I giornali raccontano in questi giorni di spiagge invase da liquami dopo che sono saltati i depuratori che le servono. Da Baia Sardinia e Dorgali, da Alghero a Orosei, le segnalazioni di inquinamento si susseguono e danno un quadro magari esageratamente cupo ma certo non tranquillizzante. Ci sono modi diversi per leggere queste notizie; quello allarmista si qualifica da solo e non vale certo la pena di insistervi. Si può, credo, ragionare con più profitto sugli aspetti economici e di costume di quanto è successo e continua a capitare.
I depuratori sono saltati perché insufficienti a trattare gli scarichi prodotti da una mole di persone (residenti e turisti) assolutamente sproporzionata alla capacità di depurare per cui sono stati costruiti. Centri abitati che normalmente hanno una popolazione di mille persone (naturalmente si tratta di una astrazione) possono prevedere di averne dieci volte di più in estate e attrezzarsi con depuratori capaci di trattare i relativi rifiuti; ma se la popolazione diventa cinquanta volte tanto, è chiaro che quelle attrezzature si fanno assolutamente insufficienti. Ed è quanto è successo, almeno a leggere i giornali.
Intanto una considerazione generale: il catastrofismo economico montato da una propaganda politica irresponsabile è stato sconfitto più che dai fatti dalla gente che non vi ha creduto e che mostra una fiducia nel futuro più alta della paura in cui si è cercato di coinvolgerla. La crisi economica c'è, il suo superamento non è facile né rapido, ma le persone tendono a cambiare i propri comportamenti senza mettersi in balia degli uccelli del malaugurio. I giorni di ferie magari si contraggono, si scelgono i Bad and breakfast piuttosto che gli alberghi, i campeggi piuttosto che i resort, ma non si rinuncia a fare un salto in Sardegna.
E qui nascono i problemi. Che sono principalmente quelli della proporzione fra i servizi offerti (compresi quelli della depurazione) e la quantità di persone che si vogliono ospitare. Il cambiamento delle abitudini dei turisti pone questioni serie ai comuni prima che agli operatori turistici. Gli alberghi saranno anche mezzo vuoti (o mezzo pieni, secondo la prospettiva personale), ma le spiagge sono affollate anche da chi è ospite di strutture alternative che, comunque, producono materiale per i depuratori.
Di qui la necessità di una politica del turismo che deve essere complessiva. Non basta richiamare in Sardegna il maggior numero di turisti possibile, sia che a fare questo siano i comuni, gli operatori turistici o la Regione. D'altra parte, una Terra che è abitata normalmente da 1.600.000 abitanti non può prevedere la costruzione di depuratori che solo per 90 giorni servano gli otto milioni e passa di visitatori delle sue coste. Tutti siamo d'accordo che la stagione del turismo debba essere dilatata a molto di più dei tre mesi di affollamento. Tutti dovremmo essere d'accordo sul fatto che questo sia possibile se il turismo diventerà una vera impresa, seria e duratura, fondata sì sulla qualità delle sue coste ma anche sulla straordinaria ricchezza degli altri beni ambientali e sulla unicità del nostro patrimonio storico e culturale.
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