venerdì 19 novembre 2010

Quel doppio voto nel Parlamento sardo

Sono felice del voto unanime con cui il Parlamento sardo si è dato lo strumento per la riscrittura dello Statuto. È una contentezza che va al di là del contenuto dell'accordo, una assemblea elettiva incaricata di consegnare un articolato al Consiglio che poi lo approvi. C'è nel provvedimento adottato il riconoscimento che la politica può riassumere il suo altissimo compito di sintesi di convinzioni e interessi culturali fra di loro diversi.
Il fatto che ciò sia avvenuto non intorno alle linee portanti della nuova Carta della Sardegna, ma allo strumento incaricato di riscriverla, dà conto che non siamo ancora vicini ad un comune sentire su quali siano i diritti del popolo sardo ma che, certo, ci stiamo avvicinando. Insomma, dopo decenni di discussioni, mai inutili naturalmente, ma inconcludenti, il nuovo Statuto è più vicino. Ho letto con favore che l'Assemblea elettiva avrà il mandato di elaborare un testo che – del resto come avrebbe potuto essere altrimenti? – parli di sovranità della Sardegna all’interno della Costituzione italiana.
Sono infatti convinto che in seno alla Carta fondamentale della Repubblica, e cioè della sua Legge, sia possibile esercitare il diritto, internazionalmente garantito, all'autodeterminazione del popolo sardo. I sardi, cioè, “hanno sempre il diritto, in piena libertà, di stabilire quando e come desiderano il loro regime politico interno ed esterno, senza ingerenza esterna, e di perseguire come desiderano il loro sviluppo politico, economico, sociale e culturale”, come stabilisce l'Atto finale di Helsinki.
Il popolo sardo ha sì il diritto all'indipendenza, ma anche quello di ricavare per sé il massimo di sovranità senza rompere il patto costituzionale e persino quello di rinunciare alla autonomia vigente a favore di una fusione più stretta con lo Stato italiano.
Ieri, i rappresentanti eletti dal popolo sardo hanno espresso il loro no all'indipendenza che, comunque, rimane con forza sullo sfondo della politica sarda. Il no è stato detto da 28 consiglieri regionali su 80, 10 (il doppio dei consiglieri indipendentisti) hanno detto di sì e 13 si sono astenuti. Il no è chiaro, ma non altrettanto definitivo. È interessante vedere come il voto, salvo che per il centrosinistra compatto per il no, non è stato dato per schieramento. Hanno votato per l'indipendenza, oltre ai cinque sardisti, due consiglieri del Pdl, due dell'Udc e uno dei Riformatori; l'astensione, che è comunque una sospensione di giudizio, è stata data da cinque consiglieri del Pdl, sei Riformatori, uno dell'Udc e uno del Pd.
Si tratta, se si vuol leggere con buona disposizione d'animo questo risultato, di un'interessante indicazione e sia dell'immaginario collettivo della società sarda e sia del clima politico e culturale in cui l'Assemblea sarà chiamata ad operare. 

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