s Digest per chi sa di inglese o in un Bignamino per gli altri.

mercoledì 25 febbraio 2009

Furia dottrinale contro le statue di Monti Prama al G8

Il G8 potrebbe essere l’occasione per mettere a confronto la grande statuaria nuragica e quella classica. Il sindaco di Reggio Calabria ha detto ieri sì all’esposizione dei bronzi di Riace negli spazi in cui si incontreranno i capi di Stato e di Governo. Il presidente della Regione sarda, Ugo Cappellacci ha sostenuto l’opportunità di esporre i Giganti di Monti Prama che, dopo trenta anni e passa di silenzio intorno a loro, ritornano a far parlare di sé e della grande civiltà dei nuragici.
L’importante occasione di far conoscere al mondo le statue sarde, che secondo Giovanni Lilliu precedono di almeno tre secoli i bronzi di Riace, trova però ostacoli ideologici in Sardegna così come li trova in Calabria l’esposizione delle statue greche. Per ragioni che attengono una furia dottrinale anti-G8, gran parte della sinistra calabrese minaccia fuoco e fiamme contro il temporaneo spostamento dei bronzi di Riace in Sardegna. Per le stesse ragioni, nell’Isola si oppone all’esposizione dei Giganti una parte della sinistra fondamentalista. La stessa che non ebbe alcunché da ridire, quando governava, al silenzioso trasferimento a Parigi della Stele di Nora, uno dei più importanti testimoni della scrittura nella Sardegna del primo millennio avanti Cristo.
Con questo di differente, però: che l’esposizione dei bronzi di Riace in Sardegna è stata ed è preceduta da un appassionato dibattito, non tutto improntato allo strumentale sbraitare degli indignati per mestiere; il trasferimento a Parigi per molti mesi della Stale di Nora è avvenuto nella più totale indifferenza di quella intellettualità di sinistra, abituata a considerare la civiltà sarda figlia di un dio minore. Una squallida concezione che non deve poter prevalere.

martedì 24 febbraio 2009

C'è ancora speranza per l'Euroalluminia. Però in futuro...

Non ostante l’intervento del Governo italiano e l’appassionata difesa che dell’Euroalluminia hanno fatto lavoratori, parlamentari sardi, amministratori e sindacati, la Rusal ha deciso di chiudere. La crisi dell’alluminio in tutto il mondo, quella esistente e l’altra più pesante che si preannuncia per il prossimo futuro, ha trovato del tutto impreparato il passato governo sardo che in questa vicenda non ha giocato il suo ruolo importante.
Naturalmente, io per la mia parte insieme ai parlamentari del Pdl (e mi auguro anche quelli dell’opposizione) faremo di tutto perché il governo Berlusconi si adoperi al massimo per convincere le autorità russe a premere sulla Rusal per una soluzione positiva della questione. E in questo nutro un moderato ottimismo. E, in ogni caso, faremo del nostro meglio perché, se ci sarà, la chiusura dell’Euroalluminia non trasformi in deserto occupazionale il Sulcis.
È un impegno per niente formale il mio e il nostro, ma l’ondata di crisi che investe il settore industriale della Sardegna deve spingere tutta la società sarda, le sue classi dirigenti, la sua cultura a prendere atto che il vecchio modello industrialista, più fondato sull’ideologia che sui meccanismi del mercato, ha fatto il suo tempo. Insistere, come ha fatto nel suo tour elettorale il ministro ombra del Pd, Bersani, su passate scelte sbagliate, significa voler vivere in un mondo virtuale. Il sillogismo di Bersani: l’Italia è un paese industriale, la Sardegna fa parte dell’Italia e quindi l’Isola deve essere reindustrializzata, è formalmente corretto. Ma molto ideologico.
Proprio in un momento di crisi come quello che viviamo, e che nel futuro ancor di più vivremo, deve spingerci a elaborare un modello di sviluppo (un nuovo modello di civiltà, l’ho definito su questo blog) che tenga conto di un paio di fattori decisivi:
Puntare sulle nostre risorse che sono prevalentemente l’ambiente unico al mondo, la capacità di produrre altissime qualità, uno straordinario ed originale patrimonio archeologico, culturale, linguistico;
Uscire dalla logica delle monoculture, prima pastorale, poi petrolchimica. Anche il turismo, che offre immense opportunità di prosperità per i sardi, non deve trasformarsi in una monocultura, nell’illusione che questo decisivo settore possa avere una crescita all’infinito;
Salvaguardare al massimo le industrie esistenti e i posti di lavoro che esse hanno creato, essendo pronti a convertire questi ultimi attraverso una costante e infaticabile opera di istruzione professionale.

