Il capogruppo del Pd in Consiglio regionale, Mario Bruno, sa come attirare l'attenzione su di sé: mostrare la sua diversità anche nel momento, drammatico, in cui la sorte dei lavoratori dell'Alcoa è appesa ad una sottile speranza di resipiscenza del colosso americano. Ha avuto la sua brava citazione sulla stampa per una frase infelice e sarà contento. Buon per lui.
Per il resto, Regione, Governo, partiti, sindacati e lavoratori (questi mostrando un encomiabile senso di responsabilità), tutti d'accordo nell'affermare che questi sono momenti di grande unità popolare, politica, sindacale e, perché no?, culturale. Già, culturale. Perché è la cultura che è il luogo di elaborazione di una strategia che coniughi la difesa del lavoro, gli strumenti dell'unità del popolo sardo, un modello di sviluppo che sottragga il più possibile l'economia sarda dalle bizze di una colossale azienda capace di aprire e chiudere fabbriche secondo i propri criteri unilaterali.
Il fronte comune fra le istituzioni, la politica, il sindacato e i lavoratori non consente all'Alcoa di contare su divisioni e di utilizzarle a proprio beneficio. Nei dieci giorni che l'azienda si è presa per valutare le proposte del governo italiano, credo sarà indotta a riflettere sull'appoggio e il plauso che il governo ha ricevuto da tutte le parti in causa e la decisione, quale che sia, non sarà la stessa che avrebbe assunto davanti alla divisione fra istituzioni, forze politiche, sindacati e lavoratori.
Nessuno, credo, si può fare oggi illusioni sul fatto che l'Alcoa receda dai suoi intendimenti di abbandonare l'Europa e i suoi istituti di tutela dei lavoratori a favore del Terzo mondo dove questa tutela o manca o è debole, dove, cioè, trova mano d'opera a basso prezzo e meccanismi di aiuti pubblici sottratti alle leggi dell'Unione europea. Così come non c'è da illudersi che non tenti la carta della discriminazione dei territori interessati: premiare Fusina a discapito di Portovesme, o viceversa. Sta a tutti noi non cedere a eventuali tentazioni.
Ma non mi stancherò di ripetere che, se anche tutti insieme vincessimo questa battaglia per il mantenimento della fabbrica e dei lavoratori impiegati, subito dopo avremo il dovere di elaborare un modello di sviluppo della nostra Terra diverso da quello che questo tipo di industrializzazione ci ha regalato con tutte le sue incertezze, i suoi pericoli di inquinamento, di precarietà di una intera economia.
2 commenti:
Scusi ma a chi li sta facendo questi appelli? Non è Lei che dovrebbe attivarsi in questo senso? Non sono i suoi colleghi di partito che guidano la RAS e che dovrebbero cambiare direzione? Scusi i toni ma trovo veramente irritante che chi ha responsabilità come lei continui a predicare bene riguardo alle cose che andrebbero fatte e al contempo pensa solo a salvare populisticamente il consenso mettendo falle.
F.A.
mettendo pezze alle falle intendevo dire
F.A.
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