lunedì 25 maggio 2009

Indipendenza no, autodeterminazione sì

Io non sono indipendentista ma sono molto d’accordo con quanto il presidente della Regione ha detto sa Die de sa Sardigna davanti al Parlamento sardo: “il federalismo deve essere foedus, ovvero libero patto fra pari”. Parrebbe una contraddizione, posto che anche io, come Cappellacci, sono per un patto fra pari e oggi, al di là della equiordinamento tra Regione e Stato sancito dall’articolo 114 della Costituzione, la parità non esiste e va, dunque, conquistata.
Ma è una contraddizione solo apparente e, anzi, quanto sostengo è ben detto nell’Atto unico di Helsinki del 1975. “In virtù del principio dell'eguaglianza dei diritti e dell'autodeterminazione dei popoli, tutti i popoli hanno sempre il diritto, in piena libertà, di stabilire quando e come desiderano il loro regime politico interno ed esterno, senza ingerenza esterna, e di perseguire come desiderano il loro sviluppo politico, economico, sociale e culturale.” Questo articolo del Trattato, sottoscritto da 35 stati fra cui l’Italia, riprende del resto il Patto internazionale dell’Onu sui diritti civili e politici del 1966, sulla base del quale decine di nazioni senza stato nel mondo hanno conquistato la loro indipendenza.
Lo stesso Atto di Helsinki, però, sancisce anche “il diritto di ciascuno Stato … alla integrità territoriale. Questo per dire che il diritto all’autodeterminazione è (può essere) compatibile con la non dissoluzione degli stati esistenti. La compatibilità, come è noto, non è stata possibile in diversi casi: le repubbliche baltiche che si sono rese indipendenti dall’Urss “prigione dei popoli”, quelle balcaniche dalla Croazia alla recente indipendenza del Kosovo, al divorzio consensuale di Cechia e Slovacchia. In quasi tutti questi casi, i processi sono cominciati perché gli stati hanno badato solo alla loro integrità e non al diritto dei popoli a “stabilire quando e come desiderano il loro regime politico interno ed esterno, senza ingerenza esterna, e di perseguire come desiderano il loro sviluppo politico, economico, sociale e culturale”.
Al di là delle questioni di principio ed ideologiche pur rispettabili (il diritto all’autodeterminazione senza se e senza ma), un popolo e le sue classi dirigenti hanno il dovere di ragionare seriamente sia sull’autodeterminazione sia sul loro diritto di esercitare o non esercitare la potestà che la legge internazionale riconosce loro. Di che cosa ha bisogno la Sardegna? Di un’astratta idea di Stato o di una concreta sovranità che consenta ai sardi, come dice il diritto internazionale, di stabilire in piena libertà i poteri e le competenze necessari.
Nessun tabù, dunque, ma un sereno e laico ragionare sui contenuti reali della nostra autodeterminazione.

8 commenti:

Daniele Addis ha detto...

Ceto che appellarsi all'integrità territoriale per controbattere a chi vuole l'indipendenza della Sardegna sa un po' di arrampicata sugli specchi. In cosa sarebbe danneggiata l'integrità del territorio italiano in caso di indipendenza dell'isola? Quali importanti infrastrutture verrebbero a mancare all'Italia?

Alessandro Porcu ha detto...

On.le lei dice:"Questo articolo del Trattato, sottoscritto da 35 stati fra cui l’Italia, riprende del resto il Patto internazionale dell’Onu sui diritti civili e politici del 1966, sulla base del quale decine di nazioni senza stato nel mondo hanno conquistato la loro indipendenza." Poi pero' ritiene che gli stati e nel nostro caso l'Italia, debbano tutelare la loro integrita' territoriale. Non si capisce per quale motivo il trattato di Helsinki e il Patto Internazionale dell'Onu possano essere accettabili per le altre nazioni ma non per quella Sarda. Non credo che le nazioni che hanno raggiunto l'autodeterminazione anche grazie al Patto Internazionale non si trovassero precedentemente all'interno di uno stato, o mi sbaglio? E poi lei dimentica o fa' finta di dimenticare che l'Italia e' uno stato plurinazionale pertanto, anche in virtù di questo, nessuna norma del diritto internazionale puo' impedire alla nazione sarda, al pari di tutte le altre della terra, di decidere in piena liberta' e senza ingerenze di autodeterminarsi.

piergiorgio massidda ha detto...

