Il Pd manifesta oggi, alla corte di Di Pietro, per il rispetto delle regole in democrazia. Ce ne è motivo, eccome. Bersani finge di prendersela con un decreto interpretativo della legge elettorale (come si è visto ininfluente sulle prossime elezioni regionali) che renda trasparenti i meccanismi di deposito delle liste, sottraendoli all'arbitrio di chiunque, cancellieri e giudici compresi. In realtà, il Pd ha in mente altro: il rispetto, per dire, della regola che impedisce ad un pm di utilizzare le intercettazioni di un capo di governo, senza la preventiva autorizzazione del Parlamento. È una norma della Costituzione, dettata più dal buon senso che dalla necessità di tutelare un parlamentare e di sottrarlo ai ghiribizzi di un magistrato. Ma anche la regola secondo cui gli uffici di una Procura devono tenere per loro e assolutamente segreti atti istruttori, per di più ancora agli inizi e anche quella secondo cui un pm che non ha competenza a indagare, si spoglia dell'inchiesta e la spedisce alla procura competente.
Sono convinto che Bersani abbia in testa questo rispetto delle regole per la sua protesta ospitata da quel integerrimo tutore delle “regole che gli fanno comodo” che è l'ex pm Di Pietro, eletto maitre à penser del Pd. Il suo mentore, tanto per esemplificare, è uno strenuo difensore della libertà di stampa quando pensa al suo programma di riferimento Annozero, ma solo di quella, perché vorrebbe cacciare “a pedate nel sedere” uno che, come il direttore del TG1, la pensa diversamente.
Questo, naturalmente, se davvero Bersani e il Pd tenessero alle regole e alle leggi, cose che, come si sa, in una certa cultura politica si rispettano solo se fruttano consensi: tra la rivoluzione e la verità – fu un motto di quella cultura – si sceglie sempre la rivoluzione. Eppure, il pm in questione o non ha rispettato le regole o non ha vigilato sul loro rispetto. Nei suoi uffici a Trani si sa benissimo che una intercettazione in cui compare un capo di governo o un parlamentare può essere usata a fini penali solo dietro autorizzazione del Parlamento, come ho dettoi. Lo si sa, ma prima che il procuratore della Repubblica autorizzi la trasmissione al Parlamento e prima che questo decida, passerebbero ben più dei quattordici giorni che ci separano dalle elezioni regionali.
Sarebbe inutile, troppo tempo ci vorrebbe perché la notizia bomba (“indagato Berlusconi”) abbia l'effetto voluto. Ed ecco, allora, che il testo delle intercettazioni (completo o parziale, chi lo sa?) approda sulle scrivanie di un giornalaccio scandalistico, tanto specializzato nel ventilare fango sul nemico da aver rimproverato Santoro di essere troppo e inutilmente “imparziale”. Nessuno sa, oggi, che consistenza abbiano quelle intercettazioni. E nessuno sa ancora se un giudice terzo considererà reato dire, in una telefonata privata, che della livida faziosità di Annozero se ne ha le scatole piene. Spero proprio di no, perché non vorrei che finissimo nei guai io e milioni di persone che la pensano allo stesso modo e che, a volte, lo dicono per telefono ai propri amici.
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