E dunque, io sarei da cinque legislature il prodotto di un accordo fra politica e mafia per far nascere Forza Italia. Così come una sterminata folla di elettori sarebbe andata a riempire un contenitore forgiato dalla mafia e dalla politica. Ah, i bei tempi del complotto demo-pluto-massonico con complicità clericali che piace tanto ad alcuni giornalisti per i quali non esiste avvenimento che non sia spiegabile con la dietrologia. La loro fantapolitica diventa roba da Bar dello Sport, a paragone della trama imbastita, davanti a giudici, avvocati e cronisti, dal figlio dell'ex sindaco di Palermo, Vito Ciancimino.
Non so che peso daranno a questo triller i giudici, immagino vicino allo zero, se cioè penseranno di aver assistito a uno dei tanti ridicoli tentativi di riscrivere la storia degli ultimi sedici anni in funzione antiberlusconiana o se vi troveranno l'occasione per prendere le distanze da loro colleghi magistrati convinti che possano essi rovesciare l'esito di un voto democratico. Ma ho immaginato che cosa succederebbe se le vicende, non ancora chiarite, delle frequentazioni spionistiche di Di Pietro inducesssero qualche pentito a imbastire un intreccio fantapolitico. Che so? Del tipo: il partito di Di Pietro è frutto di un accordo fra la Cia, i servizi italiani e l'allora magistrato.
Naturalmente non ci crederei, continuerei a credere che l'Italia dei valori è nata per riempire lo spazio, purtroppo esistente, del qualunquismo, del populismo forcaiolo, del giustizialismo peronista. La sua nascita ha introdotto nella vita politica italiana germi di odio nei confronti del nemico, voglia di forca, criteri di “giustizia economica” come nell'Ottocento si chiamava quella sommaria e, soprattutto, l'idea giacobina secondo cui le èlite sono titolate a rovesciare il governo, indipendentemente dal consenso popolare di cui gode. Può anche, Di Pietro, impegnarsi a rispettare le regole della democrazia, chi vince governa e la piazza non può essere chiamata a rovesciare il governo. Ma è un impegno di corto respiro, perché basta un racconto di fantascienza a fargli sognare che questo sia utilizzabile politicamente. Ha promesso solennemente a Bersani di rientrare nei ranghi della correttezza istituzionale. Ma a tutto saprà resistere, salvo che a una muleta su cui un raccontatore di trame ha disegnato l'immagine del nemico.
So, da colleghi del Pd, che c'è imbarazzo per il patto stretto dal loro segretario con il principe giacobino. “È sempre meglio averlo sotto controllo che lasciato solo a fare danni” dicono. Chi sa che cosa diranno ora che ha accusato il governo di essere niente meno che mafioso. Molti parlamentari non solo del Pd ma anche dell'Italia dei valori, avversari che però mi onorano della loro amicizia, mi invitano a sorridere delle intemperanze dipietriste e se non ci fosse da piangere li asseconderei. Sono miei avversari, ma in fondo nutro un affettuoso compatimento.
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