In un suo editoriale su L'Unione sarda di oggi, il professor Beniamino Moro svolge un ragionamento sul futuro dell'autonomia sarda assai difficilmente condivisibile anche da chi, come me, ho dell'amico Moro un'altissima considerazione e stima. Tre sono i cardini del suo articolo.
1.Una corrente del pensiero politico ritiene che le ragioni dell'autonomia speciale “accordata” siano venute meno. Anche la Sardegna non è riuscita a approfittare della specialità per promuovere lo sviluppo economico, ma ha utilizzato le risorse pubbliche “per sostenere le clientele politiche e per acquisire il consenso elettorale”. Moro, per la verità, ritiene “discutibile” questa tesi.
2.Il “federalismo fiscale” è il quadro entro cui, necessariamente, deve muoversi ogni progetto di riforma dello Statuto che non potrà credibilmente prevedere competenze diverse da quelle previste nella legge costituzionale sul “federalismo fiscale”.
3.Piuttosto che “distorcere l'attenzione” con il discutere di specialità e di strumenti (la Costituente) per rafforzarla, è meglio puntare al “vero obiettivo” che è lo sviluppo economico regionale.
Augurandomi di aver riassunto correttamente il pensiero dell'amico Moro, devo dichiarare il mio stupore per il fatto che un così insigne intellettuale sardo possa dar credito, sia pure critico, a ipotesi di revoca della specialità sarda. L'utilizzo delle risorse pubbliche per clientelismo e per cattura del consenso è un male endemico nella vita politica della Repubblica. Tanto che oggi il governo si trova a dover combattere contro un debito pubblico tanto grande da rendere difficile reperire risorse per lo sviluppo. Eppure ai critici della specialità verrebbe mai in mente di proporre la revoca della sovranità dello Stato.
A quelle suggestioni di cancellazione della specialità si arriva per via di una profonda incomprensione delle sue ragioni. La Sardegna, ma lo status è simile per le altre regioni speciali, è peculiare non tanto per motivi economici e geografici (l'insularità) quanto per ragioni culturali, storiche, linguistiche che ne fanno una Nazione distinta da quella italiana, entrambe parte della Repubblica. Questa sua condizione permarrebbe non solo nel caso in cui le classi dirigenti fossero esecrabili, ma anche in quello in cui la Sardegna diventasse prospera, sviluppata e ricchissima.
Lo sviluppo economico della nostra Terra e uno Statuto di reale autogoverno sono strettamente legati e interdipendenti. Più competenze e poteri avrà la Regione più avanzato sarà lo sviluppo della Sardegna e, come dimostra per esempio l'esperienza catalana, più accentuato sarà lo sviluppo maggiori dovranno essere i poteri per rendere più governabile lo sviluppo stesso. Noi sardi, ma non solo noi dentro la Repubblica italiana, paghiamo lo scotto di essere sotto la cappa opprimente di quell'economicismo che pervade anche culture politiche che dovrebbero portarcene fuori. Il più rapidamente possibile.
Ma, dice il professor Moro, tutto deve accadere sotto l'egida della legge sul “federalismo fiscale”. Chi lo ha detto? Forse che la legge 42 ha abrogato la previsione costituzionale secondo cui la Sardegna e le altre regioni speciali “dispongono di forme e condizioni particolari di autonomia, secondo i rispettivi statuti speciali adottati con legge costituzionale”? Il “federalismo fiscale” è solo un primo passo per il federalismo tout court e con un nuovo Statuto speciale, la Sardegna è in grado di accompanare la realizzazione di un progetto che in Sardegna, ma non solo, ha profonde radici politiche e culturali. Io ho fatto mia la proposta del Comitato per lo Statuto e ho depositato da tempo in Senato un ddl a proposito.
Sia la proposta del Comitato sia il mio disegno di legge sono, come tutte le cose umane, discutibili e migliorabili. Ma ci sono, sono documenti che sono in grado di far uscire la discussione dalla nebulosa delle cose evanescenti. Perché non discuterne?
9 commenti:
Letto l'articolo su L'Unione, condivido l'analisi critica del sen. Massidda, lucida, chiara e puntuale.
