Ieri ho aderito al Comitadu pro sa limba sarda. L’ho fatto di cuore, contento di trovarmi insieme a persone con cui sono in sintonia per scelta politica e ad altre con cui, politicamente parlando, divergo. Quel che apprezzo è che queste persone e altre che si aggiungeranno abbiano deciso di tacere sui contrasti e di gridare la loro passione comune per l’elemento fondante della nostra identità di popolo: la lingua sarda.
Parlo, sia chiaro, della lingua sarda e insieme ad essa del gallurese, del sassarese, del tabarchino già tutelate dalla legge regionale n. 26 e della lingua sarda che, insieme al catalano d’Alghero, è tutelata dalla legge dello Stato 482. La mia adesione, vorrei essere il più chiaro possibile, è ai punti che il Comitadu ha prospettato alla Regione:
1) applicare il Piano Triennale linguistico con le modifiche più opportune per accrescerne l’efficacia di intervento e con il mantenimento degli interventi a favore della cultura assicurati dalla legge 14 sui beni culturali (patrimonio immateriale) e dall’ISRE
2) provvedere al forte coordinamento regionale per tutta la politica linguistica che eviti la caduta in localismi
3) impegnare nel collegato alla finanziaria che si sta per approvare in Consiglio maggiori risorse finanziarie nel sardo nella Pubblica Amministrazione e nella Scuola
4) assumere l’impegno politico di finanziare decorosamente (almeno 4 o 5 milioni di euro) la politica linguistica a partire dal bilancio 2010 di prossima scrittura
5) assumere l’impegno a continuare nella sperimentazione amministrativa di uno standard della lingua sarda, favorire la standardizzazione delle varietà alloglotte e formulare una proposta di grafia ortografica per la difesa di tutti i dialetti della lingua sarda e delle lingue alloglotte
6) assumere l’impegno a riconoscere nello Statuto speciale il sardo come lingua unitaria e, ovviamente, e a tutelare le 4 lingue alloglotte nei territori di riferimento.
Sono convinto già da tempo, e ne ho scritto, che la salvezza della lingua sarda (e insieme ad essa delle altre quattro lingue alloglotte) stia nella sua costituzionalizzazione, nel suo riconoscimento, vale a dire, all’interno del Nuovo statuto speciale che, penso, debba essere uno dei primi argomenti in discussione nel nostro Parlamento regionale. Sulla necessità che si debba trattare di una Carta sarda coraggiosa, tesa a dare alla Sardegna l’autogoverno di cui ha bisogno col solo obbligo a rispettare l’unità della Repubblica, esistono oggi convergenze molto più ampie di quel che normalmente farebbe pensare la battaglia politica in corso. Ed esiste, in più, un formale impegno del governo sardo.
La società sarda che il Nuovo statuto disegnerà non può che essere unita nei suoi fondamenti, a partire da quello linguistico. La legislazione statale e quella regionale individuano “il sardo” come lingua da tutelare. Sta alla nostra intelligenza coniugare la diversità delle parlate, il loro diritto alla tutela, alla normalizzazione e allo sviluppo in tutte le forme, con la necessità di una lingua scritta che serva all’amministrazione e a chiunque ne voglia liberamente farne uso. So che non si tratta di un processo di breve tempo, che ci vorranno aggiustamenti in corso d’opera, ma sono convinto che la lingua standard già in uso nella Regione sia un punto fermo. Perfettibile come tutti i prodotti delle scelte politiche – e uno standard è una scelta politica, pur fondata su basi scientifiche – anche lo standard è soggetto a una sperimentazione di cui si conosce solo la data d’inizio. Nazioni senza stato ben più forti e ricche di tradizioni linguistiche scritte, penso alla Catalogna, continuano ad investire ogni anno importanti risorse finanziarie sulla normalizzazione del catalano.
Ed hanno imparato a loro spese che su una questione del genere sono naturalmente ammessi dibattiti e scontri culturali, ma non può essere concessa l’opera disgregatrice di chi pensa di poter piegare le questioni linguistiche ad esigenze di propaganda elettorale o di agitazione di partito. Con la sua proclamata, e spero praticata fino in fondo, imparzialità partitica, su Comitadu pro sa limba sarda mi ha convinto ed anche per questo ne sono un sostenitore.
3 commenti:
est cosa bella meda poni aintru in is istitutzionis (custa atera borta diaberus?) e in totue sa limba sarda. seu diacordu cun fustei cun cussu chi eis sighiu a proponi. funt a su mancu doxi annus chi si fait. una critica podit essi ca si ponit pagu dinai... ma nudda murighingius po imoi.
boliat narai, poita intzaras no inghitzat, no inghitzaus a iscri', iscriri totu nos sardus, innoi puru, in sardu. aghinò sighit totu at essi çeti fueddus iscritus in paperi ca no balit nudda...
cun amistade
claudio
Custa est una bella proa de traballu comunu sena càrculos e làcanas de partidu.
Apo ispera chi siat de esèmpiu pro àteros òmines polìticos chi rapresentant sa Sardigna inoghe e in Roma.
Gràtzia meda finas a nùmene de su Comitadu, chi semus pesende. Chi siat su cumintzu de cosas mannas pro su sardu.
Antonimaria Pala
Cari Claudio e Antonimaria, purtroppo non ho la competenza necessaria a scrivere un buon sardo, ma del resto non è strettamente necessario essere padrone di una lingua per apprezzarla e volerne la tutela, la promozione e, come io penso, la costituzionalizzazione. Quanto ai soldi, sono perfettamente d’accordo: non si possono fare le nozze con i fichi secchi. Scopo del comitato, mi pare di aver capito, è quello di convincere le classi dirigenti sarde, quella politica ma non solo, della necessità di compiere investimenti importanti per fare della lingua anche un’occasione di crescita economica. Io ne sono convinto, ma bisogna che la convinzione sia diffusa.
E chi siat su cumintzu de cosas mannas po su sardu,
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