sabato 21 febbraio 2009

Antonello Cabras e la "anomalia" scomparsa

Nella sua appassionata autodifesa consegnata alla Nuova Sardegna, il mio amico Antonello Cabras ha affermato oggi di non aver mai creduto alla “anomalia” sarda: “I sardi votano secondo gli schemi e i valori degli altri italiani”. Comprendo l’amarezza dell’ex segretario dei Pd sardo, ma trovo nella sua affermazione una frivolezza (i grandi partiti presenti in tutta la Repubblica sono votati anche in Sardegna) e una ammissione di estraneità ai sentimenti di identità che si diffondono nel popolo sardo. E insieme una non utile irritazione per il fatto che sia stato il centro destra a coalizzare la gran parte della coscienza identitaria che, del resto, è propria delle donne e degli uomini del Pdl e dell’Udc.
I partiti e i movimenti radicati esclusivamente in Sardegna hanno raccolto il consenso del 16,8 per cento degli elettori sardi, il 2,6 per cento è andato alla alleanza fra ex-sardisti e verdi, il 2,5 per cento alle liste indipendentiste. Nella presunzione, presente oggi in chi stenta a elaborare il lutto per la sconfitta del centrosinistra, che i sentimenti di autogoverno fossero necessariamente “di sinistra”, l’amico Cabras avrebbe ragione: il 2,6 per cento dei Rossomori non fanno “anomalia”.
Dovranno rassegnarsi, lui e chi pensa e scrive che “il sardismo è morto”: il cosiddetto sardismo diffuso ha preso coscienza che la sardità sparsa a piene mani dalla sinistra era e resta di facciata: solo insieme al Pdl e all’Udc è possibile governare i processi di autogoverno della Sardegna che da “anomali”, come furono durante i governi di centrosinistra (da Cabras a Soru), diventeranno normali.

venerdì 20 febbraio 2009

In due a Strasburgo. Ma ci vuole concordia

Una legge renderà possibile già dalle prossime elezioni europee che la Sardegna elegga due suoi rappresentanti al Parlamento di Strasburgo. È l’impegno che il ministro Calderoni ha preso davanti al presidente della Regione sarda Ugo Cappellacci e ad una delegazione che oltre a me comprendeva molti parlamentari sardi del Pdl.
Va da sé che, dati i tempi assai ristretti, il buon esito della iniziativa del ministro Calderoli e del presidente Cappellacci dipende molto dall’unità d’intenti che i parlamentari sardi sapranno raggiungere nel cammino del disegno di legge governativo nelle due Camere.
Il governo propone al Parlamento di riparare ad una grande ingiustizia nei confronti dei sardi, vittime di quella ideologia meridionalista che, assemblando Mezzogiorno ed Isole, ha sempre guardato con sospetto alla peculiarità e unicità della Sardegna da un lato e della Sicilia dall’altro. L’abbandono di uno stereotipo che ha troppo a lungo ingabbiato la Sardegna (e la Sicilia) è, dunque, il presupposto dell’opera di convincimento nei confronti dei Siciliani che, con l’adozione del provvedimento, perderebbero due rappresentanti a Strasburgo.
Non per spirito polemico, ma per restituire verità alle cose, non posso infine non ricordare che già da anni a questa ingiustizia il Parlamento avrebbe posto rimedio, se alla soluzione allora trovata non si fosse messo di traverso un parlamentare di sinistra, il sardo Gavino Angius. Fu infatti il suo voto a renderla vana.

mercoledì 18 febbraio 2009

Ma che cosa Veltroni voleva far votare ai sardi?

