È del tutto legittimo che un sindacato abbia il diritto di difendere i propri iscritti e la propria categoria. Ed è persino comprensibile che, in questa difesa, si alzino i toni, si faccia ricorso a iperboli e si enfatizzi “lo scontro”. Ma ci sono categorie e categorie e sinceramente non riesco ad associare quella dei magistrati alla categoria dei lavoratori dell'Alcoa o dei metalmeccanici di Termini Imerese a rischio del posto di lavoro. Non solo perché il dramma della perdita del lavoro non è equiparabile al disagio che qualcuno può trovare nell'essere trasferito da una città all'altra.
La mobilitazione dell'associazione magistrati, che minaccia lo sciopero contro il decreto del ministro Alfano sul trasferimento d'ufficio di pm nelle sedi deserte in cui nessun pm vorrebbe andare, è decisamente sopra le righe. I lettori di questo blog sanno di che si tratta, ma vale la pena ricordarlo. Ci sono nel territorio della Repubblica 59 procure in cui mancano complessivamente 190 pubblici ministeri e i bandi del Consiglio superiore della magistratura vanno costantemente deserti. E c'è una norma di legge ( fatta del centrosinistra, non dal centrodestra) che inibisce ai magistrati di prima nomina di ricoprire le sedi vacanti.
Fossi un irresponsabile, potrei limitarmi a cavalcare la protesta dell'Anm, additando il governo Prodi come responsabile del grande disordine. Ma non lo sono e condivido le preoccupazioni del legislatore: un pubblico ministero di prima nomina non può avere le competenze e le conoscenze necessarie per svolgere uno dei compiti più delicati che una persona ha: quello di decidere sulla vita di un proprio simile. A volte, come dimostrano i casi di cui ho recentemente parlato ed altri ancora più drammatici, queste competenze e conoscenze non le hanno neppure pm più anziani, figurarsi un giovane alla prima uscita.
C'è, in più, una considerazione fondamentale: i magistrati sono tenuti ad applicare la legge, non a modificarle. Come tutti i cittadini, anche essi hanno il diritto di criticare le leggi e di cercare di modificarle. Ma questo compito spetta al Parlamento, non a una categoria, quella tutela dal sindacato dei magistrati che così agendo sembra volersi costituire in casta. Minacciare uno sciopero contro un provvedimento che in quattro anni tende a risolvere una grave questione di libertà e di democrazia sfiora l'atto eversivo. E che la situazione delle 59 procure semi deserte sia davvero grave lo dimostra lo sciopero degli avvocati di Nuoro, in agitazione perché il 67% dei posti in Procura è scoperto. Ma non è il solo caso: a Enna sono scoperti il 100% dei posti, a Crotone l'83%, a Gela l'80%, a Vigevano il 75%, e così via, per un totale, dicevo, di 59 sedi e di 190 posti di pm.
Certo, so benissimo che un conto è essere magistrato a Milano o a Roma e un conto è esserlo a Nuoro, a Locri o a Paola. Ma a noi tutti è stato insegnato che quella di un magistrato assomiglia più ad una missione delicatissima che ad un posto di impiegato o di funzionario o di medico. Questi, secondo le necessità, possono essere spostati, con tutti i disagi che possiamo comprendere, ma anche con l'acquisto di nuove conoscenze, professionalità e umanità. Perché un magistrato no?
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