Ho raccontato ieri ai giornalisti che cosa è successo in questa tornata elettorale appena conclusa. L'ho fatto con calma ma con assoluta determinazione: è bene che, oltre agli amici che seguono questo blog , tutti i sardi sappiano come nella provincia di Cagliari si è consumato un brutto episodio di arroganza politica. Qualcosa, insomma, che riguarda tutti i sardi, non solo quelli della mia provincia: qui è fallito un tentativo di esproprio del sacro diritto dei cittadini ad essere rappresentati da donne e uomini di uno schieramento, non di una corrente in cerca di visibilità.
Che cosa abbia detto, voi lettori di questo blog, lo sapete: non molto di più di quanto qui abbia scritto. I giornali hanno ben sintetizzato il mio pensiero su quanto è accaduto e su quanto, secondo me, dovrà succedere. Che, per esempio, i dati parlano chiaro: in città, tra il primo e il secondo turno ha perso quasi 43mila voti e che uno, assessore per anni al Comune di Cagliari, non si può permettere di essere tanto clamorosamente bocciato dai suoi amministrati.
A chi, scambiando causa ed effetto, mi rimprovera di aver fatto perdere il centrodestra ho ricordato una cosa che è scritta nei dati elettorali: Salvatore Cicu dovrebbe pensare meglio alle cittadine dove per anni ha esercitato la sua influenza politica, quali Villasimius, Quartucciu, Selargius, Quartu. Qui, al primo turno il Pdl è andato bene, al ballottaggio ha vinto Milia. Tanto più, ed ecco la cosa più clamorosa, che egli ha ripetuto al ballottaggio un antico vizio di arroganza con i possibili alleati. Ha rifiutato di stringere un accordo, assolutamente senza contropartite, con le liste che al primo turno mi hanno appoggiato. Ed ha fatto pagare al Pdl lo scotto della sua arroganza. Nel 2002, a Selargius, il Pdl aveva ottenuto il il 42,4% contro il 32,9% del centrosinistra e il 24,5 del Ccd e di una civica. Non volle apparentarsi con queste liste e il Pdl perse il Comune: 51,9 al centrosinistra, 48,1% al centro destra. Si può, naturalmente, sbagliare. Ma ripetere lo stesso identico errore è diabolico.
Io mi ritengo il vincitore morale di questa competizione: ho costretto tutti, dal centrodestra al centrosinistra, ad andare in mezzo alla gente. Ma c'è una questione più generale e importante del pessimo risultato personale dell'on Cicu: il metodo deve cambiare; non è possibile che i mandarini stiano ancora al comando. Ho sentito parlare di commissariamento. Benissimo. E sono d’accordo, non si può andare avanti in questo modo. Si parla di deferirmi ai probiviri. Spero lo si faccia, così potrò dire come sono andate le cose. Anche se non mi sembra che lo si sia fatto per tante altre situazioni, come quella Gianfranco Miccichè in Sicilia. Quel che è necessario è un cambio di rotta. Per questo per la prossima tornata elettorale, la madre di tutte le battaglie, le amministrative di Cagliari del prossimo anno, chiederò che vengano fatte le primarie in autunno. Oppure che si utilizzi lo strumento introdotto da Berlusconi, quello dei sondaggi seri, mettendo a correre i cavalli migliori.
Io spero vivamente che alle persone degne di esser candidate a sindaco della capitale della Sardegna si permetta di confrontarsi. Se invece si pensa di bruciarli e di ritornare ai mandarini, allora l’ascia di guerra che ho seppellito (io ho votato Farris), ma non buttato, potrà essere recuperata. Non è una minaccia, ma un avvertimento perchè il centrodestra non merita la fine che gli stanno facendo fare. A suo tempo: quando ero coordinatore regionale, dopo una sconfitta elettorale, avevo rassegnato le dimissioni (poi respinte). Ma l’attuale coordinatore Mariano Delogu non ha la stessa sensibilità. È stato uno sbaglio pensare che il clima favorevole al centrodestra (dalla vittoria in Sardegna a quella, data per impossibile, nel Lazio) rappresentasse una garanzia per la sicura vittoria a Cagliari, quale che fosse il candidato. Tanto era data per sicura che molti amici, prima decisi a votare le mie liste, di fronte a tanta sicumera, hanno deciso fra quelle che sono state presentate come “due liste del Pdl” hanno scelto di rafforzare quella certamente vittoriosa. Quanti di questi si sono sentiti ingannati e al ballottaggio si sono astenuti o votato altrimenti?
Il mio è un ragionamento tutto interno al partito che ho contribuito a fondare, di cui sono un dirigente e che rappresento da 16 anni in Parlamento. Ragionamento interno e fatto al solo scopo di rafforzare il radicamento del Pdl in mezzo al popolo sardo che si merita molto di più della prepotenza di un gruppo di mandarini che come le scimmie della giungla di Kipling si ritengono il meglio del meglio perché da tempo se lo ripetono.
A questo discorso, certo severo ma responsabile, hanno risposto non i responsabili primi della batosta che abbiamo ricevuto, ma l'inconsapevole Farris. Forse, oltre ad essere “forte e concreto” è davvero troppo giovane per rendersi conto di evocare paradigma in uso nel defunto Partito comunista dell'Unione sovietica, per il quale i dissidenti erano matti. E quanti ne fece ricoverare nei manicomi della Siberia. Per Farris – leggo sui giornali – io sarei in uno “stato confusionale che ormai assume un carattere patologico, forse anche a causa della calura estiva”. Una perfetta disgnosi sovietica, insomma. Ma c'è di peggio: secondo lui io sarei “l'antipolitica”. Certo che se la politica è quel che intende e pratica lui, difficile non essere contro questa politica che ha portato, per dire, il 75 per cento degli elettori della provincia a non andare al voto. Per fortuna, la politica è altro e spetta a chi ne è convinto lavorare per far ritornare nei cittadini il gusto di interessarsene e di parteciparvi.
Anche sui dati elettorali, l'amico Farris confonde realtà e desideri. “Al primo turno ho conseguito circa 5.500 voti in più della coalizione e la lista che recava il mio nome circa il 4,5 per cento di preferenze”. La seconda parte dell'affermazione è incontestabile. Ma nella prima parte confonde capre e pecore, oltre a dire cose scontate: non esiste possibilità, con la legge elettorale attuale, che un candidato presidente prenda meno voti delle liste. Il fatto è che per Farris ha votato il 46,5% dei 212.864 elettori che hanno dato il loro consenso ai candidati presidenti; per le liste ad esso collegate ha votato il 48,68 dei 192.032 elettori che hanno dato il loro consenso alle liste. Non solo: Giuseppe Farris ha intercettato 5.566 voti, pari al 5,9 per cento dei voti di lista; io ho avuto come persona 3.576 voti, pari al 22,9% dei voti di lista. Persino Graziano Milia ha fatto meglio, ottenendo 8.109 voti personali, pari al 12,7% dei voti di lista. Sono i numeri che rappresentano la realtà, non i desideri e il 46,5% è di due punti inferiore a 48,68 per cento. Comunque lo si voglia vedere.
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