giovedì 8 aprile 2010

Caro Massidda, lei ed io "cossighisti monarchici". Maninchedda dixit

di Gianfranco Pintore

Caro senatore, siamo stati smascherati. Lei come presentatore del ddl sul Nuovo Statuto sardo, io come coautore (insieme a Cesare Casula, Mario Carboni e tanti altri) della proposta che lei ha fatto propria, siamo dei catalanisti conservatori e cossighisti monarchici. Non so bene che cosa significhi, ma deve essere una cosa molto brutta. Ecco come il suo amico Paolo Maninchedda descrive il testo che il Comitato per lo Statuto ha elaborato e che lei ha presentato in Senato: una “traccia culturale, con una patina di catalanismo conservatore spruzzata di cossighismo monarchico che non mi piace”.
Quale Statuto gli piaccia, Maninchedda non lo dice. Sarà perché è nella fase destruens, ma come voglia costruire qualcosa se lo tiene ben stretto. Lancia, in materia di Statuto, anche critiche al suo partito, parlando di “riformina”, su cui non mi pronuncio soprattutto perché non ho le informazioni che deve avere lui. “Il Pdl” scrive sul suo blog “pensa di allungare il brodo per poi portarci in zona cesarini a berci qualsiasi cosa, anche una cosetta magari da celebrare enfaticamente”. Pare, insomma, ben informato.
Non entro in merito, non solo perché non so, ma perché capisco che il mese prossimo ci saranno elezioni e quel che vale prima non è detto valga dopo. Quella sequela di sprezzanti considerazioni su qualcosa che forse non ha neppure letto, e comunque ha letto molto male, ha bisogno di una qualche risposta. Definire “traccia culturale” un testo di 62 articoli è qualcosa di più di una leggerezza: mi pare piuttosto una vetusta maniera di disprezzare culture politiche non condivise, ignorando, fra l'altro, che la proposta tanto disprezzata è figlia anche dell'eccellente elaborazione di Nuovo Statuto fatta dal Partito sardo d'azione negli anni Ottanta, quando il Psd'az non era nell'orizzonte politico di Maninchedda.
C'è poi una singolare sottovalutazione della sovranità che la sua e nostra proposta attribuisce alla Sardegna, singolare, voglio dire, se sentita da chi della sovranità dice di voler fare una propria bandiera. È vero che Maninchedda vuole l'indipendenza della Sardegna, in una singolare confusione di termini, ma neppure la vicinanza delle elezioni nella sua Nuoro può fargli pensare che quell'obiettivo sia a portata di mano. Tanto è vero che, sì, concede che in attesa di quell'alba si possa parlare di Statuto. Anzi di Statuto no, visto che neppure per accenni parla di che cosa vorrebbe metterci dentro, ma di strumento per elaborarlo: la Assemblea costituente.
In politica, i tempi sono decisivi. Personalmente parlo di Costituente per lo Statuto dal 1996, perché lo ritenevo allora uno straordinario strumento di partecipazione del popolo sardo al disegno del suo futuro. Quattordici anni dopo, quando incombono i decreti di attuazione del federalismo fiscale, mi paiono una pericolosa perdita di tempo se non proprio – non vorrei essere maligno – un escamotage buono solo per rinviare una assunzione di responsabilità.
In una cosa, a mio parere, il consigliere sardista ha ragione: una riforma tanto importante qual è la nostra Carta fondamentale non può essere elaborata nel chiuso del Parlamento sardo, ma deve farsi momento di discussione popolare. Qualche anno fa, Maninchedda non la pensava così ed appoggiò l'idea di affidarne la scrittura a una consulta di una quarantina di persone elette dal Consiglio regionale con i meccanismi naturali del “tanti costituenti a me tanti a te” con l'affidamento della maggioranza ai partiti che, ad onor del vero, non brillavano per coraggio sardista. I ripensamenti sono una buona cosa quando vanno nella giusta direzione del coinvolgimento dei cittadini. Ma li si coinvolge intorno a che cosa, se non a una o più proposte?
Per ora, alle viste, c'è una sola proposta. Far finta di nulla o, peggio, esorcizzarla con definizioni criptiche, temo significhi aver la volontà di attendere che siano altri a cucirci addosso uno Statuto. Magari per poi criticarlo e per denunciare la volontà prevaricatrice di chi non attende, per dire come la Sardegna starà nel futuro nel mondo, che si risolva la poco entusiasmante ricerca dello strumento che elabori il Nuovo Statuto. Mi attendo una sua risposta.

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