La cultura politica più avvertita si rende conto che il federalismo è, se non l'unica certo la principale fonte di salvezza dell'unità della Repubblica. Se non è una mia illusione sul senso di responsabilità delle classi dirigenti, credo che le schermaglie cui assistiamo di questi tempi rispondono più a necessità dialettiche che a seri convincimenti sul pericolo rappresentato dal federalismo. Del resto, è da prendere come alto avvertimento quel che ha detto a Torino il presidente della Repubblica: “Unità nazionale e coesione sociale non significano centralismo, mortificazione delle autonomie, delle diversità”.
Certo, parafrasando un celebre aforisma, il federalismo non sarà un pranzo di gala. Le enormi potenzialità delle regioni, penso soprattutto alla mia Sardegna, potranno dispiegarsi solo se ne saranno capaci le loro classi dirigenti; non solo quella politica, ma anche e soprattutto quelle sindacali, imprenditoriali, intellettuali. Pensare che le regioni più ricche (non solo, ma anche più virtuose) si rassegnino all'infinito a ripianare i buchi spaventosi delle regioni meno virtuose o decisamente scialacquatrici, significa non capire che saranno queste ingiuste pretese a mettere a rischio l'unità della Repubblica.
Avevo in mente tutto questo, quando ho fatto mia la proposta del Comitato per lo Statuto e l'ho presentata come mio disegno di legge che giace ormai da molti mesi anche in Consiglio regionale. È una proposta coraggiosa, in sintonia con il coraggio che il popolo sardo sa dimostrare a sé e agli altri nei momenti di svolta. Chiede meno Stato e più autogoverno. E così non riesco a condividere le preoccupazioni che il segretario della Cisl ha espresso ieri a Cagliari sul federalismo. Spero solo che sia frutto di una sintesi giornalistica, ma mi riesce incomprensibile leggere che “il federalismo non si potrà fare con Province, Comuni, Comunità montane e Consigli di quartiere. Chi paga per tutto questo? Non significa mortificare la democrazia, ma quando la democrazia è una Babele diventa demagogia, quando è essenziale è più efficace e costa meno.”
La partecipazione, la pluralità dei luoghi di democrazia, al pari del federalismo interno non sono una Babele. E temo la “democrazia essenziale”, la temo come il fuoco. So che, naturalmente, Bonanni aveva in mente ben altro, ma a me la “democrazia essenziale” ricorda troppo da vicino quella iraniana. Che la democrazia costi, che i suoi istituti abbiano bisogno di cure dimagranti, che, per esempio, non è tollerabile che nella Regione siciliana ci siano trentamila addetti alle Asl è sacrosanto. Anche se sarei curioso di sapere quale sarebbe la reazione di Bonanni alla notizia che il governo siciliano ha deciso di portare a tremila quegli addetti, quanti ce ne sono in Lombardia.
Comunque sia, se il federalismo che alcuni hanno in testa è quello di federare sub-centralismi regionali, credo sia onesto avvertire che il risultato sarebbe lo sfascio della Repubblica.
2 commenti:
Il federalismo che sta avanzando non è neanche un miglioramento del decentramento.
Pensato e attuato dal centro romano non è altro che centralismo, colpi di coda del nazionalismo italiano.
L'insistenza sull'abolizione delle Provincie ne è la dimostrazione.
Se abolissimo le Provincie in Sartdegna o le riducessimo a due, riproporremmo il capo di sopra e di sotto, dividendo la Natzione sarda in due e rafforzando il centralismo cagliaricentrico della Regione a immagine e somiglianza del peggior centralismo statale.
Se invece guardassimo a dove il federalismo esiste, ad esempio in Svizzera, dove i Cantoni sono Statualità federate, con competenze vastissime e numero di abitanti a volte minimi, vedremo cosa è il federalismo vero, che è uno solo, il federalismo politico.
Le provincie hanno ragione d'esistere se la Regione cede competenze fiscali ed anche legislative e contemporaneamente dimagrisce di un apparato derivato dagli Assessorati enorme, a volte parassitario e centralista.
A questa cessione deve corrispondere l'acquisto di competenze esclusive legislative e fiscali dallo Stato centrale, divenendo progressivamente una Statualità federata.
Se i costi politici delle Provincie sono ritenuti eccessivi si potrebbero eliminare le elezioni e prevedere un organismo di Governo provinciale formato dai sindaci dei Comuni componenti le Provincie stesse.
Il tutto attraverso un Nuovo Statuto speciale di sovranità che andrebbe continuamente migliorato, proprio come prevista dallo Statuto redatto dallo Comitato per lo Statuto e presentato al Senato dal Senatore Massidda.
Ma il compito principale è del Consiglio regionale che invece evita i suoi doveri di assemblea legislativa del Popolo sardo.
L'area sardista, nazionalista o indipendentista, come preferisce autonominarsi, sembra aver abbandonato la politica di liberazione e costruzione della Statualità sarda perdendosi in questioni di lana caprina, difesa autoreferenziale o peggio indulgendo in un sardismo, nazionalismo o indipendentismo magico, psicologico e messianico, quasi che le conquiste di libertà possano cadere dal cielo come la Manna nella traversata del deserto..
caro onorevole,
non centra nulla sull'argomento da Lei trattato ma la gente vuole sapere cose semplici ed io come tanti vorrei sapere cosa ne pensa sulla interrogazione al comune di cagliari del PD contro FARRIS che pare faccia uso in campagna elettorale di mezzi del comune , una mercedes classe S, io aggiungo che allora può essere vero che ha dichiarato nell'atto di acquisto della sua casa una cifra irrisoria. E' questo il nuovo modo di governare ? Non sono Pd ed ho votato per Lei che è una persona che parla con il cuore anche se sue posizioni non le ho sempre condivise: questa è libertà. Non sarei andato a votare ma visto che Farris arrogantemente dice che io, di centrodestra voterò per lui, andrò a votare MILIA, mi tappo il naso come lei e voterò Milia. Ma a questo si doveva arrivare ...
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