Quel che più mi ha sorpreso e quasi indignato nella posizione direi realista, forse più realista del Re, di B.Moro, è l'aver messo lo Statuto in subordine rispetto ad una legge dello Stato. In altri termini mi è parsa chiara nella posizione fredda e tecnica di Moro la rinuncia assoluta alla nostra sovranità da conquistare. Spero che i sardi abbiano invece maturato o maturino che dalla rinuncia ai frutti del proprio genio possono derivare solo disastri.
Dovrei aggiungere che vado osservando (vorrei sbagliare) che più o meno gli stessi rinunciatari della nostra sovranità di sardi da costruire, si trovano poi a difendere ad oltranza della Carta Costituzionale (di cui lo Statuto sardo fa parte integrante) in funzione antileghista e antiberlusconiana. Ora a noi sardi dei balletti pro o contro Berlusconi nulla importa.
A me preme però dire che dopo il crollo del muro di Berlino, la nostra Costituzione, che pure ha richiesto il sacrificio dei nostri genitori, è vecchia e va rivista. Se non altro per affrancarla dal germe stalinista che vi alberga confuso tra germi di buona qualità. E non mi si venga a dire della svolta di Salerno, perché non attacca. Piero Atzori
Sono completamente d'accordo, dovrà pur arrivare il giorno in cui si metterà mano alla Costituzione. Questa rigidità istituzionale poteva essere comprensibile in epoca post-bellica per evitare colpi di mano da ambienti autoritari ma oggi non fa altro che reiterare quell'assolutismo decisionale già noto in epoca monarchica e che contribuisce a rallentare le potenzialità non solo economiche ma culturali del territorio. - Bomboi Adriano
La perdita di tempo è stare a dare retta a professori come Beniamino Moro, non nuovo a uscite del genere.
Per quanto riguarda lo statuto, riporto un quesito giá posto, ma che non ha avuto risopsta:
"io spero veramente che le cose si smuovano e che lo statuto venga cambiato il piú presto possibile e poco mi importa che esso sia tale e quale a quello proposto dal comitato o che derivi da una assemblea costituente, peró c'è una cosa che mi lascia perplesso: il centro destra non era d'accordo con la consulta di Soru perché voleva la costituente; ora vorrebbe la costiutente, ma dice che non c'è tempo e quindi appoggia la proposta del comitato.
Perché la consulta non andava bene, mentre il comitato va bene?
Non voglio polemizzare, ma stavo cercando di capire come mai questo discorso sul nuovo statuto si trascina da anni e non arriva mai ad una conclusione."
@ Daniele Addis
Non penso affatto che dialogare con chi si dissente, anche profondamente, sia una perdita di tempo. Non credo, infatti, di perder tempo con lei, anzi penso di valorizzarlo. Quanto alla mia mancata risposta, ha ragione e me ne scuso.
Le menti più illuminate dell'autonomismo sardo capirono fin dalla sua approvazione che lo Statuto del '48 era insufficiente e che bisognava metter mano alla sua revisione. Sono passati 60 anni ed ancora la revisione non c'è stata. Questo per dirle che non si può rimproverare all'attuale maggioranza, con i suoi otto mesi di vita, di non aver fatto ciò che non è stato fatto in 60 anni. Va a suo merito, invece, aver proposto non un generico invito a pensare allo Statuto ma una Carta articolata. Il nostro problema, nostro di sardi, è di stentare a raggiungere una unità di intenti, troppo presi dalla ricerca di quel che ci divide e non di quello che ci unisce.
Veniamo alla questione della Consulta e della Costituente. Come quasi tutto il mio schieramento, anche io sono stato a favore della Assemblea costituente, quando dieci anni fa fu avanzata (http://consiglio.regione.sardegna.it/XIILegislatura/Prop.legge%20naz/proplegn05.asp). La proposta compì importanti passaggi in Parlamento, ma decadde con il secondo governo Berlusconi. In questi dieci anni, molte cose sono cambiate, ed anche la coscienza autonomista è cambiata. È cambiato anche lo scenario istituzionale con l'approvazione del Federalismo fiscale che impone una accellerata alle autonomie regionali e alla revisione dei rispettivi statuti, soprattutto di quelli speciali come il nostro.
