domenica 14 novembre 2010

Quel piagnisteo su Stato patrigno e Regione matrigna

Trovo non pochi punti di accordo nella lettera di Gianfranco Pintore. A partire dal fatto che, davvero, non si possa più ragionare in termini di amicizia o di inimicizia dei rapporti fra gli elementi che costituiscono la Repubblica italiana, i comuni, le province, le regioni, lo Stato, non a caso equiordinati dalla Costituzione. Lo Stato patrigno e la Regione matrigna sono enfasi alquanto piagnucolone e certamente datate. Fra questi elementi deve esserci una leale collaborazione nel rispetto delle competenze e dei poteri di ciascun elemento. Competenze e poteri che devono essere ben individuati, senza la confusione indotta dal Titolo V della Costituzione, come voluto solitariamente dal centro sinistra che se lo ha scritto e approvato.
Per questo, ho presentato un disegno di legge per un Nuovo Statuto in cui le competenze sono estremamente chiare e definite; disegno di legge che è, poi, la proposta del Comitato per lo Statuto in cui Pintore ha avuto un ruolo insieme a Mario Carboni, Francesco Cesare Casula, Antonello Carboni e a tanti altri studiosi e intellettuali. Detto questo, rispetto l'idea, posta in subordine, che l'unità della Repubblica “possa essere una cosa compatibile con la sovranità della Sardegna”, ma non la condivido. Essa, a mio parere, non solo “è” compatibile, ma è allo stesso tempo condizione e fine della sovranità della Sardegna. Ho detto tante volte, anche in questo blog, che per me l'indipendenza – sbocco ovvio della fine dell'unità della Repubblica – non è uno spauracchio né un tabù. È una soluzione inattuale ed è un salto nel buio.
Se la Sardegna, come mi auguro, avrà tutte le competenze di cui ha necessità, tutte tranne le quattro che resterebbero in capo allo Stato federale, che necessità avrebbe di costituire un altro stato all'interno dell'Europa? Mi si dirà che, nell'ambito del diritto internazionale, ne ha diritto, che si tratta di una questione di principio. Che, infine, in uno Stato federale continuerebbero ad esistere entità sviluppate e entità o sottosviluppate o in via di sviluppo e, quindi, straordinari divari fra il Nord e la Sardegna. Ma io sostengo che questi divari sono il frutto della qualità delle classi dirigenti e del loro grado di coesione intorno ad un progetto di sviluppo economico, sociale e culturale. Classi dirigenti che non riescono, soprattutto per mancanza di questa necessaria coesione, a rendere prospera una terra di 1.700.000 abitanti su un territorio che, vedi la Sicilia, ospita tre volte tanto, riuscirebbero ad assicurare prosperità di una repubblica indipendente? Forse fra moti decenni ce la farebbero, ma contando quante macerie materiali ed immateriali?
Credo che anche i più convinti indipendentisti di questo dovrebbero tener conto. E sperimentare la via della costruzione di una Sardegna, sovrana in tutti gli ambiti di propria competenza, e unita all'interno della Repubblica italiana alle altre entità territoriali, le regioni o quel che risulterà dal processo federalista in atto. Tanto più che i diritto internazionale all'autodeterminazione non è prescrittibile.

Una breve risposta anche agli amici che hanno risposto nel post precedente. Il problema non è solo del ceto politico, ma dell'insieme della classe dirigente in cui insieme a quella politica “abitano” quella imprenditoriale, quella sindacale, quella intellettuale. Nessuno deve scaricare su altri responsabilità che sono anche sue. È vero manca in noi una visione complessiva, una visione nazionale. Ci fosse, gran parte della strada sarebbe fatta.

10 commenti:

cossu sergio gabriele ha detto...

Perché non rendi accessibile il tuo blog in maniera che ti si possa rispondere?

cossu sergio gabriele ha detto...

Dobbiamo ancora assorbirci la solita retorica che "senza l'Italia siamo persi, o peggio , moriremo di fame"? Abbia l'onesta di dire che il progetto " Sardegna italiana" è stato tutto un fallimento: qualsiasi analista confermerebbe l'assoluto disastro della nostra esperienza .Voi invece, continuate a perseverare in un dannoso atteggiamento che ha condannato, condanna e, continuerà a condannare la Sardegna,non in un "salto" ma ad un vero destino "buio".La disonestà intellettuale che contraddistingue questa posizione non farà altro che prolungare l'agonia di questa povera terra.

cossu sergio gabriele ha detto...

Non vogliamo più nessun vincolo con l'Italia che non sia sotto forma di cooperazione o trattato così come avviene tra stati che operano in modo amichevole.Non vogliamo una "via di mezzo" ,come lei propone, perché trattasi di camuffamenti giuridici che aprono la strada ad una nuova forma di interferenza costituzionale.

