martedì 1 settembre 2009

Scuola: dai lamenti alle proposte. Per l'insegnamento del sardo

Duecentocinquantamila sarebbero, secondo Mimmo Pantaleo, segretario della Flc-Cgil, le persone iscritte nelle liste ad esaurimento della scuola. Doveva capitare, prima o poi, che venissero alla luce le conseguenze di una sciagurata e demagogica promessa di occupazione illimitata nelle scuole. Nessuna persona con un minimo di buon senso può pensare che la istruzione pubblica si trasformi in fabbrica di stipendi. Né nella Penisola né in Sardegna, naturalmente.
Le cronache raccontano oggi di centinaia e centinaia di precari sardi della scuola in impaziente attesa che al loro nome venga associato un posto di lavoro. Duemila pretendenti per meno di 250 posti disponibili, secondo i conti dei sindacati che naturalmente protestano, senza fare un minimo di autocritica per la parte di responsabilità che in questa situazione hanno. Il dramma di tante persone e di tante famiglie non può lasciare indifferenti ed nell'impegno mio di parlamentare di battermi perché il dramma non succeda. Pur se era largamente prevedibile che la diminuzione delle nascite in tutto l'Occidente europeo avrebbe comportato la contrazione delle cattedre, oggi che ciò avviene dobbiamo assolutamente evitare che a pagare siano i tanti giovani illusi da politiche demagogiche di chi pensava alla scuola come un inesauribile stipendificio.
In Sardegna, non tutto è perduto, se esistesse nei dirigenti scolastici e nei precari la consapevolezza di agire in una regione con la peculiarità di essere sede della seconda lingua della Repubblica, tutelata oltre che dalla Costituzione da una legge dello Stato che riconosce il bilinguismo nell'Isola. Le lamentazioni, serie e inquietanti, circa la inevitabile diminuzione di cattedre, quelle sulla difficoltà di aggredire la dispersione scolastica girano intorno ad un problema che pochi paiono voler affrontare.
In una società bilingue come la nostra, dove insieme al sardo si parla, secondo le zone, il gallurese, il sassarese, il catalano d'Alghero, il tabarchino, il bilinguismo non può e non deve essere affrontato come un problema da risolvere, ma come una opportunità da usare in almeno due direzioni: quella occupativa e quella della lotta alla dispersione. Ne ho scritto in questo blog, l'ultima volta nello scorso maggio. Esistono gli stumenti adatti: c'è il “piano di interventi e di finanziamenti per la realizzazione di progetti nazionali e locali nel campo dello studio delle lingue e delle tradizioni culturali appartenenti ad una minoranza linguistica” che scade il prossimo ottobre e ci sono i 20 milioni di euro della Regione da spendere per assicurare un anno di lavoro ai precari.
Con il primo, i dirigenti scolastici possonono prevedere cattedre per l'insegnamento del sardo e in sardo di tutte le altre materie. Con i soldi regionali nessuno vieta si preveda la loro utilizzazione per fare offerte formative nella stessa direzione e, forse, per fare in modo che la sicurezza di un anno di lavoro si trasformi in qualcosa di più permanente. Ci sono provvidenze di legge (in sintonia con la legge 482) e ci sono i soldi necessari. Qual che temo manchi ancora è la volontà e la decisione di passare dalle lamentazioni alla proposta. Ed è un peccato.

1 commento:

sardus filius ha detto...

Se ci fossero reali provvidenze di legge (in sintonia con la legge 482)sono pronto (ed avrei pure più di una proposta operativa), l'unico ostacolo da abbattere resterebbe proprio quella "sintonia con la legge 482" richiesta, che in questi ultimi 10 anni è stata sempre più sacrificata. Ci sono risvolti politici, caro senatore, risvolti culturali, economico-finanziario ed anche danno erariale causato dall'errata interpretazione e dalla conseguente cattiva applicazione delle norme dettate dalla menzionata Legge.
Sarebbe ora, Senatore, di mettere un pò di ordine nella materia facendo un pò di chiarezza. Non c'è mancanza di volontà, se si fa attenzione, ma totale impreparazione a gestire, coordinare e guidare, l'applicazione corretta delle norme. C'è uno scandalo in atto, che sta montando (seppure con molta circospezione) sull'ultimo concorso bandito dalla Regione per la redazione di un ATLANTE TOPONOMASTICO SARDO che non le dico nulla. Ma non sarebbe il caso di applicarle oltre che di approvarle in parlamento le norme sulle responsabilità nell'amministrazione?
E' la prima volta che intervengo in questo spazio e, me ne scuso, occorre che mi presenti. Oramai non posso più definirmi neppure un "libero ricercatore", se vero è che la Ricerca e lo studio sono terminati; sono "un trovatore" e potrei presentare i testi (in lingua sarda originale) che appartengono al patrimonio Comune dei Sardi (quando avremo chiarito cosa siano un popolo ed una Nazione, potremo persino dire che appartengano al Popolo e alla Nazione Sarda). Concordo sia un peccato lasciar cadere 20 milioni euro per l'incapacità di pochi "assunti". Credo di essere fortemente motivato, interessato a saperne di più e meglio. Quando è prevista la scadenza?
Fortunato il popolo sardo in tema di Minoranze linguistiche storiche, tutti, secondo l'atlante delle lingue in pericolo predisposta dalle Nazioni Unite, ne hanno una o due, nella Sardegna ce ne sono ben 5, ma com'è che nessuno lo ha preso in Considerazione mancante anche la conseguente valutazione sulla suddivisione delle predette provvidenze?
Sull' "affaire lingua e cultura sarda ex L. 482/1999" ci si potrebbe persino dilungare, ma, cosciente della brevità del suo prezioso tempo, la ringrazio cordialmente e le porgo i più sinceri saluti.
Dott. Giulio Pala