Quando qualcuno invoca l'intervento dei militari in questioni prettamente politiche dimostra come i propri riferimenti culturali siano gentaglia come Pinochet, Videla, i colonnelli greci. Se poi l'intervento delle forze armate viene invocato per rovesciare un decreto del governo (secondo me giusto, ma il discorso non cambierebbe se fosse sbagliato), firmato dal garante della Costituzione, diventa chiaro che il colpo di stato è nell'orizzonte politico di quel qualcuno. Antonio Di Pietro, lo avete capito.
Ormai, però, il capo dei giustizialisti è diventata una macchietta della politica, pericoloso ed eversore, ma pur sempre una caricatura dell'uomo politico. Quel che sconcerta è la reazione del Pd, il secondo partito dello Stato. Una reazione che, al di là del richiamo al rispetto delle norme, pare piuttosto quella, rabbiosa, di chi si vede sfuggire una vittoria quasi sicura per assenza di avversari sul campo di gioco. E mica una vittoria da poco: nella capitale della Repubblica e nella regione più ricca.
Chi ha seguito la vicenda della presentazione delle due liste, a Milano e a Roma, sa che la decisione del governo di varare un decreto interpretativo non è stata semplice né avventata, vista la costante consultazione con il presidente della Repubblica che ha firmato dopo che, con tutta evidenza, il governo ha accolto i suoi rilievi. C'erano in ballo due questioni di enorme portata: la prima è il rispetto delle regole, la seconda il diritto dei cittadini non solo a votare ma anche a poter scegliere. Entrambi principi di rilievo costituzionale, entrati in conflitto per ragioni sulle quali nessuno può con leggerezza esprimere certezze. Dilettantismo? Parzialità degli uffici? Pressioni fisiche?
Un giorno sapremo che cosa davvero è successo e allora avremo gli strumenti per giudicare e, se il caso, intervenire, anche con leggi che nel futuro evitino pagine simili, sintomo di debolezza degli strumenti e/o degli organi della democrazia italiana. Nell'immediato era necessario ripristinare la democrazia che consiste, direi soprattutto, nel permettere ai cittadini di scegliere programmi e donne e uomini chiamati ad attuarli. Io non so se, come dicono gli amici della Lombardia, la corte d'appello di Milano abbia usato due pesi e due misure davanti alle lista del Pdl e a quelle del Pd. Formigoni afferma che le prove ci sono e sono palesi. Anche questo sarà verificato, visto che esistono per fortuna giudici terzi. Ma il solo fatto che il comportamento della corte di appello abbia dato adito al sospetto di parzialità avrebbe dovuto indurre il Pd a prudenza e, soprattutto, al rispetto della decisione del presidente della Repubblica di firmare un decreto che ha il merito di aver riaperto le porte ad un corretto e democratico esercizio del diritto al voto di 14 milioni di cittadini.
Un'ultima considerazione: che cosa possiamo dire ai tanti giovani sardi della Brigata Sassari impiegati in Afghanistan e in altri teatri di guerra, aii giovani che rischiano la vita per difendere la libertà, la democrazia e il diritto degli afghani a scegliere con il voto chi li governerà? Come facciamo a raccontare loro che in Italia valgono più la burocrazia della democrazia?
3 commenti:
Condivido la sostanza delle sue argomentazioni, ma resto perplesso difronte ad alcuni dettagli,per me non secondari.Intanto questo continuo distinguo tra Di Pietro e PD,l'uno estremista,giustizialista,guerrafondaio,irrispettoso delle massime istituzioni e quasi metafora di tutte le negatività in politica,l'altro(o gli altri al plurale che è meglio)son quelli buoni,che però a volte sbagliano,tant'è che lei perfino si sorprende dei loro sbagli(almeno così sembrerebbe dal tono di molti dei suoi post).Vabbè che in sardegna c'è il dialogo e perciò non si accenna nemmeno alla burocrazia in mano a coloro che le elezioni le hanno perse,dirigenti e anche capi settore che continuano ad essere arroganti e prepotenti coi subalterni che invece hanno votato per voi.E poi gli esempi di dittatura tutti di destra(sarà un lapsus freudiano?),Pinochet,Vileda e i Colonnelli greci;veramente strano che non gli sia venuto in mente un governo comunista ,dico almeno uno.Guardi la voglio scherzosamente sfidare:mi dica un solo governo comunista ,compreso quello sovietico,come è a tutti noto molto vicino agli ex PCI del PD,che nella storia e in qualunque paese del mondo abbia realizzato non dico un governo democratico,per carità,ma un governo che non fosse una dittatura.
Un simpatico appunto da correggere nel suo articolo Senatore: Il cognome del dittatore argentino era Videla. Mentre Vileda invece trattasi di un noto marchio per pulire i pavimenti... - B. Adriano
@ Anonimo,
potrei risponderle, con il suo stesso tono di garbata ironia, che la distinzione che faccio fra Di Pietro e Bersani attiene più a una mia speranza che differenze ci siano che alla realtà. O che vorrei contribuire alla presa di distanza del secondo partito italiano dalle tentazioni golpiste dei dipietristi. Ma la realtà è che ancora riesco a distinguere fra chi conduce una opposizione dura, con tratti di giustizialismo e di esasperato ipercriticismo, e chi, ormai perso alla causa della democrazia, sogna lo sferragliare di carri armati per le strade, non accontendandosi più dell'opera di alcuni pochi pm militanti.
Io non parlavo, nel mio articolo, di dittature, perché davvero l'elenco dei dittatori comunisti sarebbe lungo, a cominciare da Fidel Castro per finire con il satrapo coreano Kim Jong-Il. Parlavo di golpisti, di militari che hanno rovesciato governi legittimi e il cui esempio pare ispirare i desideri di Di Pietro. Quando uno, nel giro di poche ore, davanti ad un atto legittimo di un governo prima invoca l'intervento dell'esercito e poi chiede la destituzione del presidente della Repubblica che quell'atto ha considerato non in conflitto con la Costituzione, c'è poco da stare allegri. Chi prende le distanze da tali vaneggiamenti non diventa, come lei dice, “buono”, ma, mi permetterà, non può essere assimilato a un eversore.
@ Adriano,
a proposito di lapsus... grazie, evidentemente si tratta del dittatore argentiino, non dello straccio per pavimenti. Corretto
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