martedì 28 aprile 2009

L'immotivato panico per l'aviaria non insegna nulla?

La vicenda dell’influenza aviaria e del “terrorismo mediatico” che l’accompagnò sembra non aver insegnato granché. I mea culpa che la stampa di mezzo mondo recitò per aver seminato panico e allarmismi ingiustificati sembrarono allora sinceri: “Non sarà più commessa una leggerezza del genere”.
E invece già si cominciano a intravedere i primi segnali di spettacolarizzazione della nuova “peste mondiale”, quella influenza suina che già fa evocare la terribile parola: pandemia. Anche le misure precauzionali adottate dalle autorità sanitarie mondiali, invece di spingere alla cautela, inducono alla titolazione a grandi caratteri: “Sale a livello 4 l’allarme” o anche “Febbre suina arrivata in Europa”. E, per indurre al panico chi legge, ecco anche: “In allerta Nuova Zelanda e Australia”. Insomma, riassume un altro titolo: “L’Oms: a un passo dalla pandemia”. La sigla è quella della Organizzazione mondiale della sanità, l’organizzazione globale che vigila sulla nostra salute e una giusta precauzione, che segnala come l’attenzione è grande, si trasforma in invito al panico.
Da medico e da parlamentare avverto quale china pericolosa sta per percorrere il sistema mediatico non solo sardo e europeo. Sono del tutto consapevole di quanto difficile sia per i media (i mediatori, cioè, fra chi vuol sapere e chi sa) sottoporre le notizie a verifica scientifica prima di metterle in una pagina o di diffonderle per radio, televisione, internet. Se ci fosse, però, memoria del mal fatto, tale per esplicite ammissione e autocritica, l’esperienza della influenza aviaria dovrebbe suggerire il massimo dello sforzo.
Allora il procurato panico non solo stressò milioni e milioni di persone ma comportò la distruzione di migliaia di tonnellate di polli e la disoccupazione per un numero enorme di persone. Per evitarlo sarebbe stata sufficiente una informazione corretta e sottoposta al vaglio del rigore scientifico e, spesso, al solo buon senso. Si sapeva, allora come oggi per i suini, che non esisteva alcun pericolo nel consumo delle carni. Eppure su giornali e per televisione le notizie spesso parlarono di individui morti o gravemente infermi “per aver mangiato pollo”.
I media sono ancora in tempo per non diffondere panico e per informare correttamente, raccontando, certo, quel che accade, ma accompagnando sempre le notizie con i giudizi di virologhi e scienziati. Basterebbe, anche, dar maggior rilievo alle rassicurazioni di autorità, come l’Oms, il presidente Obama, i ministri europei della sanità, riflettendo su un dato incontrovertibile: queste autorità non hanno alcun interesse a far abbassare il livello di guardia delle persone a cui si rivolgono.
Per ora, invece, le dichiarazioni di Obama sono contenute in piccoli titoletti sotto grandi titoli allarmistici che suggeriscono: Obama è tenuto a rassicurare il mondo, ma la realtà è decisamente preoccupante.

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