Caro Addis, ho semplicemente citato un patto internazionale, quello di Helsinki del 75, che assicura agli stati integrità territoriale. Può piacere o no, ma a meno che non si abbia la forza di modificarlo o la volontà di violare il diritto internazionale, così è. Consentirà che staccare una porzione di territorio dallo stato significhi minarne l’integrità. Francamente non ho capito la sua domanda su quali “importanti strutture verrebbero a mancare all’Italia”. Non è che pur di polemizzare con me si stia arrampicando sugli specchi?

Gianni M. ha detto...

Alessandro Porcu ha un po' di ragione: perché altre nazioni si sono servite dei patti internazionali per conquistare l'indipendenza e la Sardegna non potrebbe farlo? Perché, insomma, il Kosovo e il Montenegro sì e la Sardegna no?
Dove non mi trovo d'accordo è nel suo confondere il desiderio con la realtà. L'Italia è sicuramente uno stato plurinazionale. Ma lo dice lui, lo dico io e moltissimi sardi (compreso il presidente della Regione, mi pare di aver capito). Ma lo status di nazione della Sardegna non è riconosciuto non dico dalla Repubblica e dagli altri stati, ma neppure dallo Statuto speciale.

Daniele Addis ha detto...

L'articolo sull'integritá territoriale si riferisce al fatto che questa non possa essere minacciata o messa in discussione da altri stati, non parla di popoli che chiedono l'indipendenza. A meno che non intervenga un altro stato per staccare la Sardegna dall'Italia non si ha alcuna violazione del diritto internazionale.

piergiorgio massidda ha detto...

Caro Addis, mi piace la sua determinazione e il suo non arrendersi mai. Però sbaglia, sostenendo che l’integrità degli stati riguarda solo i rapporti internazionali, riguarda, cioè, la legittimazione della loro capacità di difesa dagli assalti esterni. Non si capirebbe, altrimenti, perché nel caso del Kosovo prima e di Abkazia e Ossezia poi, si sia evocata la violazione della integrità territoriale della Serbia e della Georgia.
Lei, come anche Alessandro Porcu (e in parte Gianni M.), potreste obiettare che quella norma di diritto internazionale sulla integrità territoriale degli stati, non ha impedito né al Kosovo né ad Ossezia e Abkazia di rendersi indipendenti e di essere poi riconosciuti da pochi o molti stati, poco importa. Lasciamo da parte (anche se non si tratta di un dettaglio insignificante) il fatto che quell’indipendenza è costata morti e distruzioni. Badiamo ai meccanismi che bisogna mettere in atto e che prevedono referendum di autodeterminazione.
Siete così sicuri che in un referendum per l’autodeterminazione della Sardegna sarebbe vinto da chi vuole l’indipendenza? Nazioni con identità altrettanto forti, e in più già federali come il Québec, hanno avuto dei referendum e sempre (due volte, ma non vorrei ricordare male) a perdere sono stati gli indipendentisti e a vincere i federalisti, gli autonomisti, cioè. Vale la pena di scatenare in Sardegna una battaglia campale, per poi concludere che i fautori dell’indipendenza si sono contati e risultano essere una piccola minoranza?
Non è meglio prendere atto che nei patti internazionali esiste la chiave per dare alla Sardegna tutta la sovranità di cui ha bisogno? Esistono nazioni senza stato in Europa che, pur avendo al proprio interno forti minoranze indipendentiste (non tutte violente come la basca Eta), godono della sovranità necessaria al proprio sviluppo culturale, linguistico, sociale ed economico. Che è poi quello che a noi serve. Non le pare?

