venerdì 24 aprile 2009

In Val d'Aosta i maestri aumentano, in Sardegna no. Chi sa perché?

Nella provincia di Nuoro – annuncia un sindacato della scuola – l’anno venturo perderanno il posto 146 insegnanti elementari. Nella Valle d’Aosta – annuncia invece il sindacato autonomo Savt-ècole – ci sarà un incremento di posti di lavoro nelle scuole, da quella dell’infanzia a quella secondaria, una trentina in tutto. Il numero degli abitanti dei due territori è praticamente lo stesso, entrambi sono montuosi, hanno comunicazioni interne non facilissime, sono fatti di piccoli comuni. Anche un altro dato li accomuna: gli abitanti sono bilingui.
La differenza sta nel fatto che il sindacato valdostano è conscio di operare in una società bilingue, quelli sardi (in questo caso si tratta della Gilda, ma gli altri sindacati non sono diversi) no. Il Savt-ècole nell’annunciare che da loro non ci saranno tagli, evoca la salvaguardia dell’insegnamento bilingue, insieme a quella delle scuole di montagna. La Gilda nuorese “il problema delle strade, lo spopolamento, il lavoro”, disagi che sono propri a tutti i territori montani della Penisola. Neppure un barlume di idea che la peculiarità da prospettare per evitare i tagli sia il bilinguismo in atto e che l’insegnamento del e in sardo (assolutamente legale se solo lo si volesse impartire) avrebbe lo stesso effetto ottenuto nella Vallée.
Ma si sa, gridare contro il Governo, è molto più facile che rimboccarsi le maniche e proporre una cosa di assoluto buon senso. Hanno mai presentato la Gilda e gli altri sindacati della scuola un progetto di radicamento dell’occupazione di maestri e professori sulla situazione di bilinguismo? Questo esiste di fatto (e basta fermarsi un momento davanti a una scuola prima e dopo le lezioni), ma, in più, ha un riconoscimento in una legge dello Stato, la 482. Esistono, insomma, le condizioni per attuare quella legge e per rivendicare, quindi, la specialità della situazione sarda, con la conseguenza ovvia di conservare anche posti di lavoro di maestri e professori specializzati nell’insegnamento del sardo.
Il governo continua a ribadire che nessuno perderà il posto, che la riduzione delle cattedre non equivale a riduzione di posti di lavoro. Ed ha allo studio provvedimenti per ridurre al massimo il disagio per i precari, illusi dalla sinistra che la scuola avrebbe continuato ad essere uno sipendificio, indipendentemente dai costi economici e a prescindere dal calo di popolazione scolastica. Se, in Sardegna, certi sindacati si rendessero conto di dove operano, probabilmente sarebbero riusciti a coniugare necessità generali e bisogni locali. Rifarsi ai disagi derivanti dalle strade, dai monti, dai piccoli paesi serve a nulla.

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