Condivido l'idea dei sindacati che lo status di insularità della Sardegna debba avere rilievo costituzionale. Del resto non potrebbe essere altrimenti, visto che sull'insularità mi batto da quando ho cominciato a fare il parlamentare. L'inserimento dell'insularità nel nuovo Statuto, e quindi nella Costituzione repubblicana, mette infatti i suoi effetti economici al riparo da possibili interventi dell'Unione europea, la cui azione è a volte avvitata su questioni burocratiche e formali che impediscono, come nel caso della fideiussione della Sfirs, una celere risoluzione di problemi sostanziali. Penso, per dire, alla salvezza di aziende in grave crisi.
Attenti, però, a ridurre la specialità della Sardegna a questioni geografiche o di gap di sviluppo, come pare significare un altra richiesta dei sindacati, quella di un nuovo “Piano di Rinascita”, come prevede l'articolo 13 dello Statuto attuale. Se si tratta di un modo di dire, se, voglio dire, si chiede allo Stato che garantisca “alla Regione autonoma, perché le amministri, le risorse necessarie al suo benessere economico, sociale e culturale”, non si può non essere d'accordo. Nella proposta di Nuovo Statuto (che, come ho ricordato nell'incontro fra i parlamentari sardi e il sindacato, ho presentato in Senato), è scritto, infatti: “La Repubblica riconosce le cause storiche, economiche e politiche della disuguaglianza fra la Sardegna e il complesso delle regioni continentali e garantisce alla Regione autonoma, perché le amministri, le risorse necessarie al suo benessere economico, sociale e culturale”.
Ma, se come temo, nella richiesta dei sindacati c'è la conservazione dell'art. 13 dell'attuale Statuto, si va ben oltre il mantenimento di un articolo, si conferma che “lo Stato col concorso della Regione” predisponga un piano economico e sociale. Continua, cioè, ad essere lo Stato a intervenire sull'economia sarda, sia pure con il concorso della Regione, e, in sostanza, a decidere come e dove i finanziamenti devono andare. Non mi pare, francamente, un passo in avanti verso quello statuto di autogoverno di cui la Sardegna ha bisogno.
Garantire le risorse necessarie non può continuare a significare solo trasferimenti di quattrini, ma soprattutto, come prevede la proposta del Comitato per lo Statuto che io ho fatto mia, garantire alla Sardegna la capacità e titolarità della riscossione di imposte, tasse e tributi, una cui parte vada allo Stato per l'adempimento dei suoi compiti nelle materie di propria competenza. Ho diverse volte sottolineato il mio compiacimento per la svolta del sindacato sardo nel definire prioritaria la riscrittura dello Statuto. Ma riscrittura, oggi, non può significare piccoli aggiustamenti o perifrasi di una Carta invecchiata e inefficace anche, se non soprattutto, per l'ispirazione economicista di chi sessanta anni fa considerò la specialità della Sardegna un semplice problema di mancato sviluppo.
1 commento:
Buongiorno, ha ricevuto la mail senatore? - Bomboi Adriano (urn.mediterraneo@gmail.com)
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