Daiele Addis ha detto...

Guardi, l'articolo recita cosí:

"IV. Integrità territoriale degli Stati
Gli Stati partecipanti rispettano l'integrità territoriale di ciascuno degli Stati partecipanti.
Di conseguenza, si astengono da qualsiasi azione incompatibile con i fini e i principi dello
Statuto delle Nazioni Unite contro l'integrità territoriale, l'indipendenza politica o l'unità di
qualsiasi Stato partecipante, e in particolare da qualsiasi azione del genere che costituisca
minaccia o uso della forza.
Gli Stati partecipanti si astengono parimenti dal rendere il territorio di ciascuno di essi
oggetto di occupazione militare o di altre misure di forza dirette o indirette in violazione del
diritto internazionale, o oggetto di acquisizione mediante tali misure o la minaccia di esse.
Nessuna occupazione o acquisizione del genere sarà riconosciuta come legittima."

I casi di Kosovo, Abkazia e Ossezia sono tutti caratterizzati dall'uso della violenza, lotta armata e/o terrorismo, oltre all'intervento di eserciti stranieri, come ad esempio quello russo.

Vogliamo quindi estendere l'integritá ai rapporti intranazionali che imlpicano terrorismo o lotta armata? Stando a quello che sta scritto mel trattato di Helsinki mi pare una forzatura (a meno che non siano stati stranieri a finanziare i terroristi o gli eserciti che si combattono), ma per me va bene. Peró continua a non riguardare popoli che chiedono pacificamente l'indipendenza, a meno che non si voglia paragonare la Sardegna al Tibet e l'Italia alla Cina, ossia un regime che soffoca con la forza le velleitá indipendentiste dei tibetani. ANche nel caso di Ossezia e Abkazia ricordo che l'integritá è stata tirata in ballo per intimare alla Russia di non intervenire, non per dire a quegli stati che non avevano alcun diritto di chiedere l'indipendenza.

Io sono sicuro che, in questo momento, un referendum per l'autodeterminazione della Sardegna vedrebbe la netta sconfitta di chi aspira all'indipendenza, infatti non si sta chiedendo nessun referendum. I asrdisti vogliono aprire un dibattito in regione per parlare di quei temi, mentre altri movimenti come IRS agiscono sul territorio cercando il confronto aperto con i sardi, vittime di decenni di pregiudizio contro l'indipendentismo.
Non è meglio prendere atto che l'autonomia, in 70 anni, di esistenza della nazione italiana, non ha funzionato? Non è meglio prendere atto del fatto che i discorsi dei politici sono sempre gli stessi laddove continuano ad auspicare un'autonomia che non arriva mai?
Quelle nazioni senza stato cui lei fa riferimento godono della sovranità necessaria al proprio sviluppo culturale, linguistico, sociale ed economico PROPRIO PERCHÉ al loro interno ci sono delle FORTI minoranze indipendentiste.
L'autonomia è di solito un qualcosa che viene "concesso" dallo stato centrale ed è tanto piú forte quanto piú insistenti sono le spinte indipendentiste delle varie regioni. Se in Spagna la Catalogna o i paesi baschi non fossero regioni fortemente autonome non ci sarebbe modo di tenere unita la nazione, se non la repressione armata. Questo è possibile perché la minaccia di indipendenza di quelle regioni pende sempre sulla corona spagnola. Altri casi di regioni fortemente autonome in cui gli indipendentisti sono numerosi sono la Scozia (lo Scottish National Party è a capo del governo scozzese) e il Galles.
Non conosco casi di buone autonomie non accompagnate da un forte indipendentismo, e queste tra l'altro riguardano territori il cui confine è evidente sulla carta, quando si tratta di isole è tutto un altro paio di maniche. Lá bisogna considerare esempi come Irlanda e Islanda, oppure Malta... per tenersele avrebbero dovuto concedere un'autonomia di gran lunga superiore a quella concessa a regioni come Scozia o Galles.

