“La legge è uguale per tutti” è un principio che definisce la qualità di una democrazia come quella in cui viviamo. In quanto tale è inderogabile per tutti, per cittadini, per i loro rappresentanti e anche per i magistrati. Ad essi, come è noto, spetta far rispettare la legge e applicarla, ma non di farne di nuove, compito che spetta al Parlamento, come sa la grande maggioranza di essi che di conseguenza si comporta. Lo sancisce la legge fondamentale della Repubblica, secondo cui i poteri non solo devono essere distinti ma anche rispettati nella loro autonomia. Se è vero, come è vero, che il potere esecutivo e quello legislativo non devono interferire con il potere giudiziario è altrettanto vero che quest'ultimo non deve interferire con i primi due: ciascuno deve svolgere il proprio ruolo in piena autonomia e nel rispetto delle leggi cui sono tenuti tutti, compresi i magistrati.
Mi perdonerete, cari amici, questa introduzione che sa un po' di pedanteria, ma, putroppo, di questi tempi tale principio va ricordato sempre più spesso. Anche, e soprattutto, all'opposizione che è avvolta in un maniacale desiderio di affidare ad una parte della magistratura un compito che la minoranza non riesce a svolgere: vincere la sua battaglia contro Silvio Berlusconi. Io conosco, e per loro nutro profonda stima, molti magistrati che mai e poi mai eserciterebbero la loro insostituibile funzione rispondendo alle proprie preferenze politiche. Ma quando, in Senato, getto lo sguardo ai settori dell'opposizione, non posso fare a meno di considerare che su quei banchi siedono ex magistrati che hanno lasciato il loro posto immediatamente prima di essere eletti al Parlamento.
La politicizzazione di ambienti della magistratura non è un teorema usato per criticarli o per atteggiarsi a vittime: è una realtà palpabile. E sfido qualsiasi cittadino in buona fede ad aver fiducia sulla imparzialità ed equanimità di un pm che prima chiama a processo il presidente del Consiglio e poco dopo si candida a rappresentare in Parlamento la parte politica contraria al premier.
Se si travolge il giusto equilibrio fra i poteri e si lascia ai giudici di cambiare quel che gli elettori hanno deciso, chi assicura gli attuali oppositori che domani, diventando essi maggioranza, non siano sottoposti agli stessi tentativi che oggi si compiono per far cadere l'attuale primo ministro? In uno stravolgimento dell'equilibrio dei poteri e nell'affidamento ad un “partito dei giudici” di competenze diverse da quelle proprio dell'ordine giudiziari,o c'è non solo un pericolo per la democrazia ma anche l'annuncio di un terrificante Stato etico. Uno Stato che, non si faccia illusioni l'attuale opposizione, domani non avrà alcun occhio di riguardo nei confronti di chi oggi si muove per aprirgli le porte. Il paragone è volutamente iperbolico, ma dà il senso delle cose: il ghigliotinatore Roberspierre finì ghigliotinato.
Riflettevo su questi amari aspetti dell'attacco di alcuni Pm al presidente del Consiglio, quando ho letto del pronunciamento di un magistrato milanese, secondo cui l'assemblea della Fao non rappresenterebbe un “legittimo impedimento” a che Berlusconi si presenti ad una udienza processuale: venga la mattina a Milano e nel pomeriggio potrà essere di nuovo a Roma, ha detto il pm. Dove mai, se non in una democrazia insidiata, un magistrato avrebbe osato dire a un capo di governo come organizzare i suoi impegni e i suoi appuntamenti istituzionali? Quando mai un magistrato può dettare un'agenda a un primo ministro?
Il fatto che questo pronunciamento non avrà conseguenze non ne diminuisce la gravità. Negli ultimi quindici anni la quantità di Pm che hanno appuntato la loro attenzione sul cittadino Berlusconi è abnome così come sproporzionato è lo sforzo per incastrarlo con ogni mezzo, con un accanimento che a nessun criminale conclamato è stato riservato. Né, secondo i rumors più o meno attendibili, i tentativi sono finiti, quasi ci fosse un impegno deciso ad ostacolare la fine naturale della legislatura. La legge è uguale per tutti, certo, e personalmente non condivido nella loro interezza tutti gli sforzi che si fanno per mettere al riparo Berlusconi dall'accanimento presente e futuro. C'è in alcuni di questi sforzi il rischio che scelte molto opportune di giustizia sostanziale per tutti i cittadini (penso al cosiddetto processo breve) prevalga l'idea che si tratti di leggi costruite intorno ad una sola persona invece che a tutte le persone di questa Repubblica.
Ma io credo in tutta sincerità che nessun organo dello Stato, al di fuori del Parlamento, nessun altro corpo che non sia quello elettorale possa mettersi in testa di bocciare un Esecutivo nei tempi e nei modi non previsti dalle leggi. Io mi onoro dell'amicizia di Berlusconi, ma il problema aperto dall'accanimento di una parte della magistratura travalica la persona e coinvolge la stessa tenuta del sistema democratico che, due secoli e mezzo dopo la scrittura di Lo spirito delle leggi, è regolato dalla divisione dei poteri indicata da Montesquieu.
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