martedì 26 maggio 2009

Povero Franceschini, ridotto al pettegolezzo

So che non è politicamente corretto per un uomo politico provare sentimenti di pietà per un avversario. Ma non riesco a non provare un senso di profonda pena per il capo del più grande partito dell’opposizione, costretto a racimolare voti con il ricorso a pesanti insulti nei confronti del popolo sardo che avrebbe eletto un lacchè. Se ciò non bastasse, a dare il segno della disperazione pre-elettorale di Dario Franceschini, c’è l’uso che egli fa dei gossip di giornali scandalistici per gettare fango sul capo del governo.
In Sardegna per poche ore, cercando di rendere meno disperata la condizione dei suoi due candidati alle Europee, l’uomo che gode dell’esser definito “moderato” ha dato ieri il peggio di sé prima offendendo gli elettori sardi che appena tre mesi fa avevano eletto il presidente della Regione e poi, come un bambino ancora macchiato di marmellata, cercando di nascondere le mani. Roba da rimpiangere il vecchio Pci.
Dove però ha dato prova del suo funambolismo dialettico è nel dare animo ai suoi due candidati: “Votandoli entrambi la Sardegna potrà avere i suoi rappresentanti”. Come dire: se date i voti necessari all’elezione dell’una e dell’altro, vedrete che saranno eletti. Monsieur De la Palice non avrebbe saputo dire meglio. Franceschini sa, naturalmente, che gli elettori con molta difficoltà assegnano più di due preferenze, una al capolista e uno al candidato preferito. Lo sa, ma mica poteva andarlo a dire ai due candidati in corsa, ovviamente, l’uno contro l’altro.
Forse si è accorto che il Pd in Sardegna, nel tentativo di comporre i gravi dissidi interni, ha commesso un grave errore. Lo sbaglio l’ha fatto quando ha deciso di non decidere e ha candidato due persone a una elezione di per sé difficilissima anche, ma non solo, per via dell’accorpamento della Sardegna con la Sicilia. L’odio viscerale e assai poco “moderato”, condito di improperi autolesionisti e di spazzatura scandalistica, non è se non il tentativo di nascondere la disperazione per un esito elettorale che, evidentemente, sa già scritto. Di qui la mia personale compassione per questo avversario che non riesce a rassegnarsi.

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