Non è nostro costume (né sicuramente il mio) maramaldeggiare contro uno sconfitto. Nei confronti di Walter Veltroni ho polemizzato quando in Sardegna pretese di insegnare i sardi a essere sardi, e questo blog ne è testimone. Ora che ha lasciato il ponte di comando del Pd, travolto dalle guerre intestine ancor prima che dalla sconfitta in Sardegna, mi sento di augurargli di avere la capacità di contribuire alla trasformazione del Pd in un partito riformista. Ne ha bisogno anche la maggioranza di cui faccio parte.
Ciò detto, non posso non chiedere quale partito mai volesse far votare ai sardi. Qualche mese fa aveva lanciato strali contro i “capibastone” che nel Pd avevano fatto la tana. Alla fine dello scorso anno aveva inviato un commissario in Sardegna a riappiccicare i cocci del suo partito e a imporre ai riottosi la candidatura dell’ex presidente Soru. Oggi, spiegando le ragioni delle sue dimissioni ha parlato di “una sinistra salottiera, giustizialista, pessimista e sostanzialmente conservatrice”.
E allora mi domando: il Pd è diventato parte di questa sinistra dopo le elezioni sarde o è a favore di questa sinistra oggi tanto pesantemente aggettivata che ha chiesto il voto dei sardi?
Il risultato delle elezioni sta a dimostrare che la maggioranza del popolo sardo è molto più saggia di quanto il Pd si illudesse che fosse.

Una sconfitta autoprodotta

Onore delle armi, naturalmente, allo sconfitto. Detto questo, non si può non considerare come l’ex governatore abbia costruito a mani proprie la sua sconfitta. Prima con la machiavellica decisione di mandare a casa il Consiglio regionale, fidando, come i giapponesi a Pearl Harbor, che la sorpresa avrebbe messo in rotta gli avversari. Poi con la presunzione di ergersi a concorrente diretto di Silvio Berlusconi, fingendo che l’avversario da battere fosse il presidente del Consiglio e non Ugo Cappellacci (nella foto). Infine con la supponenza di pensare che i suoi nemici interni (mandati a casa ed espulsi dalle lista) se ne sarebbero stati buoni buoni pur di “non far vincere Berlusconi”.
Malgrado la sua ostentata sardità, l’on. Soru non ha capito che è nel carattere dei sardi perdonare molte cose ma non l’offesa. Incomprensione che, fra l’altro, ci ha probabilmente regalato un così alto tasso di astensionismo.

giovedì 12 febbraio 2009

La lingua sarda censurata nel programma di Soru

Il grande battage elettorale di Soru sulla lingua sarda, si è rilevato alla fine per quel che è: uno specchietto per attirare gli amanti di sa limba, fra i quali io sono. Nelle ultime ore di vita del suo governo ha fatto approvare un Disegno di legge che mai avrebbe potuto arrivare al Consiglio regionale, ormai in via di scioglimento. Si tratta, a proposito delle accuse rivolte a Cappellacci di aver copiato parti del suo programma, di una scopiazzatura della legge sulla lingua approvata in Friuli.
In queste ore, il colpo finale. Il programma pubblicato da Soru in Internet ha censurato persino la parola “lingua sarda”. Sino alla fine di gennaio vi si leggeva: "Una terra è il suo paesaggio, la sua cultura, la sua lingua, la sua storia, la sua musica. Lo sviluppo della Sardegna non può che partire dall’identità...". Oggi si legge: "Una terra è il suo paesaggio, la sua cultura, la sua storia. Lo sviluppo della Sardegna che vogliamo parte da un progetto identitario...". La lingua è stata cancellata.
E anche nel programma che è scaricabile dal suo sito, la questione della lingua è ridotta alla ripetizione di cose già approvate dalla passata giunta nel Piano triennale. Addio all’impegno di una legge di politica linguistica, agitata solo strumentalmente in campagna elettorale.
Trovo in questa maniera di comportarsi un insopportabile e cinico strumentalismo: Soru sa benissimo che la sua sardità avrebbe impattato contro il centralismo degli uomini di Veltroni nell’Isola. Ma ha fatto finta di nulla.
Nella foto: la lingua sarda censurata nel programma di Soru

