domenica 20 giugno 2010

Ed ora via con il nuovo Statuto speciale

Quello del presidente della Regione è un buon approccio al rilancio dell'azione del centrodestra sardo dopo la sconfitta. Lo ha avuto, parlando in una lunga intervista con il bravo Filippo Peretti della Nuova Sardegna, che compare oggi sul quotidiano. Così come va nella direzione giusta il suo impegno all'ascolto e al dialogo.
L'amico Cappellacci fa, inoltre, un richiamo forte alla necessità di “ accelerare nella riscrittura dello statuto”. E io sono convinto, non da oggi, che lì sta la grande possibilità del centrodestra e dei suoi alleati sardisti e nazionalitari di riaffermare la leadership nella società sarda offuscata in questa ultima tornata elettorale. Nella riscrittura dello Statuto speciale c'è l'opportunità di disegnare un progetto di Sardegna per il prossimo lungo futuro, terreno di confronto fra le diverse culture che animano il popolo sardo.
In questo lungo periodo di crisi economica e del lavoro, tutti, maggioranza e opposizione, forze sociali e forze imprenditoriali ci siamo piegati sulle emergenze, doverosamente sia chiaro, ma abbiamo perso di vista il fatto che, proprio nei momenti acuti di crisi, classi dirigenti responsabili hanno il dovere di pensare a un modello di sviluppo che renda se non impossibile almeno improbabile il ripetersi ciclico delle crisi. Quello che è strategico nella Penisola, la chimica, secondo i sindacati e la sinistra, è davvero strategico anche in Sardegna? Al di là del fascino degli slogan, chi lo ha detto? Chi garantisce che in una Repubblica unitaria, tutti territori, tutte le regioni debbano uniformarsi a un modello, avere le stesse “strategie”?
Non sarà – come è – che una regione speciale qual è la Sardegna ha il diritto di autodeterminarsi anche in materia di sviluppo economico? C'è come una sindrome di Stoccolma in quella cultura politica, la nostra di liberaldemocratici sardi, che non ha alcuna responsabilità, tutta della sinistra democristiana e comunista, nella imposizione di un fallimentare e costosissimo modello industriale. E si continua, nonostante ciò, ad esserne succube. Se ne può uscire solo elaborando, attraverso un nuovo Statuto speciale, un modello di sviluppo nostro, originale e coordinato con l'Europa, coraggioso e rispettoso del ruolo che una nazione senza stato come la nostra ha in seno alla Repubblica e all'Europa. Senza fughe in avanti, ma coerente con i nostri diritti sanciti dal diritto internazionale.
Molto si è parlato di impianti eolici off shore, si comincia a parlare di ricerche petrolifere nei mari della Sardegna, tutte cose che la coscienza collettiva dei sardi (che hanno evidentemente in idea un modello di sviluppo autonomo) rifiuta. Oggi come oggi non abbiamo strumenti legali, ma solo determinazione, per opporci. E non li avremo fino a quando, come si prevede nel disegno di legge costituzionale che ho presentato in Senato, il mare sardo non sarà mare territoriale della Sardegna. Oggi è sotto la giurisdizione dello Stato, il cui governo ha tutti i diritti costituzionali di agire di conseguenza.
Giustamente, anche se riferito a questioni più generali, il presidente Cappellacci si dice pronto non solo al confronto con il governo, ma anche ad “andare allo scontro”. Da parte mia, se sarà il caso, sarò al suo fianco. Ma credo che sarà poi opportuno passare dallo scontro all'affermazione nello Statuto che sul mare territoriale decidono i sardi. E questo, come si capirà, è solo un esempio, per importante che sia.

1 commento:

Unknown ha detto...

Avanti così. - Bomboi Adriano