sabato 24 ottobre 2009

Caso Marrazzo: vogliamo finirla con i veleni?

Auguro di tutto cuore che il presidente del Lazio, Piero Marrazzo dimostri la infondatezza dei fatti finiti su tutti i giornali. Dimostri non che non ha costumi sessuali diversi da quelli considerati normali (cosa del tutto insignificante), ma che non ha accettato ricatti. È tutto quello che, personalmente, mi interessa, non partecipando al gioco del voyerismo che ha ammorbato l'aria di questi ultimi mesi. In altre parola, non parteciperò al gioco al massacro di un uomo che va giudicato per i suoi atti politici non per altro, anche se devo rammaricarmi dei giudizi pesanti espressi dal governatore nei confronti di Berlusconi, fondati su una improvvida condivisione di gossip mediatici. Non farò come lui, che ha chiesto le dimissioni del presidente del Consiglio.
Due sono gli aspetti che mi inquietano e mi fanno dire che la barbarie rischia di contaminare per sempre la vita politica italiana. Il primo è che i veleni mediatici hanno inquinato l'aria in tale misura che il giornale-partito, responsabile primo dell'ammorbamento, non si perita oggi di scrivere che “gli scandali sono lotte per il potere”. Il secondo è che, al solito, la sinistra continua ad avere un occhio che gioca al biliardo e l'altro che conta i punti, dimostrando uno strabismo sempre più preoccupante.
Personalmente non ho mai avuto dubbi che La Repubblica utilizzasse gli scandali per la sua particolare lotta per il potere, ma leggerlo espresso con tanta chiarezza dà un brivido, soprattutto se si considera che un media, in Occidente almeno, non dovrebbe parteciparvi con tanta esibita sfrontatezza. Non siamo più davanti a un giornale di opposizione, ma a un media che organizza la scalata al potere, sostituendosi ai partiti, ai quali, per altro, detta la linea politica.
Sul fronte delle reazioni al caso Marrazzo, le imbarazzate parole dei leader della sinistra denunciano, mi auguro, il definitivo abbandono di quella “diversità morale” che l'ha permeata da sempre. Molto meglio sarebbe se questa abdicazione fosse stata esplicita, ma contentiamoci di questo. Almeno, l'imbarazzo la distingue dalla impudicizia di Antonio Di Pietro il quale se ne è uscito dicendo che è l'ora di metter fine “al problema che sta sporcando la politica italiana di questi ultimi anni, cioè il sistema di dossieraggio, di veline, di criminalizzazione degli avversari politici”.
Veramente singolare che l'uomo corresponsabile dell'avvelenamento della politica e della criminalizzazione del nemico, si svegli nel momento in cui è un uomo della sua parte ad essere colpito dal boomerang lanciato contro Berlusconi. Sono, e voglio continuare ad essere, un garantista sempre e comunque, sia che il bersaglio sia Berlusconi sia che lo sia Marrazzo. E sono disposto, sia pure con qualche diffidenza, a pensare che Di Pietro sia sincero. D'accordo, allora: si metta in soffitta quella concezione di lotta per il potere chei ha in Di Pietro e nella sua compagnia di giustizialisti un convinto interprete.
Se a questo si arriverà, non ci sarà neppure bisogno di risalire ai responsabili avvelenatori dei pozzi della politica.

3 commenti:

Anonimo ha detto...

Caro Piergiorgio, voglio uscire fuori dagli esempi della politica per cercare di fare un esempio su cui non credo ci saranno molti dubbi o almeno spero di crearne degli altri. Se situazioni come questa si creassero in azienda private, come succedono, se chi fosse coinvolto in questo tipo di intrecci, quale pensi sarebbero le capacità gestionali di un capo che tutti i giorni verrebbe additato agli occhi di tutti e che ben poche possibilità avrebbe di esercitare la sua leadership sui propri collaboratori e dipendenti? Perchè questo dovrebbe avvenire nelle aziende private mentre nel mondo pubblico dovrebbe essere diverso? Io credo che la moralità e l'etica professionale dovrebbero essere alla base di tutto ma dovrebbero essere sempre più stringenti man mano che le persone occupano posizioni di rilievo e di esposizione pubblica. Tutto ciò avviene nella maggior parte dei paesi democratici, ma da noi, dove invece c'è sempre una forma di populismi di base assurdo, si arriva quasi a pensare che lo scandalo è andare con un transessuale, mentre se lo fai con le donne, sei un gran figo! Questo modo di fare deve essere combattuto perchè i valori che stiamo trasmettendo ai nostri figli si stanno progressivamente imbarbarendo e sembra quasi che tutto sia diventato normale e che sia permesso e questa deriva diventa pericolosa non tanto per noi, ormai quello che siamo siamo, ma per coloro che verranno dopo di noi e che penseranno che tutto ciò sia normale. Per questo credo che sia opportuno fermarsi a riflettere su questa nostro modo di essere che non ci porterà molto lontano. Ciao, Sergio

piergiorgio massidda ha detto...

