giovedì 14 gennaio 2010

Storie di bufere, guerre e inciuci

C'è una ragione per cui una discussione interna al Pdl è una “bufera”, una “burrasca” o una “guerra” e una che avviene all'interno del Pd è uno scambio di idee o, al massimo, un contrasto? Parlo, si sarà capito, del modo in cui certi media riferiscono dell'attività politica. Naturalmente la ragione c'è e ha a che vedere non con la cronaca politica, ma con le simpatie di chi, smessa la veste di giornalista, indossa quella dell'uomo di parte. Questo avviene quando un organo di stampa si trasforma o tende a presentarsi come partito mediatico che vuole dettare una linea politica a chi lo legge.
“Inciucio”, parola che in sé contiene il peggio del concetto di compromesso, è usato da questa stampa non per descrivere un compromesso di basso profilo, ma per segnalare disapprovazione del solo fatto che avversari si parlino, anziché armarsi l'uno contro l'altro. Eugenio Scalfari, l'inventore del partito mediatico La Repubblica, da questa definizione della parola: L’inciucio è un accordo tra malandrini per spartirsi un bottino sconveniente. Ed ecco che anche in Sardegna quella scuola sembra trovare discenti: “Cappellacci e Lai si rivedono, sarà inciucio”, ha titolato La Nuova Sardegna.
Provate ad applicare la definizione di Scalfari allo scambio di opinioni fra il leder del Pd in Sardegna e il presidente della Regione: i due malandrini si sono incontrati per spartirsi un bottino sconveniente. Forse no, anzi certamente non è quella definizione ad essere modello per il titolo del quotidiano sardo; forse l'autore dell'articolo, che conosco e apprezzo, pensava ad altro. Sarebbe davvero singolare che si definisse alla maniera scalfariana il dialogo, in un momento in cui da tutti si fa richiamo alla necessità dell'unità di fronte alle sfide che alla Sardegna pone la grave crisi economica e di fronte alla necessità condivisa di riforme.

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