Il centrosinistra, in gran parte, alla Costituente si oppose, tentando la strada infelice della istituzione di una Consulta del popolo sardo, espressione magniloquente che in realtà nascondeva l'idea di affidare ad un gruppo di spiriti più o meno illuminati, nominati dal Consiglio regionale, l'incarico di elaborare lo Statuto. Il comitato per lo Statuto sorse spontaneamente da un gruppo di intellettuali di vario orientamento, non fu nominato da nessuno e a nessuno rispondeva: godette dell'appoggio dei gruppi di centrodestra, ma richiese anche quello di altri gruppi che non lo dettero. Anche io lo appoggiai trasformando in ddl la sua proposta. Credo sia trasparente la differenza esistente tra un incarico dato dal Parlamento sardo, finalizzato alla elaborazione di uno Statuto rispondente ai partiti, e la nascita spontanea di un comitato che non rispondeva a partiti ma solo alle convinzioni culturali di chi lo costituiva.
Io trovo convincente questo testo, altri no, ma non hanno finora presentato proposte alternative; se e quando lo faranno, se ne discuterà in tutte le sedi, in primis quella, se vorrà, del Consiglio regionale cui, in definitiva, spetta di approvare una proposta al Parlamento della Repubblica. Potrebbe anche essere direttamente il popolo sardo a presentare una proposta, al termine di una discussione sui documenti esistenti. Può farlo anche la Costituente? Naturalmente. Il problema sta nei tempi: basterebbe che qualche neo-giacobino impugnasse la legge regionale relativa davanti alla Corte costituzionale, perché i tempi si allunghino a dismisura, rendendo forse vana l'attuale legislatura e facendo arrivare impreparata la Sardegna all'appuntamento con il federalismo fiscale.
Voglio dire, caro Addis, che quel che era una buona cosa dieci anni fa, rischia di non esserlo dieci anni dopo.
Il mio rimprovero non va alla maggioranza di centro destra in particolare, ma ai vari governi autonomisti che si sono avvicendati in questi 60 anni e che non sono stati in grado di fare niente in proposito. Tutti incapaci, corrotti, furfanti? Oppure bisogna semplicemente prendere atto l'appartenenza allo stato italiano che fa il bello ed il cattivo tempo ha dimostrato di non funzionare, a prescindere dalla bravura o meno di coloro che si sono avvicendati alla guida della regione. È inutile giustificarsi con i sardi "pocos, locos y malunidos", non attacca piú.
Vorrei chiedere anche come mai la proposta di costituente è caduta con il secondo governo Berlusconi... cosa è successo (a parte l'assurdo logico di dover chiedere il permesso al parlamento italiano per istituire una costituente sarda... e il bello è che lo si dice con la massima naturalezza)?
Sullo statuto ognuno vuole mettere il proprio timbro per poi vantarsi di esserne stato l'unico e vero autore, quindi centro sinistra e centro destra si ostacolano a vicenda facendo gli inteerssi del proprio partito e non dei sardi.
Prima il centro sinistra si è opposto alla costituente eletta direttamente dal popolo e poi il centro destra si è opposto alla consulta eletta dagli eletti dal popolo. Siamo finiti a supportare una proposta di statuto da parte di un comitato che si è auto eletto e che ha lavorato con la supervisione e l'appoggio del centro destra. Il centro sinistra, chissá come mai, si oppone (?). La maggioranza parla, parla e parla, ma non avvia l'iter che dovrebbe portare all'approvazione dello statuto.
I sardi aspettano e non ci capiscono niente. A me questa proposta di nuovo statuto non mi esalta di certo, ma non faró nulla per oppormi alla sua approvazione, come non avrei fatto nulla per oppormi ad una costituente o alla consulta perché ne sarebbe scaturito sicuramente uno statuto migliore di quello di adesso, che quando è nato era giá vecchio.
Intanto tra finanziamenti della Sassari-Olbia che non si sbloccano (Berlusconi l'altro giorno ha rinnovato le vecchie promesse, ma noi continuiamo a credergli ciecamente, vero?) e maggiori entrate che non ci vengono riconosciute le cose vanno sempre peggio e nessuno alza un dito. Ora due consiglieri del PDL stanno facendo lo sciopero della fame per la SS-OL, peró dicono di non aver motivo di dubitare delle promesse di Berlusconi... caspiterina!
