sabato 27 giugno 2009

Ecco perché tifo per un Pd fuori dal marasma

Può apparire paradossale che io faccia il tifo per una buona soluzione della crisi che attanaglia il Partito democratico. In realtà lo faccio, diciamo così, per una sorta di interesse privato: come tutta la maggioranza, sento impellente il bisogno di un’opposizione vera. Una opposizione che non si incanaglisca, cercando di battere il governo, e possibilmente farlo cadere, con strumenti di imbarbarimento della politica.
Non mi appassiona, ovviamente, il fatto che a guidare il Pd sia nel futuro questo o quel candidato alla segreteria: sono fatti interni di fronte ai quali l’unico atteggiamento saggio è di rispettosa attenzione al dibattito interno. Franceschini, Soru, Bersani o chiunque altro aspiri a guidarlo poco importa: quel che è necessario alla democrazia è che trovi, o ritrovi, un senso alto della politica, rinunciando per sempre alle tentazioni delle spallate o delle scosse che dir si voglia.
Siamo tutti ancora nel bel mezzo di un clima di tentata delegittimazione del governo non per via della sua inefficienza, della pochezza di idee, del piccolo spessore politico e culturale della compagine o di altri seri motivi. Si tenta questa strada con la cooptazione nella battaglia politica di elementi non politici come i pettegolezzi, l’utilizzo plebeo di gossip, l’interpretazione della fotografia del “governante in bagno” come segnale di decadimento della vita privata.
Con una dose di ingenuità sconcertante, i dirigenti del Pd si sono illusi che i miasmi dei pozzi da loro avvelenati infettassero solo l’altra parte, il nemico. Come si può pensare che, sia pure solo per motivi di concorrenza editoriale, non tentassero la strada del gossip giornali diversi da quello che ha impastato melma e fango? Che, voglio dire, non imbastissero un’inchiesta per vedere che cosa succede nel campo dei moralizzatori e dei giustizialisti?
Succede, infatti, che il campo dei moralizzatori, quelli che gridano allo scandalo perché hanno visto o saputo di fotografie scattate dal buco della serratura, sia scosso da altri scatti, più o meno metaforici, da altri buchi della serratura. Poco importa che si tratti, in entrambi i casi, di puri e semplici pettegolezzi di rilievo politico nullo. Il danno è fatto e riguarda non tanto questo o quell’uomo politico, quanto la politica in sé, la sua legittimazione a governare una società. La crisi della politica ancora non comporta la crisi della democrazia, ma ci siamo vicini, se l’imbarbarimento della prima continua.
Incautamente si grida all’attentato alla libertà di stampa, quando ci si richiama alla responsabilità dei media sia nel campo del costume sia in quello dell’economia, quasi sia diritto di cronaca il fotografare di nascosto il “governante in bagno” o il creare allarmismo per una immaginaria bancarotta dello Stato. La cronaca, per quel che ne so, è la descizione e l’interpetazione della realtà, non l’invenzione della realtà. Il procurato allarme, sempre per quel che ne so, è un reato per chiunque lo provochi.
Da questo imbarbarimento si esce solo se tutti ci rendiamo conto che è necessario ristabilire la normalità. La normalità della reciproca legittimazione fra chi governa e chi si oppone, la normalità della democrazia che prevede sì l’alternanza al governo ma non il tentativo di rovesciarlo senza un voto democratico, la normalità di un governo che fa e di una opposizione che dice al governo: “Questo provvedimento è sbagliato, non è sufficiente, noi lo trasformeremmo in questo senso”.
In altre parole, una maggioranza ha bisogno non solo del consenso popolare ma anche, e forse ancora di più, del dissenso dell’opposizione. Ha bisogno di essere tallonata da una forte opposizione, pena il suo accomodarsi nella banalità del quieto vivacchiare, un’opposizione che contrapponga idee a idee, programmi a programmi. Ciò che da troppo tempo non succede. Ecco perché faccio il tifo per una buona soluzione della crisi del Pd.

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