È un fatto estremamente positivo che si cominci a parlare della riforma dello Statuto speciale della Sardegna. Tutti, indipendentemente dalla questione di merito, dobbiamo dare atto al Partito sardo d'azione che questo inizio di dibattito è merito della determinazione con cui i sardisti si sono battuti per portare all'ordine del giorno la loro mozione sull'indipendenza. Avremo modo, nei due mesi e mezzo che ci separano dalla sessione del Parlamento sardo sulla riforma, di parlare di autogoverno, di sovranità, di federalismo e, naturalmente, di indipendenza, concetto che, grazie al Psd'az, non è più un tabù, una cosa innominabile.
Spogliato di opposti ideologismi, il concetto di indipendenza si inscrive in un quadro internazionale che negli ultimi anni ha visto, anche in Europa, nascere nuovi stati indipendenti. Potrebbe assistere, se fiamminghi e valloni non troveranno nuove ragioni per stare insieme in un Belgio unito, al divorzio consensuale delle due nazioni nordiche, costrette a stare insieme dalla ingegneria istituzionale della Francia e dell'Inghilterra. Dico questo perché, pur essendo io contrario alla indipendenza della Sardegna, è bene che di questioni di tanta portata impariamo a discutere serenamente, senza furori ideologici, assiomi enfatici e stereotipi pieni di retorica.
Voglio dire subito e senza infingimenti che l'idea, circolante anche in settori del mio partito, di abolire la specialità della Sardegna e delle altre regioni e nazioni senza stato della Repubblica è del tutto priva di senso. Un cedimento alle seduzioni di un neo centralismo fuori dalla storia. Bene ha fatto il presidente della Regione a ricordare che nessuno ci ha regalato la specialità e che questa è fondata su irrinunciabili ragioni storiche. Non amo, i miei amici lo sanno, le espressioni forti, ma è bene si sappia che se qualcuno volesse abolire la specialità della nazione sarda, ebbene noi ce la riprenderemo.
Si è perso fin troppo tempo in Sardegna, aspettando che maturasse in tutti i settori della società e della politica la consapevolezza che la nostra Isola ha diritti storici, linguistici, culturali, politici garantiti dalle leggi internazionali e da sempre patrimonio della coscienza collettiva. Leggo sui giornali che il centrosinistra, in un suo convegno a Sassari, ha preso a ragionare su questi problemi. È un fatto rimarchevole, anche se in molti non hanno resistito alla tentazione di banalizzare una questione storica con ingredianti di bassa cucina polemica. Si sarebbe persino detto che è “meglio non discutere di riforme col governo di centrodestra”; pure ossessioni.
In Consiglio regionale si discuterà per una settimana della mozione del Psd'az e di altre presentate da altri gruppi. Sullo sfondo c'è, come ha ricordato il capogruppo del Pdl Mario Diana, la proposta di nuovo Statuto fatta propria dal centrodestra. È quella che ho presentato in Senato, facendo mia la proposta del Comitato per lo Statuto. Non so se il Pd farà proprio il disegno di legge, largamente insoddisfacente e arretrato rispetto alle necessità, del mio amico Antonello Cabras. Ma se lo farà, credo che, con saggezza, il Parlamento sardo saprà trovare una giusta sintesi tra le legittime aspirazioni dei sardisti all'indipendenza, un progetto di reale autogoverno dei sardi e le ancora troppo timide aperture della sinistra a un vero Statuto di autonomia.
2 commenti:
Commento di servizio: il suo sito (nel quale è caricato lo Statuto ed il relativo commento) non risulta più raggiungibile. Probabilmente è scaduto il dominio.
Riguardo il contenuto del post mi trova completamente d' accordo, dipendesse da me prenderei hic et nunc la proposta di Statuto del Comitato.
@ donovan
Il sito è in ristrutturazione. Grazie, Donovan
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