martedì 10 febbraio 2009

Ma la Costituzione è roba loro?

Fa una certa impressione vedere Walter Veltroni indossare le vesti di Gran Guardiano della Costituzione ed ergere un baluardo completamente inutile, posto che nessuno la minaccia. Di memoria corta, il segretario pro tempore del Pd, tanto corta da aver rimosso le modifiche costituzionali fatte dai governi di centro sinistra nel 2001 a dimostrazione che anche da quelle parti c’è chi considera la Costituzione il prodotto storico di un’epoca e non una verità rivelata.
Con una maggioranza di soli 4 voti, fu approvata la riforma del Titolo V, una riforma raffazzonata che io e molti colleghi tentammo di migliorare trovando di fonte un muro di indicibile arroganza. Ne sortì una legge tanto improvvisata da aver aumentato a dismisura i conflitti fra le Regioni e lo Stato. Quel che gli amici di Veltroni fecero (e malamente) è naturalmente giusto e rispettoso della Costituzione. Ciò che altri pensano di proporre all’intero Parlamento è, solo per il fatto che a farlo non siano i portatori del Verbo, di per sé un attacco alla Carta fondamentale. Siamo alla schizofrenia allo stato puro, madre, per di più, di una annunciata manifestazione di piazza a difesa di qualcosa che nessuno offende e alla vigilia di elezioni importanti come quelle sarde.
Questo arroccarsi del Pd e del suo segretario suona, fra l’altro, come avvertimento intimidatorio nei confronti del centrodestra che, vincendo queste elezioni, porrà mano ad un nuovo Statuto speciale della Sardegna e, quindi, proporrà una modifica della Costituzione. Ma è un’avvertenza anche al centrosinistra sardo, all’interno del quale si avvertono timidi farfuglii in questa direzione.

lunedì 9 febbraio 2009

Psichiatria: ancora un fallimento per Soru

Un gradino ignorato dai più nella lunga scala dei fallimenti della Giunta Soru è quello che riguarda la psichiatria. La forte carica di ideologizzazione impressa a questo settore cruciale della sanità pubblica, attraverso l’acritica e totalizzante adesione alla “scuola triestina” non ha comportato solamente la “deportazione” degli operatori a Trieste per il loro indottrinamento, ma anche e soprattutto danni ai più deboli, i malati.
Il centro di salute mentale è stato trasformato in un centro per pazienti psicotici con abbandono dei pazienti affetti da disturbi mentali non psicotici (disturbi di panico, alimentari, d’ansia, depressivi) con azzeramento della prevenzione.
Il numero dei suicidi si è abnormemente incrementato:
I posti letto nel Servizio psichiatrico di diagnosi e cure, già carenti rispetto al Piano obiettivo dello Stato sono diminuiti, inducendo i malati ad emigrare.
Gli accessi nelle comunità terapeutiche, già carenti rispetto alle necessità, sono diminuiti.
L’utilizzo improprio di personale delle cooperative ha comportato la erogazione di sanzioni amministrative da parte dell’ispettorato del lavoro.
Le scelte puramente ideologiche del governo di centro sinistra hanno già fatto abbastanza guai perché questo ulteriore fallimento di Soru possa pretendere di essere dimenticato e il suo autore premiato

