Leggo con meraviglia di otto deputati sardi del Pd che accusano il governo italiano di tramare per spogliare lo Stato di sue competenze allo scopo di favorire un costruttore edile sardo. Di questo esercizio dietrologico sono autori parlamentari che, pur essendo avversari, mi sono amici e che soprattutto stimo: Melis, Schirru, Soro, Pes, Calvisi, Fadda, Marrocu e Parisi. Ecco perché rimango stupito della loro uscita.
Gli otto pensano che sia allo studio “un provvedimento del governo destinato a togliere la competenza sui nullaosta paesaggistici alle sovrintendenze per restituirla alle regioni e ai comuni”. E questo perché? Lo scopo sarebbe quello “di restituire al comune di Cagliari il potere di rilasciare autorizzazioni paesaggistiche e, con esso, la possibilità di reiterare le autorizzazioni annullate dal Soprintendente della Sardegna”.
Il provvedimento è interpretato come “salva Cualbu”, dal cognome, appunto, del costruttore Gualtiero Cualbu di cui sono note le traversie burocratiche in merito alla questione Tuvixeddu. L'opposizione, si sa, fa e deve fare il suo dovere e in questo ha il mio più profondo rispetto, ma c'è pur sempre un limite che non va superato per il suo stesso buon nome. Gli otto l'hanno abbondantemente superato col sospetto che, per fare un piacere a quel che essi considerano un mattonaro sardo, deciso a radere al suolo la più importante necropoli punica del Mediterraneo, il ministro Bondi si accinga a togliere competenze a tutte le soprintendenze per affidarle non solo al Comune di Cagliari ma a tutte le regioni e a tutti i comuni della Repubblica.
Che nella divisione della nostra Repubblica fra il regno del bene e quello del male, si possa esagerare è comprensibile, ma non sono convinto che questi amici-avversari possano davvero ritenere seria la ripartizione fatta per l'occasione. Hanno cervelli fini e dietro questo incredibile sospetto temo ci sia dell'altro. Una fiera opposizione alle autonomie regionali in materie culturali, col preteso che esse porterebbero allo sfascio dell'unità della Repubblica. E forse un poco meditato disprezzo della capacità delle regioni, figurarsi i comuni, di tutelare il patrimonio culturali che essi posseggono.
Sanno, naturalmente, che ci sono leggi dello Stato e normative europee a garantire la tutela del paesaggio e degli altri beni culturali. Ma questo evidentemente non basta a fugare il sospetto che le autonomie sono la sentina del malaffare e della corruttibilità. È in questo clima e con tale cultura della diffidenza che questa politica vorrebbe partecipare alla elaborazione di un nuovo Statuto di autogoverno? Di fronte a una amministrazione dello Stato che vorrebbe rendere responsabili le regioni, e tanto più quelle speciali, perché avere questa incontenibile paura dell'autonomia? È la stessa paura che spinse, nel 1847, un ristretto gruppo delle classi dirigenti sarde a spogliare la Sardegna della sua autonomia stamentaria per chiedere la Fusione perfetta con gli stati della Terraferma.
Siamo seri, nel processo federalista in atto, è naturale che lo Stato si spogli di funzioni che possono e debbono essere delegate secondo quel principio di sussidiarietà recepito nella Costituzione con la modifica del Titolo V approvata dal solo centrosinistra nel 2001. A meno che i miei otto amici non stiano sospettando Massimo D'Alema di esser stato in combutta con l'impresario sardo.
1 commento:
CON RISPOSTA
Piergiorgio e risaputo che i Politici Sardi del PD anno scheletri lell’armadio, perché da sempre anno lavorato contro il nostro paese “E” mi dispiace che ci siano tanti nostri connazionali che credono nella loro politica disfattista, creando problemi a tutto il territorio nazionale.
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