Saluti

Luca S. ha detto...

A mio parere non si può non tener nella giusta considerazione il fatto che l'attuale Costituzione è stata redatta da una modello di classe politica che gli eventi (prima la caduta del muro di Berlino e poi mani pulite) hanno radiato dalla scena. Le attuali forze politiche hanno una concezione dello Stato differente rispetto al periodo 1946-1978(nascita e morte della prima Repubblica, che se ne dica la Prima Repubblica è morta con Aldo Moro), quello successivo sino al 1992(mani pulite) è un periodo transitorio alla ricerca dell'identità violata.
Dopo dal 1994 è iniziata una nuova era, cambia l'anima della politica sia nel centro-destra che nel centro-sinistra, la Lega insegna che più si alza la voce più si ottiene, il campanilismo prende corpo e anima, e prende forma la filosofia "aiutati che Dio ti aiuta", non c'è più spazio per i timorosi e per chi aspetta che l'aiuto arrivi dall'altro.
La Sardegna prima prenderà coscienza della realtà mutata, e meglio sarà.
Oggi parlare di Autonomia è un non senso, l'Italia di Aldo Moro e De Gasperi non esiste più. L'attuale Italia è già nei fatti e nell'anima Federale, pensare che un Ministro leghista possa stracciarsi le vesti per il popolo Sardo non è cosa seria, ma c'è di più ormai la quasi totalità dei Parlamentari hanno acquisito, tanti forse inconsciamente, un anima territoriale, fenomeno poco visibile negli onorevoli Sardi, troppo brave persone di un tempo che fu.
L’atmosfera sociale è cambiata, il buonismo senza la giusta cattiveria nel far valere le proprie ragioni è perdente, in tutti i campi.

A mio modo di vedere la migliore via di uscita per la Sardegna è quella di acquisire lo "status" di "Stato Federale", sul modello degli Stati Uniti d'America. Uno Stato Sardegna con un Codice Civile Sardo, un Codice Penale Sardo, etcc.

Come ha scritto l'onorevole Maninchedda "del Territorio della Sardegna devono decidere i Sardi", ed invece spesso la piccola politica sarda ha messo i tappeti rossi sotto i piedi dell'avventuriero continentale, mentre nei confronti di un giovane Sardo qualunque cavillo è sempre stato utile per stroncarne la voglia d'intraprendere.
Invidia e cattiveria nei confronti dei propri fratelli, amici, compaesani, corregionali e deferenza quasi genuflessione nei confronti del ricco (presunto)potente forestiero.
La maledizione “Pocos Locos e Disunidos” è difficile da estirpare, questo maleficio lo possiamo spezzare solo con le nostre mani, se aspettiamo che siano mani estranee a farlo stiamo freschi. E' tempo che questo insano costume venga sradicato dagli usi e consuetudini e che i giovani sardi siano portati a confrontarsi con quelli d'oltremare e di tutto il mondo, senza timore reverenziale alcuno, e che sopratutto nell'Isola siano capaci di fare squadra per far prevalere, il benessere a tutti i livelli.
Per raggiungere tali obbiettivi la Politica risulta fondamentale, un politico è come un allenatore di una squadra di calcio, deve cercare di far operare tutti i cittadini verso lo stesso fine.
Buon lavoro Onorevole
PS: non sia troppo buono un pò di cattiveria nel far valere le proprie ragioni, si arrabbi non per lei ma per la Sardegna, porti l'Unione Mediterranea, a Cagliari. Ho letto che in Luglio a Milano la sottosegretaria Stefania Craxi ha convocato un convegno sul tema, a cui parteciperà anche il Presidente dell'Egitto, credo che la Sardegna sarebbe stato un luogo più naturale. Ma l'onorevole Craxi se non sbaglio è milanese.
Luca S.