Vediamo con diffidenza le sue proposte vista l'esperienza dello statuto del 1948, laddove statuto, oggi, significa "potenziamento della sovranità italiana sulla Sardegna".

Onorevole, la Sardegna non si fida più!

La Sardegna chiede solo di essere libera!

Liberata da vincoli perversi che le impediscono di esprimere la potenziale creatività.Libera di poter garantire ai propri giovani un futuro certo nella terra dei loro avi, senza che sperimentino umilianti forme di inserimento sociale, come nel lavoro, e ancora peggio l'essere costretti ad emigrare.Liberata dai meccanismi delle istituzioni italiane - comuni, province, regione- funzionali alla sua sudditanza poiché strumenti dei poteri occulti dell'economia e della finanza.NTE!

cossu sergio gabriele ha detto...

Libera di progettare un modello di sviluppo che tenga conto della sua"visione del mondo": di quella visione che un popolo mite e giusto nei suoi "fondamenti socioculturali" è in grado di porre in essere.Un popolo perfettamente consapevole dei suoi limiti da non aspettarsi un indipendenza a cui seguirà un anelamento di successi, ma sicuramente un popolo che, con modestia, saprà trovare la sua giusta dimensione spirituale: fiducia, speranza e la prospettiva di poter continuare ad esistere,saranno le condizioni essenziale per trarre vantaggio dal nuovo ordine che verrà imposto alla Sardegna dagli stessi sardi.

Si,onorevole, perché questo sarà il futuro della Sardegna!La sua personale posizione, frutto di retaggi risorgimentali, sarà smentita dalla tenacia e perseveranza con cui i sardi portano avanti questo sogno.

cossu sergio gabriele ha detto...

Un sogno che talvolta si affievolisce a causa delle"sirene" che si avvicendano promettendo allettanti regalie e promesse, ma che il sardo non ha mai smesso di coltivare.

Regalie e promesse che, tra l'altro, uno stato fallito politicamente oltre che economicamente non è più in grado di concedere e mantenere.

La Sardegna dovrà mantenere vive le sue rivendicazioni anche di fronte ai nuovi segnali di disgregazione che stanno mettendo in discussione l'unità dello stato italiano dagli stessi " italiani", così che l'indipendenza abbia l'avallo della volontà popolare dei sardi, e non sia invece, il risultato di un evento voluto e gestito da altri.

Si, perché per effetto delle sue contraddizioni interne, che lentamente stanno venendo a galla, lo stato italiano, molto presto, si disgregherà.

Siamo prossimi al logico epilogo di una storia iniziata 150 anni fa da degli individui "incoscienti" nel loro idealismo, fino al punto da ignorare la strumentalizzazione che stava dietro il loro progetto insano.

Tuttavia, credo che la Sardegna saprà adottare tutte le precauzioni necessarie perché da tale evento si ricavi il massimo dei vantaggi, relegando, finalmente, questa "triste pagina" della nostra storia ad uso didattico dei posteri.



VIVA LA SARDEGNA INDIPENDE

Unknown ha detto...

Concordo Senatore con buona parte del suo intervento, mai negato che le responsabilità siano anche "in casa". E' chiaro che ogni ambito sociale, politico ed imprenditoriale sia interconnesso in quanto a mancanze.
Non condivido il solito punto sul vedere l'indipendenza "un salto nel buio", capisco che il suo elettorato non sia indipendentista e che lei abbia la sua posizione. Avevo già risposto, penso, su questo in un'altro argomento. Il punto è che vedere "un salto nel buio", nel 2010, qualcosa che non esiste non ha molto senso.
L'indipendenza di un territorio non è un'operazione che si compie dall'oggi al domani: a livello teorico prima che pratico serve un'infrastrutturazione politica, economica e sociale che lo possa determinare: quindi una serie di riforme (istituzionali ed economiche) nel corso del tempo che rendano possibile l'eventualità.
Autonomia e federalismo, elementi che Lei condivide, fanno parte di questo percorso (sebbene ancora oggi una discreta dose di indipendentisti lo neghi o, strumentalmente, non lo ammetta).
E' chiaro che a condizioni correnti non ci potrebbe essere alcuna indipendenza, ma il consenso sociale può maturare solo a seguito di determinate riforme (tra cui quelle della Pubblica istruzione, nell'interazione coi media, ecc) che dovrebbe portare ad una attenuazione del centralismo culturale (prima che istituzionale od economico) nel nostro tessuto sociale.
Un processo che naturamente non potrà eludere delle riforme sotto il profilo economico. L'indipendentismo quindi non è un passaggio di consegne dall'oggi al domani, ma un PROCESSO.
Ed i processi possono anche durare decenni.
Il nuovo indipendentismo che si sta facendo largo tra i giovani (e che come U Erre Enne da qualche tempo abbiamo cercato di divulgare) si basa su un impianto riformista, non su una retorica post-rivoluzionaria quale quella nata dai leaders degli scorsi decenni (in epoca di guerra fredda).
Sarà il Popolo Sardo stesso a valutare, democraticamente, allorquando vi sarà una scuola Sarda ed un economia migliore, sè realizzare una indipendenza totale o se proseguire la collaborazione istituzionale col resto della Repubblica Italiana (in un ambito federale).
Il compito degli indipendentisti di quest'epoca quindi non è quello di "fare l'indipendenza", il ché sarebbe fantasia, ma di ragionare sugli strumenti politici che in futuro potranno condurre in quella direzione.
In primis l'annoso problema della riduzione della frammentazione politica tra partitini Sardi. per questo parliamo di PNS o FNS.
Come U.R.N. Sardinnya siamo ottimisti e non ci consideriamo visionari, e sa perché? Perché quando iniziammo la nostra discreta (ma pubblica) critica all'indipendentismo che conosciamo, pensavamo ci sarebbero voluti non meno di 10 anni per eradicare alcuni costumi ideologici consolidati nel tempo. Le posto una foto che a molti non piace ma che si commenta da sola: http://www.sanatzione.eu/wp-content/archivio_media/uploads/2010/01/IRS-ieri-ed-oggi-URN-Sardinnya1.jpg

