martedì 30 marzo 2010

Caro sen. Massidda, gentile Michela Murgia

di Michela Murgia (dal suo sito)

Gentile Senatore Massidda, la ringrazio per la prova di disponibilità al dialogo che ha dato accettando di chiarire ulteriormente le sue posizioni, sia sul nucleare che sul rapporto tra Sardegna e Stato italiano. Le fa onore, e non solo in questa occasione.
Naturalmente capirà che non condivido la sua opinione sul nucleare, che considero strada assolutamente impercorribile non solo in Sardegna, ma in ogni dove. Lo penso per le stesse ragioni per cui gli è contrario il fisico e premio Nobel Carlo Rubbia: il nucleare è basato su una fonte in esaurimento, è tecnicamente superato, è inquinante in maniera insostenibile e oggi ha un rapporto costi-benefici del tutto svantaggioso rispetto ad altre fonti davvero pulite, come il solare. Volendo tacere di decine di altri studiosi con la medesima opinione, il professor Rubbia basta da solo a provare che per essere contrari a quella strada non serve l’ideologia, la scienza è più che sufficiente.
A questo proposito, anche se il PdL pubblicizza il nucleare come cosa sicurissima e moderna, è interessante constatare come quasi tutti i rappresentanti del suo partito favorevoli al nucleare a livello nazionale, siano poi ben contrari a livello locale. Persino Formigoni e Zaia, che pure guidano due regioni fortemente industrializzate, sembrano avere “un’altra idea di sviluppo” per il proprio territorio, esattamente come lei. Sembrerà una domanda sciocca, ma non si farebbe prima a trovare una produzione di energia compatibile con questa idea di sviluppo, piuttosto che continuare a smarcarsi perché la centrale nucleare se la prenda qualcun altro, magari manu militari?
Detto questo, devo anche confessarle che non comprendo la prospettiva per cui un impianto nucleare non sarebbe compatibile con lo sviluppo della Sardegna, mentre lo sarebbe lo stoccaggio delle scorie; è una materia sulla quale mi pare di capire che lei sia pericolosamente possibilista. Spero mi smentisca, perché quale sviluppo potrebbe sposarsi con la presenza sull’isola di un cimitero nucleare? Avranno compreso i suoi elettori che questa sua frase:
"Stiamo attenti a dire un no assoluto allo smaltimento delle scorie nucleari, perché questo potrebbe ritorcersi contro di noi. In Sardegna noi produciamo scorie nucleari, per esempio negli ospedali. Dire no (per legge, ad esempio) allo smaltimento di esse in Sardegna equivarrebbe a dire che altri hanno l'onere di smaltire i nostri rifiuti"
può significare che lei è favorevole a non escludere la Sardegna dall’elenco dei potenziali siti di stoccaggio di rifiuti radioattivi?
Il richiamo alla solidarietà per giustificare una cosa del genere apparirebbe davvero surreale. La Sardegna non ha bisogno di altra energia: ne ha bisogno l’Italia, esattamente come la Sardegna non aveva bisogno di basi nucleari, ma ne aveva bisogno l’Italia; il risultato è sotto gli occhi di tutti: la nostra isola ospita da sola il 60% delle basi italiane. In presenza di questo sbilanciatissimo rapporto di forza, in cui i bisogni che vincono non sono mai quelli dei sardi, sarebbe davvero paradossale venire accusati di egoismo perché non vogliamo prenderci le scorie che non abbiamo prodotto. Questo non vuol dire mandare in Africa i nostri rifiuti, anzi sono sicura che nessun sardo sarebbe contrario a stoccare sull’isola i rifiuti ospedalieri radiottivi provenienti dai nostri ospedali (che sono ben altra cosa dei rifiuti da scissione nucleare); ma da questo senso di autoresponsabilità non sorge l’obbligo – e meno che mai la disponibilità – a fare da discarica alle scorie di scelte energetiche che nemmeno ci riguardano, e che cambierebbero radicalmente il nostro futuro. L’unico modo per non doversi porre il problema delle scorie è investire su fonti energetiche che non producano scorie.
Infine devo dirle che apprezzo sinceramente il suo lavoro verso la ridefinizione dello Statuto, ma sono sicura che sia evidente anche a lei come in una logica autonomista il rapporto con l’Italia ci veda e ci vedrà sempre funzionali ad un interesse che sta altrove. Per questo l’unico statuto che può risolvere questo impasse è quello mirato a diventare costituzione statale, mettendo alla base di qualunque riscrittura la sovranità e il diritto all’autodeterminazione del popolo sardo. Confido che questo divenga obiettivo politico trasversale, fuori dagli steccati di destra e sinistra, e che in un futuro prossimo ci ponga davanti alle nostre scelte semplicemente come sardi.



