giovedì 8 luglio 2010

Province si o no: un po' di serietà, via

Ci sarà pure un modo per affrontare la questione delle province, vecchie e nuove, senza isterie qualunquiste e senza levate di scudi di una opposizione vagolante a secondo delle proprie convenienze? Credo di sì, anche se dispero di trovare nel centrosinistra interlocutori che badino ai problemi e non ai sei su sette orticelli appena riconquistati. E tanto per cominciare, ripropongo qui l'articolo 54 dello Statuto speciale il cui disegno di legge ho presentato in Senato: “Le Province sono enti intermedi eletti in secondo grado, espressione dei sindaci della zona. La legge statutaria ne determina organi, funzioni, operatività e modalità di elezione”.
Nessuna abolizione, dunque, ma loro trasformazione in ente di raccordo fra la Regione e i Comuni, che non gravi sulla spesa pubblica come oggi, che sia espressione dei sindaci, amministratori già in carica, cioè e, soprattutto, frutto di una legge del Parlamento sardo. Io dubito che fra gli oltranzisti della abolizione ad ogni costo siano poi tanti a conoscere quali siano le vecchie e nuove funzioni delle province sarde e siano, quindi in grado, di fare una valutazione serena dei costi e dei benefici di una provincia. E però, bisogna riconoscere che le loro annose campagne politiche e mediatiche hanno alla fine raggiunto, soprattutto in Sardegna, gli obiettivi di deligittimazione popolare.
È andato a votare poco più della metà degli elettori, il 52,4 per cento; tre mesi prima, in Continente andò a votare per le provinciali dal 61 per cento di Imperia a 71% di Caserta. Quale che siano le ragioni della maggiore disaffezione dei sardi, è bene prenderne nota e non nascondere la testa sotto la sabbia.
Sta di fatto che sia di una certa urgenza recuperare alle province la credibilità perduta. Non lo si può fare continuando a far finta di nulla. La proposta che fa parte del Nuovo Statuto speciale, elaborato dal Comitato per lo statuto e da me fatta propria, credo sia un'ottima base di discussione.

PS – Qualcuno potrebbe chiedermi perché, pensando ad una riforma tanto profonda delle province, io mi sia candidato a presiedere quella di Cagliari. Risponderei: proprio per questo, per facilitarne la riforma. Ma c'è, oltre alle ragioni che gli elettori e chi legge questo blog conoscono, di ribellione alla conduzione correntizia del mio partito, un motivo semplice. Finché la legge prevede le province, è bene che queste siano amministrate come si deve, negli interessi dei cittadini.

1 commento:

Fisino ha detto...

penso che il progresso determini anche la necessità di cambiamento nell'organizzazione dello Stato. Una modernizzazione della burocrazia non solo per una maggiore efficienza ma anche per avvicinare il governo del territorio ai cittadini. Dalla nascita della nostra Costituzione ad oggi sono passati molti anni e non si può penasre che risoluzioni del passato restino inalterate nel tempo. Oggi le Provincie non servono più, questo è un fatto inegabile ma serve un Ente che sostituisce quelle funzioni. Da qui la necessità di creare macrocomuni ossia unità di territorio omogenei più piccole delle province ma con lo scopo di avvicinare alla gente servizi e prospettive risolutive dei problemi del territorio. Alla regione il compito di programmare lo sviluppo generale della regione. Accorpare i comuni in aree di macrocomuni significa ridurre le spese e gli sprechi. Un macrocomune al posto delle provincie e tante circoscrizioni che sostituiscano i comuni. Centralità amministrativa e decentramento dei servizi.
Il Pdl pensava all'abolizione delle province prima della battosta di Cagliari ?