I cambiamenti, per quanto graduali ed impercettibili ai più, ci sono. Ed anche nel minor tempo previsto. Diamo modo a questi movimenti di crescere e migliorarsi.

Bomboi Adriano

Daniele Addis ha detto...

Sarà, ma a me sembra che il costante piagnisteo sia quello proveniente dai finti autonomisti sardi, tipo quelli che chiedono costantemente in ginocchio maggiore attenzione verso i problemi della Sardegna e al contempo sostengono che da sola non sarebbe in grado di fare quello che lo Stato italiano non fa.
Cappellacci, in un'impennata di orgoglio, ha addirittura minacciato di dimettersi da commissario straordinario per la SS-Ol... ho sentito fino in Germania le urla strazianti dei ministri romani e dello stesso presidente del consiglio che si struggevano per questa orribile minaccia... o erano delle grassissime risate? Oggi Fitto ha detto che i fondi FAS per la SS-Ol arriveranno... il piccolissimo particolare è che non sa quando.
Si sa da tempo che i governi italiani sono composti da emeriti ciarlatani, quello che fa un po' rabbia sono gli inetti autonomisti (finti) sardi che li coprono e li difendono.

Visto che vi riempite la bocca di parole come autonomismo, cercate almeno di prendere esempio dall'unico autonomista appena decente che avete in Italia, ossia Raffaele Lombardo, che almeno non spara le idiozie sulle eventuali tragedie dell'indipendenza della Sicilia.

Damiano Anedda ha detto...

In fondo in fondo questi talebano/indipendentisti ispirano simpatia: sono così innocui, così romantici e donquichotteschi
quando si inventano dei nemici invisibili. Il sig. Cossu inizia lamentandosi della non accessibilità del blog e poi lo invade con le sue farneticazioni.
Bomboi non perde occasione di autopromuovere i suoi deliri e Addis... be', lui vive come se fosse dentro un film è pensa di essere il nostro Che Guevara.

Cari talebani, non sono luoghi comuni o retorica: la sardegna senza l'Italia è spacciata, questa è la realtà. Ricordiamoci che l'unità nazionale è un processo storico in continua evoluzione, noi sardi dobbiamo fare solo il nostro dovere per esserne protagonisti, per esserne all'altezza, per farci onore.
Se siete dei falliti non c'è ragione di sfogarsi con le vostre utopie hitleriane. rimboccatevi le maniche e responabilizzatevi anziché perdere tempo con questi deliri.
L'unità d'Italia è un fatto IRREVERSIBILE, l'indipendenza un utopia senza senso.
Se agognate di far parte del Magreb anziché dell'occidente trasferitevici. Sono sicuro che tra oscurantisti, fanatici e fannulloni vi troverete a vostro agio.

Daniele Addis ha detto...

Mi mancavano il sig. Anedda ed il vuoto spinto dei suoi vaneggi nazionalistitalioti.

Daniele Addis ha detto...

http://regione.sardegna.it/j/v/491?s=153679&v=2&c=1489&t=1

A proposito di piagnisteo... ecco a cosa ha condotto il rivendicazionismo finto-autonomista della classe politica sarda. Come si vede che il suo girodi colloqui e la "gravissima" minaccia di Cappellacci di dimettersi da commissario straordinario hanno messo addosso una pausa f****ta al governo... e già!