Gentilissima signora Murgia
sono io a ringraziarla per il tono della sua risposta: dovrebbe essere usuale fra persone che, parzialmente o in toto, sono in disaccordo e purtroppo, invece, non lo è. Le sue e le mie tesi in materia di energia nucleare ci sono reciprocamente chiare e chiara è la distanza fra di esse. Su una cosa, però, siamo d'accordo: le centrali nucleari non hanno posto in Sardegna. Così come, mi pare, siamo d'accordo sul fatto che “nessun sardo sarebbe contrario a stoccare sull’isola i rifiuti ospedalieri radiattivi provenienti dai nostri ospedali”.
Forse non sono stato chiaro nel mio articolo ed è meglio precisare la questione: quando io dico che ho in mente un modello di sviluppo economico alternativo all'esistente e che per questo ritengo inutile l'impianto di una centrale nucleare ho in mente anche un conseguente no allo stoccaggio di scorie, salvo quelle prodotte in Sardegna che sono egualmente inquinanti.
Possiamo continuare a dissentire, ma sulla base della conoscenza delle reciproche posizioni. La mia è quella espressa anche qui, senza retropensieri, tatticismi o altro. È vero che il professor Rubbia dice ciò che lei riporta, ma tenga conto che molti altri scienziati dissentono radicalmente da lui e non credo utile alla discussione citare solo coloro i quali sono d'accordo con noi. Quanto alla enegia solare, credo che lei sappia bene come essa sia oggi a relativamente buon mercato solo perché gode di imponenti finanziamenti degli stati, altrimenti non lo sarebbe. I finanziamenti sono finalizzati a dare impulso alla ricerca e al know out, di modo che in un futuro non proprio prossimo questa fonte di energia sia conveniente e utile al raggiungimento dell'obiettivo della produzione di un 20% di energia rinnovabile. Oggi non è sicuramente un'alternativa.
Mi interessa decisamente di più il suo discorso sullo Statuto sardo. A lei uno Statuto di autonomia non basta e lo capisco: mi pare di vedere che per lei la sovranità e il diritto all'autodeterminazione del popolo sardo coincidono con la costituzione dello Stato sardo. Per me, come si può capire dalla proposta di Statuto speciale del Comitato per lo Statuto che ho fatto mia e trasformata in Disegno di legge, sovranità e autodeterminazione non coincidono con la creazione di un nuovo stato, entrambe si possono raggiungere ed esercitare all'interno della Repubblica italiana e dell'Unione europea.
Ci consente di farlo il diritto internazionale e, particolarmente, l'Atto finale di Helsinki e la Carta di Parigi: “In virtù del principio dell'eguaglianza dei diritti e dell'autodeterminazione dei popoli, tutti i popoli hanno sempre il diritto, in piena libertà, di stabilire quando e come desiderano il loro regime politico interno ed esterno, senza ingerenza esterna, e di perseguire come desiderano il loro sviluppo politico, economico, sociale e culturale”. L'esercizio di questo diritto non ha bisogno di contemplare la creazione di un nuovo stato, cosa che, del resto, lo stesso Atto finale esclude.
A me sembra che questo sia l'optimum per il popolo sardo, raggiungibile pur da dentro la Repubblica italiana. Non sarà né facile né senza opposizioni. Il dramma è che le opposizioni cominciano dentro la Sardegna, da parte di chi scioccamente ritiene “separatista” uno Statuto che non incide sull'unità della Repubblica e da parte di chi, invece, lo ritiene poco avanzato. Una cosa massimamente temo: che la rincorsa al meglio renda impossibile il bene
.

3 commenti:

Anonimo ha detto...