sabato 7 febbraio 2009

Le geniali folgorazioni di Bersani

Con la soddisfazione di chi ha inventato l’acqua calda e si appresta a brevettarla, il ministro ombra di Veltroni ha ieri sostenuto che in Sardegna bisogna salvare i posti di lavoro e le industrie esistenti. Questa geniale intuizione, che gli deriva dalla sua conoscenza della Sardegna (“ho fatto il militare a Macomer”), Bersani l’ha manifestata, nel suo giro di propaganda, a chi, la cosa va confessata, mai ci avrebbe pensato.
Eppure, anche chi come me non ha la sua genialità, la pensa come lui: è necessario fare di tutto per salvare il salvabile dell’industria sarda. Difficile è assecondarlo nel resto del suo ragionamento che è, pressappoco, questo: siccome l’Italia è un paese industriale, dobbiamo continuare a industrializzare la Sardegna. Con tanti saluti al federalismo, all’autonomia della Sardegna nelle scelte del proprio futuro, a un minimo di autocritica dell’ideologia industrialista che la nostra Isola ha pagato a caro prezzo nel passato e continua a pagare nel presente.
È proprio in momenti di crisi come quello che viviamo, che una classe dirigente degna di rispetto (economica, politica, sociale, culturale) deve impegnarsi a progettare un futuro diverso, fondato sull’utilizzo delle risorse che la Sardegna ha. In primo luogo un ambiente unico in Europa e insieme a questo un’agricoltura e una pastorizia che nei secoli non hanno mai cessato di produrre grandi qualità. Soprattutto dovrebbe impegnarsi a non ripetere i gravi errori del passato, fatti soprattutto nell’idea vetero-marxista che con iniezioni di industrializzazioni forzate si potesse omologare e normalizzare lo spirito autonomo dei sardi.

giovedì 5 febbraio 2009

Cos'altro è se non il fallimento di Soru?

Stupisce la sorpresa con cui gran parte del centrosinistra in Sardegna e non solo ha accolto la semplice constatazione di Berlusconi sul fallimento politico e professionale di Renato Soru. Rassomiglia allo sbigottimento di chi si augura che nessuno si accorga delle sue mani ancora appiccicose di miele.
Che cosa sono se non un fallimento i ritardi con cui si sono presentate le leggi finanziarie, la incapacità di mantenere coesa la sua maggioranza e infine la fuga davanti alle responsabilità con le sue dimissioni?
Si possono chiamare altrimenti che un fallimento i frutti della sua corsa alla net-economy che ha lasciato con l’amaro in bocca e le tasche vuote tante brave persone che hanno acquistato azioni precipitate quasi nel nulla? E che altro se non la confessione di un fallimento sono i licenziamenti a Tiscali mascherati per ora da prepensionamento e domani magari da mobilità e licenziamento?
L’ex presidente e ora candidato di Veltroni alla Presidenza avrebbe fatto cosa più saggia suggerendo ai suoi supporter (e a se stesso) di far finta di nulla. Ma la presunzione è sempre pessima consigliera.

Questa dichiarazione sulla stampa

Veltroni, i sondaggi e Sardus Pater

La scorpacciata di sondaggi sulle prossime elezioni sarde è finita. Fra qualche giorno sapremo chi ha dato le previsioni più giuste e, soprattutto, quali saranno i risultati. Ma c’è, fra le anticipazioni, una che più di altre m’intriga: quella fatta da Walter Veltroni, secondo il quale il suo candidato in Sardegna avrebbe superato Ugo Cappellacci di 8 punti.
Se non ricordo male, lo stesso Veltroni pronosticò, grazie agli stessi sondaggisti di oggi, che alle elezioni governative dello scorso anno Pd e Italia dei Valori avrebbero superato di tre punti la coalizione di centrodestra. Perse con uno scarto di 9 punti.
Se tanto mi da tanto, Sardus Pater non mancherà di smentire Walter Veltroni e i suoi sondaggisti. In fondo, Babay da qualche migliaio di anni nutre notevole interesse per il popolo sardo e non dovrebbe essere indifferente alla sue sorti.