martedì 15 dicembre 2009

Altro che abbassare i toni, c'è chi evoca il Reichstad e il nazismo

L'appello del presidente della Repubblica a tutti i cittadini, “e quando dico tutti intendo tutti gli italiani che credono nella democrazia”, è parola che dovrebbe essere accolta per arrestare la violenza e per radicare la pacifica convivenza. Dovrebbe, ma non lo è. Non lo è da chi continua a pensare a scorciatoie per rovesciare la decisione degli elettori. C'è, in quel campo, chi va diritto allo stomaco degli eversori e c'è chi, invece, mette a disposizione della “causa” la propria capacità di usare le parole con abilità dialettica e richiami più o meno colti.
A questa categoria appartiene l'ex redattore di La Repubblica ed ex direttore di L'Unità Mino Fuccillo che oggi pubblica su La Nuova Sardegna un editoriale di apparente condanna dell'aggressione a Berlusconi. Fuccilo evoca, a proposito del ferimento del premier “un «Piccolo Reichstag», il primo anello della spirale”. A chi non ricorda o non sa che cosa sia stato “il Reichstag”, questa frase dice ben poco. Chi ricorda o sa, proverà, come ho provato io, la sensazione di trovarsi di fronte ad una delle infamie più gravi sentite in queste ore.
L'incendio che il 27 febbraio 1933 distrusse il Parlamento tedesco, il Reichstag appunto, è considerato da tutti gli storici l'evento cruciale per la vittoria del nazismo. Gran parte degli storici pensa che a bruciarlo fu un mezzo matto (poi decapitato) su ordine dei nazisti che invano dettero poi la colpa ai comunisti di Dimitrov. Certo, Fuccillo non si spinge ad affermare esplicitamente che complici dello psicolabile aggressore di Berlusconi sono stati uomini vicini al premier. Ma tartufescamente lo suggerisce alle élites colte del suo schieramento, che sanno dell'incendio del Reichstad e che sono state abbondantemente indottrinate, in quindici anni, sulla volontà di Berlusconi di instaurare un regime autoritario.
Del resto, tutto l'editoriale sulla Nuova da questa sciocchezza parte. Berlusconi “già prima del sangue era convinto e tentato da una «democrazia autoritaria» forgiata nel suo nome. E che ora potrebbe trovare un altro segno di «legittimità», appunto il suo sangue”. C'è solo da sperare – è il succo del vaneggiamento – che il presidente del Consiglio non approfitti dell'aggressione per completare il suo disegno.
Manca, ma temo sia implicita, la chiamata alle armi per rovesciare il tiranno fascista. La libertà di stampa è un bene assoluto in una democrazia come la nostra. Ne sono convintissimo, senza se e senza ma, come oggi si dice. Quel che non capisco è che differenza ci sia, a parte l'eleganza della scrittura, tra articoli siffatti e le migliaia di post che in Facebook vorrebbero “santo subito” l'aggressore di Berlusconi e morto l'aggredito.

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