Beniamino Moro oggi è tornato a colpire e devo dire che sino alle ultime 4 righe stava andando alla grande, il suo discorso non faceva una grinza (o quasi) e filava liscio e logico. Poi peró chiude in questo modo:
"Il fatto è che la Regione ha soldi che non riesce a spendere (circa 10 miliardi di residui passivi) e, nel contempo, chiede allo Stato (che gliele nega) nuove risorse da spendere e imputa al patto di stabilità interno la responsabilità del blocco della nuova spesa, che per il momento esiste solo sulla carta. "
... e mi fa cascare le braccia perché, detto cosí, al lettore sembra che la regione sia piena di soldi, ma che non li voglia spendere, non che quei soldi sono giá impegnati e quindi non spendibili per altre cose. Peró lascia nel lettore l'idea che i sardi siano incapaci di spendere le loro "enormi" risorse... ma per favore!
Addis, ha mai pensato di ritirarsi in qualche monastero himalayano?
Le gioverebbe e soprattutto la distoglierebbe da queste idee assurde che le ronzano continuamente in testa. Si ricordi la teoria di Francis Fukuyama: la storia è finita. Per noi sardi invece è sempre stata la stessa... glielo ricordo?
Damiano Anedda
Sig. Anedda,
Lei di storia, soprattutto dei sardi, ha ampiamente dimostrato di saperne ben poco. Lo dimostra ad ogni suo intervento privo di argomentazioni.
@ Addis
Brevemente: la proposta di Costituente decadde con la fine della legislatura, come accade per le proposte di legge non approvate. A Costituzione vigente, la proposta di affidare ad una Assemblea costituente la redazione di uno Statuto che il Parlamento avrebbe potuto o approvare o respingere deve essere approvata dal Parlamento. Non è assurdo: è costituzionale. Tant'è che i promotori (fra cui, bisogna dirlo, alcuni consiglieri regionali di sinistra) correttamente inviarono la proposta al Parlamento, le cui commissioni non solo discussero ma, se non ricordo male, trasmisero il parere all'Assemblea.
Questo è quanto bisognava fare ed è stato fatto seguendo la Costituzione. E fino a quando questa sarà la legge fondamentale, dovrà essere rispettata.
Il resto del suo intervento segue le sue convinzioni che tengo in grande rispetto. Ma non pretenda che le condivida: se apparteniamo a culture politiche diverse, ci sarà bene una ragione.
"Non è assurdo: è costituzionale."
Il fatto che sia costituzionale non ne sminuisce certo l'assurditá. È assolutamente logica se la si guarda dal punto di vista del popolo dominante che controlla un popolo dominato... è dal punto di vista di quest'ultimo e dei suoi rappresentanti che la cosa dovrebbe risultare "assurda".
"se apparteniamo a culture politiche diverse, ci sarà bene una ragione."
Ma io lo sa che questa cosa della cultura politica diversa mica l'ho capita piu di tanto? Sembra tanto un modo per non entrare nel merito di questioni scomode. Il mio "substrato culturale" è tutt'altro che indipendentista, dalla lingua alla storia ed alla cultura studiate a scuola.
Mi rifiuto di usare argomenti come la "difesa identitaria" che escludono tutti coloro, me compreso, che di identitario hanno ben poco. Un giamaicano (o portoricano, finlandese, tedesco, filippino etc...) che paga le tasse in Sardegna e che sempre in Sardegna si sta costruendo un futuro è sardo tanto quanto me ed ha tutti i titoli per essere indipendentista ed esigere la libertá di una terra che sente sua.
Nei miei ragionamenti cerco di seguire il piú possibile un filo logico (e non ideologico) che ha come fine e punto di partenza la libertá, il benessere (non automatico, ma potenziale) ed il rispetto del principio di autodeterminazione dei popoli.
Da chi appartiene ad un partito nel cui nome appare la parola "libertà" o "democratico" mi sarei aspettato argomentazioni magari non uguali alle mie, ma almeno altrettanto logiche.
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