giovedì 24 settembre 2009

Come la non conoscenza del sardo lasciò in galera degli innocenti

Ho presentato ieri al Senato una interrogazione ai ministri della Giustizia e dell'Interno sulla vicenda paradossale di un gruppo di sardi che a Grosseto furono arrestati per traffico d'armi. Il sospetto degli inquirenti nacque da intercettazioni ambientali di discorsi fatti in orunese dagli imputati. Risultò, dopo mesi, che la traduzione dal sardo in italiano delle frasi dette dagli orunesi era quanto meno bizzarra, “farsesca” secondo il quotidiano sardo che ha riportato la notizia della assoluzione chiesta sia dal Pm sia dal Gip di Grosseto.
Ecco il testo dell'interrogazione:

Premesso che:
l'articolo 6 della Costituzione italiana recita "La Repubblica tutela con apposite norme le minoranze linguistiche";
la legge n. 482 del 15 dicembre 1999 contiene le norme in materia di tutela della lingua e della cultura delle minoranze linguistiche, inclusa quella sarda;
secondo quanto riportato da "L'Unione Sarda" del 21 settembre 2009, a seguito di intercettazioni sbagliate, un gruppo di cittadini sardi sarebbe stato ingiustamente arrestato e detenuto in carcere con l'accusa di aver trafficato aemu nelle campagne del grossetano;
l'errore giudiziario si sarebbe verificato a seguito di intercettazioni trascritte in maniera "farsesca" alterando il significato delle parole nella traduzione dal sardo all'italiano;

l'interrogante chiede ai Ministri in indirizzo, ciascuno per quanto di competenza, di sapere:

i criteri in base ai quali vengono stabiliti i requisiti e vengono valutate le competenze linguistiche dei periti in forza ai tribunali e deputati alla traduzione del sardo in italiano, sia in forma scritta che orale;
se vi siano appartenenti alle Forze dell'Ordine con l'incarico specifico di certificare la professionalità e la competenza dei sopraccitati traduttori dal sardo all'italiano;
se e in quali modi ritengano di dover affrontare il problema della traduzione dei dialetti e delle lingue - in particolare di quella sarda - proprio al fine di evitare che possano verificarsi ulteriori errori giudiziari come quello citato in premessa.

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