Partita in sordina con un articolo di L'Espresso contro la lingua friulana, si sta sviluppando sulla grande stampa italiana una campagna contro le lingue delle minoranze linguistiche storiche tutelate dalla Costituzione e dalle leggi dello Stato e delle regioni. Oltre a quello del settimanale della sinistra radical-chic, sono via via comparsi articoli su Il Corriere della Sera, Venerdì di Repubblica, La Repubblica, La Stampa, Radio tre e, incomprensibilmente, Libero, quotidiano che, per via della stessa testata, parrebbe più orientato alla difesa delle libertà fondamentali piuttosto che al loro contenimento.
Anche in Sardegna, sede della seconda lingua più parlata nello Stato, l'atteggiamento dei quotidiani è di diffidenza verso ciò che si muove in difesa del sardo e delle altre lingue parlate nell'isola, il gallurese, il sassarese, il catalano di Alghero, il tabarchino. Per dirne una: fra gli obiettivi dell'accordo Stato-Regione per la spesa di 20 milioni di euro c'è quello dell'insegnamento del e in sardo nelle scuole; ebbene è l'unico obiettivo a non esser stato citato. Né si è parlato della proposta, avanzata dal Comitadu pro sa limba sarda (a cui mi onoro di partecipare) di iscrivere nel Piano regionale di sviluppo le lingue della Sardegna quali possibile motore di crescita economica e sociale.
Da quanto scrive la stampa italiana che ho citato, emerge in maniera molto esplicita che la campagna nasce dalla volontà di contrastare la proposta della Lega nord di valorizzare i dialetti e quelle che, impropriamente, il partito di Bossi definisce “lingue regionali”. Nessuno, tanto meno io, contesta il diritto dei giornali di opporsi alla attuazione della democrazia linguistica come la prevede la Costituzione e la legge dello Stato. Il problema è che per fare ciò, tutti i media citati, senza eccezione, ricorrono a informazioni false e a teorie che si mettono sotto i piedi linguistica, sociolinguistica e in genere tutte le acquisizione scientifiche da Tagliavini a De Mauro, da Wagner a Contini, per non parlare dei linguisti sardi come Bolognesi, Virdis, Paulis, Pittau ed altri.
Poiché questi media si rendono conto come sia improponibile partire lancia in resta contro la Costituzione e la tutela offerta alle lingue delle minoranze, ecco l'escamotage: le uniche lingue della Repubblica, oltre all'italiano, sarebbero il tedesco del Sud Tirolo e l'albanese parlato in Calabria e in Campania. Tutte le altre, comprese il friulano, il ladino e il sardo, sono dialetti e in quanto tali non tutelati dalla Costituzione. C'è anche chi, per esempio su Libero, propone di toglierli dalla legge 482 che, infatti, offre tutela a 13 lingue fra cui il sardo, il ladino e il friulano.
C'è ovviamente del metodo in questa follia antiscientifica in cui, senza vergogna, si lasciano coinvolgere anche docenti universitari che, per la bisogna, abdicano alla loro scienza. Il timore che spinge loro e gli altri al pressapochismo e, spesso, alla mistificazione è che la difesa dei dialetti (e dunque del sardo, del friulano e del ladino) comporti lo sfascio della unità nazionale e la scomparsa dell'italiano come lingua di stato. Le conclusioni, in alcuni esplicite, di questa aberrazione è che le uniche lingue accettabili, oltre naturalmente l'italiano, sono quelle che hanno dietro di sé uno stato: l'Austria, la Francia, l'Albania. Al che rispondono i movimenti linguistici: vorrà dire che al Friuli e alla Sardegna non resta che costituirsi in stato.
Chi mi legge sa come per me l'unità della Repubblica sia un valore fondamentale e sa che il mio essere profondamente sardo non è affatto in contraddizione con il mio sentirmi cittadino italiano. Penso che l'unità della Repubblica non può e non deve aver timore delle diversità e, come giustamente prevede la Costituzione, ha anzi il dovere di tutelarle. Le sciocchezze che si sono lette e sentite sono un sintomo di debolezza, non di forza della Repubblica. E, come se non bastassero i conflitti politici in atto, a me sembra da irresponsabili aprirne altri sul fronte della democrazia linguistica che è fondamento della pacifica coesistenza delle diversità etniche in seno alla Repubblica.
È da irresponsabili fomentatori di conflitti pensare che un popolo come il sardo o il friulano possano rassegnarsi alla cancellazione delle proprie lingue.
2 commenti:
D' accordo su tutto. Faccia una telefonata ai suoi compagni di partito che stanno in Consiglio e gli dica che c'è una legge sulla lingua sarda da approvare.
@ Davide Corda
La legge sulla lingua sarda esiste già, è la n. 26 del 1997 ed ha prodotto buoni frutti anche se non del tutto soddisfacenti. Ed è anche una base di partenza non mediocre per resistere agli attacchi che i media italiani stanno in questi tempi conducendo. Il problema è, semmai, quello di dimostrare una unità di intenti che purtroppo manca.
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