Salve Onorevole, una piccola obiezione sulla sue parole circa l'energia solare.
Lei dice che questa, oggi, non costituisce un'alternativa alle altre forme di energia perchè troppo cara, nonostante i finanziamenti che ne favorirebbero il "buon mercato". Intanto mi pare vi siano fonti non rinnovabili che godono di finanziamenti ben più cospicui. Il gas, ad esempio: la Regione contribuisce con soldi pubblici alla costruzione del gasdotto più profondo mai realizzato; in più, anche qui con soldi pubblici, si realizzano le reti del gas nei vari comuni. Le faccio l'esempio di Dorgali, comune capofila di una unione che comprende Orosei, Galtellì, Irgoli, Loculi, Onifai, dove con un progetto da 17 milioni di euro si vuol portare il gas in ogni casa.
Mi sembra che, quanto a contributi pubblici, sia un pò azzardato paragonare tali spese con le agevolazioni (che ad essere sinceri non è che agevolino granchè) per fotovoltaico e simili.
Vogliamo poi parlare dei costi? E' ben noto quanto il gas sia a buon mercato, come il petrolio. Una puntata di Report mostra chiaramente cosa significa la schiavitù energetica: il prezzo dipende da come si svegliano i russi o gli algerini e dalle tasse, e così succede che le bollette si gonfiano a dismisura. E, se non vogliamo essere ingenui, è quanto ci capiterà se e quando la
Sardegna sarà attraversata dal gasdotto (che non ci serve perchè gia ora produciamo più energia di quanta se ne usa) e dalle reti cittadine.
Insomma, si può dire che il solare ha un "relativo buon mercato" perchè finanziato con soldi pubblici? Ed alla fin dei conti, il solare è davvero più caro di altre fonti?
Lo sviluppo della Sardegna non può non basarsi sull'indipendenza energetica, le fonti rinnovabili non ci mancano.
Non sono esperto del settore e non voglio ridurre il tutto ad un semplicistico 2+2, ma son convinto che se il solare venisse adeguatamente finanziato (che ne so, quei 17 milioni spesi per servire lo stesso numero di abitanti con l'energia prodotta da una centrale basata sul solare termodinamico, proprio di Rubbia) attraverso scelte politiche coraggiose e lungimiranti, sarebbe difficile trovare delle alternative altrettanto valide.

Cordiali saluti,
Piero Fancello

piergiorgio massidda ha detto...

Caro Fancello,
io rispondevo a considerazioni fatte dalla scrittrice Michela Murgia sull'energia solare. Se legge bene, non dico che il solare è più caro, ma solo che è relativamente a buon mercato solo perché gode di finanziamenti pubblici, senza dei quali avrebbe costi esorbitanti. Bisogna, naturalmente, continuare a finanziarlo in attesa che la ricerca e nuove scoperte lo rendano competitivo: oggi, però, non lo è, senza i finanziamenti.
Quanto al gas, a lei pare poca cosa il fatto che le case dei sardi usufruiscano di possibilità (riscaldamento, usi alimentari, usi artigianali, etc)? A me no, anche se non mi nego i rischi che lei dice potrebbero essere. La Sardegna produce energia più di quanto ne consumi, è vero. Ma a che costi? E, in più, mi perdoni, io non capisco perché una fonte debba escludere un'altra.

Anonimo ha detto...

Gentile Onorevole,
è proprio perchè si parlava di energia solare che mi son permesso di intervenire; volevo solo aggiungere ulteriori, semplici considerazioni alla interessante discussione.
E penso anche di aver letto bene ciò che lei ha scritto, tanto che il mio voleva essere un tentativo di dimostrare come anche il gas ha un "relativo buon mercato" perchè lo si finanzia, ed anche copiosamente. Cioè per scelte politiche, che sono opinabili e che personalmente non condivido. Auspicavo incentivi simili per una rinnovabile come il solare, tutto qua, e sia chiaro che non ne faccio un discorso destra/sinistra, logica in cui peraltro non mi ritrovo, il mio è un discorso in generale.
Quanto all'esclusione di una fonte a vantaggio di un'altra, a me sembra abbastanza semplice, anche in maniera disarmante: sole ne abbiamo quanto ne vogliamo, gas no; se voglio crescere ed essere capaci di reggermi sulle mie gambe, non vado ad appoggiarmi a chi poi potrà decidere il mio equilibrio, perchè metterei il mio futuro nelle sue mani. Ecco perchè escluderei il gas, non per partito preso, ma solo perchè sono gia in grado di risolvere i miei problemi autonomamente.
Saluti,
Piero Fancello