giovedì 17 settembre 2009

Di quando in quando, bisognerà dire qualche sì

Per essere chiari, anche io sono decisamente crontrario alla installazione delle ottanta pale eoliche nella splendida marina di Is Arenas e sono d'accordo con le popolazioni della zona che non accettano il progetto di una società con sede a Genova. Non sempre le urgenze dello sviluppo economico, vero o presunto, possono renderle compatibili con una innegabile violenza all'ambiente. Certo, se questo stesso metro di giudizio fosse stato usato negli anni della folle corsa alla industrializzazione petrolchimica, sarebbe stata più credibile anche l'insurrezione di quella sinistra che oggi si batte contro le pale eoliche e allora lanciò accuse di anti-industrialismo ai critici di quel tipo di industrializzazione. Purtroppo, la coerenza e la memoria del passato non è, da quelle parti, merce comune.
Ma, per essere onesti con noi stessi, bisogna anche interrogarci sullo sviluppo dell'energia che vogliamo. Abbiamo detto un no fermo e senza tentennamenti all'energia nucleare in Sardegna, in Gallura è nato e si sviluppa un movimento contrario alla installazione della centrale utile al gasdotto che porterò da noi il metano algerino , in molti contestano la trasformazione del carbone in energia. Insomma, la sub-cultura del “no, non nel mio giardino” è in pieno vigore anche da noi e coinvolge giustamente il nucleare ma anche il suo contrario.
Si vogliono salvare le industrie che divorano enormi e costose quantità di energia elettrica ma non si vuole, lo ripeto giustamente, che a produrre questa energia siano le fonti nucleari. E allora che cosa? Il fotovoltaico, che notoriamente ha bisogno di grandi estensioni di terreno, ma non si vorrebbe che i terreni necessari siano quelli del nostro paese. L'eolico, che funziona solo installando torri alte 100 metri, purché le pale non siano vicine al nostro terreno. Verrà il giorno che sarà economicamente possibile sfruttare le maree e si porrà, temo, un altro problema: va bene sistemare gli impianti, purché non nel mare dove andiamo a fare il bagno.
Conosco piuttosto bene l'esteso impianto eolico nelle vicinanze di Perdas de fogu e non si può certo dire che lo splendido paesaggio dell'altopiano sia deturpato dalla fuga di pale che anzi esercita un certo fascino su chi le osserva. Il fatto è che quanto va bene lì non va bene a Is Arenas. E allora come fare, posto che sarà necessario prendere delle decisioni? Io conosco un solo meccanismo possibile: quello della ricerca del consenso delle comunità che dovranno essere interessate. Un processo lungo e complesso, fatto di proposte e controproposte e mediazioni, ma non ne conosco altri che mettano insieme gli interessi generali della Sardegna e quelli altrettanto legittimi delle popolazioni.
Del resto, per spostare il tiro su questioni ancora più complesse: il federalismo che vogliamo non può sostituire il centralismo statale con il centralismo regionale.

5 commenti:

Danele Addis ha detto...

"Il fotovoltaico, che notoriamente ha bisogno di grandi estensioni di terreno, ma non si vorrebbe che i terreni necessari siano quelli del nostro paese."

E il solare termodinamico fa schifo perché? Per quanto riguarda il problema dei terreni... si parla sempre dell'esproprio di poveracci o di sottrazione di terreni ai comuni, ma un pensierino a riprenderci quelli ora utilizzati dai poligoni militari proprio no, nemmeno per sbaglio?
In quel caso dovrebbero essere salvaguardati gli interessi dei sardi o quelli "superiori" della gloriosa nazione italiana?

piergiorgio massidda ha detto...

Che cosa le fa pensare, signor Addis, che io sarei contrario all'utilizzo dei terreni oggi servitù militari per installarvi impianti fotovoltaici? Sarei da ricovero, non le pare? Non capisco però la ratio della sua polemica, fra l'altra applicata a un ragionamento di tutt'altro genere. Se un'azienda ottenesse di poterli installare lì, ne sarei felice almeno quanto lei. Ma se, dopo la proclamazione dell'indipendenza, il suo governo riuscisse a “riprendersi” quei terreni, non pensa che per costruirci grandi impianti fotovoltaici dovrebbe “sottrarli” ai comuni cui appartengono?
Mi sa tanto che oggi, mi perdoni, il tasso di ideologismo e di velleitarismo sia in crescita. O sbaglio?

Daniele Addis ha detto...

Cosa mi farebbe pensare che Lei sarebbe contrario all'utilizzo dei terreni oggi servitú volontari per installarvi impianti fotovltaici? Assolutamente niente mi farebbe pensare una cosa del genere, infatti non le ho mai imputato tale posizione. La mia non era tanto una polemica, quanto un voler precisare che non farebbe affatto male l'inclusione nel suo discorso anche di quella tematica (ossia i terreni soggetti a servitú militari), giusto per dare, magari, pi´completezza al suo per altro giusto ragionamento.

Mi fa riflettere piú che altro il fatto che Lei, seppur scherzando le mie "fantasie" indipendentiste, pensi ad un'"eventuale ripresa" di quei terreni "solo" dopo la proclamazione dell'indipendenza. Non la facevo mica cosí apertamente rassegnato al fatto che, fintanto che la Sardegna sará parte dell'Italia, non ci sará nessuna speranza di riprenderne possesso. Nel mio intervento infatti non ho affatto accennato all'indipendenza come unica via per reimpossessarcene, ma se lo dice Lei, non mi rimane che crederle.
Il discorso della "sottrazione dei terreni" ai comuni a cui appartengono per impiatarvi solare termodinamico o impianti fotovoltaici... certo, potrebbero opporsi e preferire farseli crivellare dai missili dell'esercito italiano o di altre nazioni, non è affatto un'ipotesi da esclurede.

piergiorgio massidda ha detto...

Caro Addis,
sono felice che lei abbia colto l'ironia presente nella mia risposta. Più seriamente le devo dire che il problema delle servitù e delle basi militati in Sardegna, che vorrei naturalmente diminuite, è questione maledettamente complicata. Del resto, in questi anni, sono diminuite con la restituzione da parte dello Stato di pezzi importanti del suo domanio e questo grazie allo Statuto (insufficiente ma certo non inutile, come si sente spesso dire) e all'azione della Regione e di parlamentari come me.
La Sardegna di oggi è dentro un'alleanza insieme, o se vuole dentro, l'Italia e mi auguro che quella di domani continui comunque a far parte di tale alleanza. In questo ambito sono possibili discussioni e trattative per allegerire servitù e basi, come, lo ripeto, in parte è avvenuto. Con responsabilità e lontananza da impulsi ideologici, dovrà convenire anche lei che sarà molto più facile dichiarare l'indipendenza della Sardegna che far uscire la Sardegna da un sistema di alleanze e di trattati internazionali (che, sia detto per inciso, non ha portato solo negatività, ma anche migliaia di salari e stipendi, oltre che a sicurezza anche per i sardi). Pensi un po' all'indipendente Cuba: di tutto ha fatto contro gli Stati uniti, salvo allontanare dall'isola la base Usa di Guantanamo.

Daniele Addis ha detto...

Il problema è che il contributo dato dalla Sardegna alla nato è sproporzionato rispetto al territorio ed alla popolazione sarda. Io la Saregna la vorrei indipendente, non isolata, quindi la sua permanenza all'interno dell'alleanza per me non si discute. Peró tale contributo dovrebbe essere proporzionato a territorio e popolazione sardi, non italiani.

Per il resto, peste mi colga se voglio anche minimamente un'indipendenza anche lontanamente assimilabile al modello cubano.