L’idea di un partito del Sud è entrata prepotentemente nel dibattito politico e culturale di questa estate e sta suscitando reazioni a volte scandalizzate, altre razzisticamente ironiche, qualcuna preoccupata per la sorte dell’unità della Repubblica. Sono, a parer mio, riflessi sbagliati e, comunque, inconsapevoli del fatto che il federalismo comporterà, prima o poi, anche la formazione di partiti locali tanto più importanti in quanto capaci di trovare forme federali di coordinamento. O anche, come pare nel caso del Partito del sud, capace di scegliere alleanze congeniali al proprio programma.
Per essere chiari: nessun partito locale è in grado da solo di governare lo Stato, nessun partito locale, pena la sua sopravvivenza, può allearsi contro natura. Chi ha una profonda vocazione federalista rischia la scomparsa se si allea con partiti antifederalisti o centralisti, così come un partito centralista commetterebbe suicidio politico cercando alleanze con partiti locali, autonomisti e federalisti per definizione. Insomma, la nascita, per ora solo mediatica, del Partito del sud metterà sì la “questione meridionale” all’ordine del giorno del governo della Repubblica, ma non ne intaccherà l’unità nei aspetti fondamentali e imprescindibili: i poteri dello Stato in materia di difesa, moneta, giustizia, rapporti diplomatici.
Se il Partito del sud nascerà, lo si dovrà ad un allentamento delle attenzioni nei confronti della questione meridionale che per anni Forza Italia prima e il Popolo delle libertà poi aveva messo al centro della propria azione politica. Restituire centralità ad Sud e alla Sardegna non avrà come effetto, probabilmente, la non nascita del Partito del Sud o di altri partiti locali, ma, certo, ridurrebbe possibili conflittualità.
Detto questo, da sardo io non penso di poter aderire un giorno al Partito del Sud perché, come il resto dei sardi, non sono meridionale allo stesso titolo che non sono settentrionale, anche se la storia della Sardegna e del suo Regno mi situerebbe piuttosto cittadino del nord che del sud. Il fatto che poco si studi a scuola la vicenda del Regno di Sardegna dal 1324 al 1891 non cambia la realtà dei fatti. Del fatto che, per esempio, nelle scuole dal Piemonte alla Liguria alla Lombardia si studiava fino al 1859 che “i fiumi della Sardegna sono il Po, il Tirso, la Dora Baltea”, che il confine nord della Sardegna era la Francia, etc etc.
Ma la politica non è solo storia, così come la politica dell’oggi deve saper uscire dagli schemi storicamente imposti dalla sinistra secondo cui quella sarda fa parte della questione meridionale. La Sardegna fa parte della questione sarda. Non basta, come per più di un secolo la cultura di sinistra ha imposto anche a chi di sinistra non era, considerare i meccanismi economici dello sviluppo e del sottosviluppo per stendere una griglia unificante di fenomeni sociali, culturali, linguistici diversi.
Non ostante i tentativi fatti da decenni a questa parte di trovare la mafia in Sardegna, qui la mafia non c’è. La delinquenza nella nostra isola non è più “simpatica” di quella maridionale, ma non è mafia. In epoca moderna, il sistema economico sardo non è mai stato fondato sul latifondo, quello di vaste regioni del Meridione sì. I rapporti donna-uomo in Sardegna non sono stati esemplari nel loro oscillare fra matriarcato e patriarcato a seconda delle regioni sarde, ma il delitto d’onore non è stato mai considerato strumento di “giustizia”. La lingua sarda è unica e pochi sono stati gli scambi di acculturazione con i dialetti e le lingue meridionali. Si potrebbe continuare ancora a lungo nell’elencare le reciproche autonomia e differenze. Neppure dal punto di vista economico, le cose sono comparabili. Secondo i dati Eurostat, nel 2003 la Sardegna aveva un PIL pro capite di 17 927 euro, la Sicilia di 15 708 euro, il Sud nel suo complesso (esclusa la Sicilia) di 15 808 euro.
Non esiste, in definitiva, un qualche parametro o criterio che faccia situare la Sardegna nel Meridione che non sia quello della comune appartenenza alla Repubblica italiana oggi e al Regno di Sardegna fino al marzo 1891. Il Partito del Sud non avrebbe alcuna possibilità di rappresentarci più di quanto possa farlo la Lega nord o qualsiasi altro partito italiano. In un processo, a cui tengo molto, di federalizzazione della politica, la Sardegna deve esprimere quel che essa è. Avremo tempo per riparlarne.
2 commenti:
Magari si studiasse a scuola la storia della Sardegna, dei suoi giudicati, della dominazione spagnola e di quella sabauda... se lo si fosse fatto da mó che la Sardegna sarebbe uno stato indipendente.
La storia della Sardegna non la si insegna a scuola proprio per questo.
scusi ma lei non fa parte di un partito italiano?
claudio
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