giovedì 18 giugno 2009

Quel curioso "sì" del Pd al referendum

La vittoria del sì al referendum di domenica potrebbe comportare un rischio per la democrazia, sostiene in un’intervista Achille Passoni, l’incaricato d’affari di Franceschini in Sardegna. “E’ antidemocratico che con il 30 per cento si possa ottenere la maggioranza assoluta del Parlamento” dice oggi su La Nuova Sardegna. Quindi, pensi, Passoni farà di tutto per impedire che il referendum passi o che il sì prevalga. Sbagliato. Voterà e farà votare “sì”.
Gli va bene, allora, un regime antidemocratico in cui il 30 per cento coincida con la maggioranza dei seggi in Parlamento? Certamente, se fosse alle viste una vittoria del Pd. Ma neppure lui ha sogni così arditi. Il fatto è che, nel caso prevalgano i referendari, il Pd è pronto a tradire il voto popolare e già ha nel cassetto proposte di legge che di fatto si accingono a vanificare un ventuale maggioranza di sì. Proposte che, insomma, pretendono dalla maggioranza la rinuncia all’opportunità di servirsi in futuro delle nuove norme di legge risultanti dal referendum.
Il caldo vero non è ancora cominciato, ma, forse, ha fatto già la prima vittima? No, non è così, pare. A Passoni, ma non solo a lui, evidentemente, interessa solo una cosa e con candore lo confessa al cronista che l’intervista: “Dobbiamo far emergere le contraddizioni” fra Bossi che ha minacciato la crisi (se dovesse vincere il sì) e Berlusconi. Come direbbero a Oxford, a me dell’esito referendario non me ne può fregare di meno: quel che mi interessa è che cada questo governo, anche a costo di aprire in futuro le porte a un regime antidemocratico. Tanto peggio, tanto meglio.
Con curiosa concezione della par condicio, lo stesso quotidiano intervista un fautore del no, Federico Palomba, che è stato fra i fautori del sì la scorsa legislatura, quando si pensava che potesse essere la sinistra a beneficiare dell’esito referendario. Si sarebbe, è vero, instaurato un regime antidemocratico in cui con il 30 per cento si otteneva la maggioranza assoluta del Parlamento. Antidemocratico sì, ma poiché a governare sarebbero stati i migliori, come bontà loro amano definirsi, che importanza ha?
Anche Palomba lo confessa con assoluto candore al cronista che gli chiede perché il referendum voluto da Di Pietro ora non possa essere usato. “Ora c’è Barlusconi” risponde l’ineffabile Palomba il quale paventa ora una “dittatura di minoranza”. Cioè la stessa “dittatura di minoranza” che ci sarebbe stata se avesse potuto vincere la sinistra? Ma no, scherziamo, in quel caso si sarebbe trattato di “dittatura del proletariato”, vuoi mettere?
Cari amici, vi parrà curioso e anche un po’ bizzarro, ma questa è la sinistra che attende la scossa per cacciare Berlusconi – i mezzi poco contano – per tornare al governo.

2 commenti:

Carlo M. ha detto...

Pensavo che lei avesse piegato alle sue esigenze polemiche le due interviste citate nel suo post. Ho rintracciato e letto le due interviste della Nuova e devo confessare che le cose stanno ancora peggio di quanto scrive.
Sappia che io non sono elettore di centrodestra e che ho casualmente scoperto dal suo blog che nel suo schieramento, senatore, c'è gente mica male. Crederà spero, quindi, alla sincerità di questa mia (angosciata) domanda: dove cavolo sta andando la politica? Possibile ci sia ancora chi crede che Il Principe di Macchiavelli sia davvero quello che ha letto in Selezione dal Reader's Digest?

piergiorgio massidda ha detto...

Caro Carlo,
le questioni che lei pone sono serissime e sollecitano risposte non facilissime. Mi impegno a tentarle nei prossimi giorni. L’unica cosa che mi sento, a caldo, di dirle è che la politica è oggi trascinata in un vortice alla cui sommità c’è il disperato tentativo dell’opposizione (non tutta e non tutta con la stessa caparbietà) di rovesciare i risultati elettorali prima che ci siano nuove elezioni, fra quattro anni. Si rende conto, credo, che la condanna dell’elettorato nei confronti della sinistra, prima in Italia, poi in Abruzzo, quindi in Sardegna e infine in Europa sta rischiando di essere definitiva.
In pt Io non ne gioisco affatto, in primo luogo perché so che una maggioranza senza una forte opposizione non fa bene ad alcuna società civile, ma anche perché, pur da avversario, ho sempre avuto molto rispetto degli uomini di una sinistra diversa da quella che oggi abbiamo.
Io non credo che la sua crisi sia superabile senza una progettualità che oggi non vedo e, invece, con la pratica del rovistare nella spazzatura di gossip, scandali inesistenti, delegittimazioni. Tutto questo, secondo me, sta dietro l’imbarbarimento della politica. Ma ne parleremo.