Caro Sergio e cari amici intervenuti nella mia pagina su Facebook (http://www.facebook.com/home.php?#/note.php?note_id=165169306081&ref=mf)
d'accordo con te e con chi solleva i tuoi stessi problemi. D'accordo, salvo per un dettaglio di non piccolo conto che spesso nelle nostre discussioni e nelle nostre indignazioni dimentichiamo. Siamo uno Stato di diritto e non uno Stato etico o, peggio, uno Stato di polizia. In uno Stato di diritto, tutti i cittadini sono innocenti salvo prova contraria, il che, visti gli andazzi di questi tempi, non è poi così scontato.
Come trovare la “prova contraria”? Un sistema, barbaro e inaccettabile, è quello della ricerca dei reati (o dei comportamenti morali censurabili) attraverso lo spionaggio, l'appostamento, il pedinamento, l'intrusione nella vita privata degli individui, motivati tutti non da regioni di giustizia, ma da sete di pettegolezzi. Condannabile senza rimedio se ad attivare questa ricerca di reati è la magistratura o una forza di polizia, figurarsi che giudizio se ne dovrebbe dare quando siano privati cittadini a farlo. E poco conta se, nell'occasione, questi privati indossano una divisa.
Una prova di reato raccolta con metodi truffaldini da privati non dovrebbe neppure essere presa in considerazione. Ma neppure è tollerabile che siano organi dello Stato a cercare prove con questo sistema che assomiglia più al rastrellamento che ad una attività di giustizia. Dove sarebbe la differenza fra uno Stato di diritto e uno Stato retto come succedeva nella Germania dell'Est con la Stasi? Ascoltando, spiando i cittadini è molto probabile che si scoprano reati (o comportamenti difformi dall'etica di Stato) altrimenti evanescenti, ma credo che nessuno di noi potrebbe consentire..
Possiamo rassegnarci a metodi di questo genere che piacerebbero certo alle congreghe giustizialiste? I rappresentanti del popolo, si dice, devono tenere comportamenti moralmente irreprensibili. Certo, purché ci si metta d'accordo su che cos'è la morale. Non avere amanti? E se sì non dello stesso sesso? O invece tenere pubblicamente comportamenti non censurabili moralmente? Secondo me è questo il crinale fra morale e moralismo; la prima legittima un giudizio, positivo o negativo, sul comportamento pubblico; il secondo è una pulsione molto ideologica e assai ambigua.
Attenti, diceva non ricordo quale uomo di Stato, verrà sempre fuori uno che è ancora più moralista di voi. Come nel caso del povero Marrazzo, che più volte ha, per moralismo, chiesto le dimissioni di Berlusconi, e che oggi è nelle peste per le sue “debolezze umane”. Per queste io gli sono vicino e solidale. Non denunciando il ricatto cui era sottoposto ha forse commesso un reato di ordine penale, ma questa è altra questione. Mi rimane sempre il dubbio, però, se sia giusto ammettere come prova del reato quel che si è scoperto con una barbara intrusione nella sua vita privata. Per i giustizialisti non ci sarebbero dubbi, per un garantista come me il dubbio c'è ed è grosso come una casa.

sergio ha detto...

Caro Piergiorgio, ti conosco bene per non sapere che il tema giustizialismo non c'entra in questa discussione. Non è di questo che sto parlando. Parlo invece della difficoltà di ogni giorno come genitore a dover spiegare a mio figlio comportamenti, frasi ed atteggiamenti che sempre di più vengono "giustificati" in qualche modo nei media, solo perchè, da una parte o dall'altra, questo poco importa, dobbiamo giustificare il comportamento del potente di turno. Questo è il tema, e credo che se ci rendessimo conto di quanto male stiamo facendo alla nostra società accettando e giustificando queste cose, forse avremmo il coraggio di dire stop a certe cose. Come si può accettare di dover continuamente vedere e considerare le donne solo in funzione del loro essere femminile, più o meno piacente, proporre sempre e solo modelli di ricchezza che solo in pochi possono permettersi, mentre la maggior parte delle persone non riescono a chiudere la 4° settimana? Come possiamo pensare che persone che vivono in mondi di povertà immensa non abbiano il legittimo desiderio di venire in quel paese dove se sei fortunato vinci 1 milione di euro se hai il c..o di aprire il pacco giusto? Questo è il tema e non è moralismo, è la morale dell'etica che mi porta a dire queste cose, che dovrebbero far parte del genoma delle persone, e che invece stanno subendo una profonda trasformazione genetica al solo fine di...boh, almeno sapessimo perchè. Sono un moralista? Forse, sono certamente una persona che la mattina quando si sveglia al mattino e si guarda nello specchio non si sputa negli occhi per ciò che ha fatto il giorno prima, e vorrei che ci fossero sempre di più di queste persone. Utopia? Forse, ma l'utopia è il grande motore dell'universo, quello che ti da la forza di superare anche gli ostacoli più forti e difficili da superare. Abbiamo la forza utopica di cambiare questa società italiana sempre più alla deriva? Me lo auguro, ma purtroppo ne dubito ogni giorni di più. Ciao, Sergio