Nel suo sito, la scrittrice Michela Murgia si occupa delle mie posizioni di assoluta contrarietà alla installazione di una centrale nucleare in Sardegna. Fautrice di un successo di iRS alle prossime elezioni per la Provincia di Cagliari, non ha un atteggiamento prevenuto (come lo hanno invece alcuni suoi interlocutori duri e puri) nei confronti del mio no. Ed è, questo, un buon segno di disponibilità a ragionare sulle cose. Le do atto che questo suo approccio alla questione apre interessanti prospettive a quella unità del popolo sardo che è la sola strada possibile per coalizzare il no al nucleare in Sardegna.
Le leggi regionali di contrasto sono pura e semplice demagogia perché, essendo sospette di incostituzionalità, non possono non essere impugnate da qualsiasi governo sappia quali siano le competenze dello Stato e delle Regioni, dopo l'improvvida approvazione del nuovo Titolo V fatta, con soli 4 voti di maggioranza, dal centrosinistra nel 2001. E così sarà fino a quando la Sardegna non si doterà di un Nuovo Statuto speciale di autogoverno come quello che, per esempio, è nel mio disegno di legge al Senato. Oggi come oggi, solo l'unità delle forze politiche, di quelle sociali, di quelle culturali e delle istituzioni può segnalare un no credibile.
Dopo il riconoscimento, dovuto, dell'approccio non pregiudiziale al problema che vedo nell'articolo della signora Murgia, devo anche dire che, comunque, vi aleggia il sospetto di una mia doppiezza che, invece, non esiste. Correttamente fornisce ai suoi lettori il testo del mio intervento al Senato in cui affermavo, fra l'altro, che “è inutile continuare a fare il sacrificio di non aprire centrali nucleari in Italia, tra l'altro di ultima generazione e dunque particolarmente sicure, per paura del nucleare, quando molti Paesi confinanti, quali Francia e Svizzera le hanno già costruite”. Meno correttamente, la signora Murgia, interpreta questo mio pensiero come adesione al nucleare in Sardegna, quando è invece trasparente (e comunque detto e ridetto anche in questo blog) ciò di cui sono convinto.
Cerco di dirlo ancora una volta nella maniera più chiara: la polemica antinucleare fondata sulla pericolosità delle centrali ha, soprattutto oggi con lo sviluppo della tecnologia, una valenza solo ideologica e di schieramento politico; io non sono contrario al nucleare in Sardegna per fanciulleschi timori che la scienza dimostra infondati, lo sono perché ho del modello di sviluppo della mia Isola un'idea diversa dal foraggiamento di industrie energivore; non sono e non posso essere contrario alla decisione di quelle regioni che volessero impiantare centrali nucleari o che si convincessero a farlo sulla base di un ragionamento intorno a costi e benefici di un tale impianto. In me, il rispetto delle autonomie regionali non è una bandiera da agitare o da nascondere a convenienza.
Afferma ancora la scrittrice sarda di non “voler sindacare qui quale sia lo sviluppo che ha in mente il PdL per la Sardegna – sul quale dirò in altro post”. Lo attendo con ansia, perché sono curioso di sapere da altri che cosa io pensi. Così come sono curioso di capire come si possa stravolgere, ad uso polemico, una considerazione assai semplice che ho fatto, sia nel mio intervento al Senato sia in tutte le altre occasioni. Stiamo attenti a dire un no assoluto allo smaltimento delle scorie nucleari, perché questo potrebbe ritorcersi contro di noi. In Sardegna noi produciamo scorie nucleari, per esempio negli ospedali. Dire no (per legge, ad esempio) allo smaltimento di esse in Sardegna equivarrebbe a dire che altri hanno l'onere di smaltire i nostri rifiuti.
Qualcuno sostiene, nel sito di Michela Murgia, che io avrei, così assimilato le scorie delle centrali nucleari a quelle da noi prodotte. Sarei in diritto di indignarmi per un tanto palese esercizio di malafede, preferisco assicurare che no, scorie di centrali e scorie prodotte per quelle “analisi tiroidee” che hanno acceso l'immaginazione prevenuta non sono la stessa cosa. Ma dovremmo metterci nell'ordine delle idee che prima o poi saremmo costretti a smaltircele per conto nostro. E i proclami sulla indisponibilità della Sardegna allo smaltimento delle scorie radioattive sono, appunto, solo proclami senza molto senso.
Così come trovo sconcertante l'idea, avanzata in quel dibattito al Senato da uno di quegli strenui difensori dei diritti dei popoli del Terzo mondo, di spedire nel Sahara le scorie prodotte in Italia. Per aiutare le economie di quei popoli, disse il collega, senza neppure arrossire. Sarà perché della solidarietà ho un concetto diverso, ma trovo inquietante quella proposta che, la signora Murgia può verificare, è riportata nei verbali della discussione parlamentare.
2 commenti:
Senatore, parlare di scorie radioattive derivanti da materiali ospedalieri all’interno di un discorso dove si discute di scorie prodotte da centrali nucleari lo trovo scorretto da un punto di vista logico ed ho spiegato il perché. Non ho detto che Lei confonde le due cose, ma dico solo che le scorie radioattive ospedaliere meriterebbero un discorso a parte. I proclami sulla indisponibilità della Sardegna allo smaltimento di eventuali scorie prodotte da centrali nucleari hanno senso, almeno che Lei non si dichiari d’accordo con tale smaltimento.
Dire che è sbagliato pretendere che altri territori smaltiscano i rifiuti radioattivi ospedalieri sardi è corretto, ma, secondo me, andrebbe trattato a parte.
Oltretutto i rifiuti radioattivi di prima (ospedalieri) e terza (centrali nucleari) categoria richiedono standard di sicurezza e luoghi di stoccaggio notevolmente diversi quindi, ripeto, che senso ha infilarceli nello stesso discorso?
Gentile senatore, la mia replica era troppo lunga per essere accettata qui come commento alla sua. La trova sul mio sito e sulla mia pagina di FB.
Cordialmente
Posta un commento