mercoledì 14 luglio 2010

La barbarie della giustizia per via mediatica

Quella che ci stanno consegnando da tempo giornali e televisioni è una società percorsa dalla corruzione e dal malaffare in proporzioni che appaiono mai viste. La realtà è diversa, ma così appare perché l'uomo non ha memoria lunga ed ha, invece, una naturale propensione ad accontentarsi di quanto sente e legge nell'immediato. Così, pochi si accorgono che “la politica”, non ostante in gravi casi denunciati e che sarebbe sciocco minimizzare, non è il settore della vita sociale più colpito dagli scandali. La vulgata purificratice dei giustizialisti si fonda, insomma, più sulla spettacolarizzazione del fenomeno che sul fenomeno stesso: un politico indagato non è una persona su cui si compiono indagini, ma un bubbone infetto, indipendentemete dal fatto che magari, chi sa fra quanto tempo, quell'uomo possa risultare innocente.
L'allarme di questi ultimi tempi non nasce dall'accertamento di reati con conseguenti giuste condanne penali ma quasi esclusivamente da campagne mediatiche che alimentano una giacobina voglia di forca piuttosto che un diffuso desiderio di giustizia.
Personalmente, mi rifiuto, come sempre ho fatto, di leggere le intercettazioni che circolano sui media perché solo se fossi pregiudizialmente in mala fede potrei farmi un'opinione su fatti, sulla base di mezze frasi di cui non è nota l'intonazione della voce, il contesto in cui sono state prounciate, il fatto che siano dette seriamente o per scherzo. E questo mi capita sia che riguardino, come è successo, il principe dei giustizialisti, sia che concernano altri.
Un atteggiamento di corretta fiducia nell'operato dei giudici mi suggerisce di attendere che ci sia un loro pronunciamento sul lavoro dei pm e sulla difesa degli indagati. Un giudizio che dovrà essere di assoluzione per gli innocenti e di giusta condanna se colpevoli, quale che sia l'immagine che degli indagati esce fuori dal martellamento mediatico. Purtroppo, questo giudizio verrà chissà quando e, certamente, quando il danno alla reputazione degli individui sarà fatto e sarà irrimediabile, nel caso di proclamata innocenza degli individui già processati e condannati sui media.
Passano gli anni e sarei curioso di sapere che immagine è rimasta nella mente di ciascuno di noi di una persona, come Ottaviano Del Turco, che certo non è mio amico di partito. Qualcuno ricorda se le vagonate di fango che lo hanno coperto, prima, durante e dopo la sua carcerazione erano in qualche modo legittimate da una sentenza? Sembra proprio di no, visto che le accuse cadono una dopo l'altra. Qualcuno ricorda il dramma di Calogero Mannino, sedici anni fa dipinto come una mostruosa piovra, e poi assolto in tutto e per tutto dopo che la sua vita politica era stata distrutta e una grave malattia lo aveva provato nel fisico e nell'animo? Chi ha sbagliato va condannato dopo un equo processo come dettano la Costituzione e il buon senso. Ma guai alla nostra civiltà se i processi diventano show mediatici spesso destinati a finire nel nulla. Il desiderio di sentenze sommarie, alimentato da corruttori delle coscienze quali Di Pietro e la sua congrega, ha guastato la nostra società almeno quanto l'hanno minata il giustizialismo e il giacobinismo. Accomunando un un unico fascio chi fa politica seriemente e con spirito di servizio a chi si comporta diversamente (saranno i giudici a dire se hanno o non hanno commesso reati) non solo delegittimano la politica, ma la rendono sospetta ai cittadini, alimentando il sogno peronista dei Di Pietro.
La loro idea di Stato etico, un abominio totalitario, è in sintonia con l'operato di gruppi ristrettissimi di pubblici ministeri di cui è nota, per lo meno, la incapacità di mantenere il riserbo sulle loro indagini. Così che, i magistrati giudicanti, quelli che dovranno decidere sul futuro di altri cittadini, si troveranno immersi in un clima da caccia alle streghe, apparecchiato da coloro ai quali, usando spregiudicatamente le intercettazioni, della giustizia poco si importa. È una società imbarbarita quella che hanno in mente, in cui all'opposizione, come succede oggi, non si impone il dovere di proporre alternative ma si offre la possibilità di cavalcare l'onda del crescente giustizialismo totalitario. Queste opposizioni pensano che, conquistato per via peronista il potere, sapranno combattere la barbarie da loro creata e restituire civiltà. Neppure ricordano che anche Robespierre fu vittima della furia giacobina da esso creata.

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