Non ostante l’intervento del Governo italiano e l’appassionata difesa che dell’Euroalluminia hanno fatto lavoratori, parlamentari sardi, amministratori e sindacati, la Rusal ha deciso di chiudere. La crisi dell’alluminio in tutto il mondo, quella esistente e l’altra più pesante che si preannuncia per il prossimo futuro, ha trovato del tutto impreparato il passato governo sardo che in questa vicenda non ha giocato il suo ruolo importante.
Naturalmente, io per la mia parte insieme ai parlamentari del Pdl (e mi auguro anche quelli dell’opposizione) faremo di tutto perché il governo Berlusconi si adoperi al massimo per convincere le autorità russe a premere sulla Rusal per una soluzione positiva della questione. E in questo nutro un moderato ottimismo. E, in ogni caso, faremo del nostro meglio perché, se ci sarà, la chiusura dell’Euroalluminia non trasformi in deserto occupazionale il Sulcis.
È un impegno per niente formale il mio e il nostro, ma l’ondata di crisi che investe il settore industriale della Sardegna deve spingere tutta la società sarda, le sue classi dirigenti, la sua cultura a prendere atto che il vecchio modello industrialista, più fondato sull’ideologia che sui meccanismi del mercato, ha fatto il suo tempo. Insistere, come ha fatto nel suo tour elettorale il ministro ombra del Pd, Bersani, su passate scelte sbagliate, significa voler vivere in un mondo virtuale. Il sillogismo di Bersani: l’Italia è un paese industriale, la Sardegna fa parte dell’Italia e quindi l’Isola deve essere reindustrializzata, è formalmente corretto. Ma molto ideologico.
Proprio in un momento di crisi come quello che viviamo, e che nel futuro ancor di più vivremo, deve spingerci a elaborare un modello di sviluppo (un nuovo modello di civiltà, l’ho definito su questo blog) che tenga conto di un paio di fattori decisivi:
Puntare sulle nostre risorse che sono prevalentemente l’ambiente unico al mondo, la capacità di produrre altissime qualità, uno straordinario ed originale patrimonio archeologico, culturale, linguistico;
Uscire dalla logica delle monoculture, prima pastorale, poi petrolchimica. Anche il turismo, che offre immense opportunità di prosperità per i sardi, non deve trasformarsi in una monocultura, nell’illusione che questo decisivo settore possa avere una crescita all’infinito;
Salvaguardare al massimo le industrie esistenti e i posti di lavoro che esse hanno creato, essendo pronti a convertire questi ultimi attraverso una costante e infaticabile opera di istruzione professionale.
1 commento:
Purtroppo le chiacchere e le bugie vi hanno dato la vittoria alle ultime regionali, la gente come al solito se ne accorgerà troppo tardi.VERGOGNA
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