Le due notizie sono di per sé banali: l'Italia dei valori sospetta di connivenza i magistrati palermitani che hanno sospeso l'isolamento diurno del mafioso Gaviano (quello che ha rovinato il teorema di Berlusconi fiancheggiatore della mafia); Di Pietro attacca il presidente della Repubblica colpevole di aver messo 'il vento in poppa alla barca dei pirati', quella di Berlusconi. Straordinario e inedito sarebbe stato che l'ossessione dipietrista si fosse presa un momento di pausa per riflettere, che so?, sull'opportunità del gioco al massacro cominciato nel momento stesso in cui Di Pietro si è reso conto che il clima politico stava cambiando.
Nel suo lucido cinismo, si è reso conto che nell'abbassamento dei toni dopo l'aggressione a Berlusconi egli può lucrare voti in quella parte della sinistra radicale che concepisce la battaglia politica come scontro all'arma bianca e che, perciò, mal sopporterebbe una svolta riformista del Pd. Di Pietro è cosciente, va da sé, che il suo becerume rafforza il centrodestra e, in genere, il mondo dei moderati, ma a lui interessa chiamare a raccolta il radicalismo che, secondo stime dei politologi, rappresenterebbe il 25 per cento del corpo elettorale.
Dentro c'è un po' di tutto: da chi plaude al regicidio come mezzo per conquistare il potere a chi pensa di poter utilizzare allo stesso scopo la magistratura politicizzata, da chi pensa alla creazione di un comitato di liberazione nazionale per rovesciare il “governo fascista” a chi sposa le campagne dell'impero mediatico di Repubblica-Espresso e del travaglismo. Il tutto è unito non solo dall'odio contro Berlusconi, ma dal profondo disprezzo nei confronti del popolo bue che vince con i numeri sulla Ragione di cui le élites cospiratrici sono legittime depositarie.
Di fronte al rischio che la battaglia politica rientri nella normalità del reciproco riconoscimento fra le forze della maggioranza e quelle delle opposizioni, ecco la necessità impellente di alzare il tiro. Ecco allora che nel mirino della jacquerie dipietrista entrano i magistrati che fanno il loro dovere senza badare agli interessi potici di alcuni loro colleghi ed ecco, soprattutto, l'uso della categoria “colpo di stato” come spauracchio da agitare per organizzare la “resistenza” che, in vista del pericolo di golpe, non può non essere armata ed organizzata, appunto, in un Comitato di liberazione nazionale.
Nelle parole esagitate di Di Pietro si legge, ad esempio, che “il 2010 costringe già a disseppellire l'ascia di guerra contro il solito manipolo golpista che vuole stravolgere la Costituzione”. Il dipietrista Luigi De Magistris, anch'egli ex magistrato, non è da meno. Sulla rivista MicroMega, portavoce del giustizialismo e dell'odio civile, si leggono questi vaneggiamenti, ripresi in una intera pagina da un quotidiano del gruppo La Repubblica-L'Espresso: “Lo squadrismo dei berluscones alla Cicchitto che rappresentano la frangia più eversiva del golpismo in atto”.
E ancora: “La legittimazione del potere deve essere garantita dall’elezione diretta da parte del popolo del capo: il ritorno del Führerprinzip di novecentesca memoria, che ha legittimato le leadership del «secolo breve» giustificando ogni scelta del potere, anche la più abominevole e arbitraria, in virtù di un mandato popolare plebiscitario usato come alibi”. E infine, in un crescendo di disprezzo dell'elettorato: “L’informazione eterodiretta garantisce al regime di accrescere il consenso e di produrre campagne mediatiche fondanti per la costruzione di coscienze drogate e narcotizzate, utili per esser manipolate a fine politico-populistico”.
Siamo, come si vede, all'appello rivolto alle aristocrazie intellettuali di sinistra a disfarsi dell'incomodo dell'elettorato di massa e ad assumersi il compito di governare direttamente nel nome della Ragione. Forse, a molti di noi, queste sciocchezze possono apparire solo degli imbarazzanti folclorismi della politica, in grado, tutt'al più, di aumentare il numero di parlamentari dipietristi. Temo che così non sia: il fatto che il dipietrismo non possa prevalere non è in grado di evitare alla nostra società il rischio che la violenza lasci la strada dell'esasperazione verbale. Questa filosofia dell'eversione va isolata al più presto, come nel passato è capitato per altri cattivi maestri.
1 commento:
caro Senatore Piergiorgio,ho letto il suo articolo: quello che lei scrive non fà una piega fila dritto,e colpisce in pieno i motivi per cui la nostra cara politica sia caduta cosi in basso.
il dipietrismo come dice lei, vuole accaparrarsi quell'elettorato confuso dal continuo chiachiericcio
che spesso sfoccia nel terrorismo verbale....è certo che se continuiamo cosi si andra a finire...aimè.... per dargli ragione. nel mio piccolo non posso altro, se non augurare ai buoni Maestri di fermare al più presto questo gioco al massacro
Posta un commento