Le drammatiche notizie sulla sorte del Petrolchimico di Porto Torres hanno prodotto un effetto scontato per chi conosce l’animo sardo, un ancestrale rinserrate le fila davanti a un pericolo collettivo. Dai lavoratori minacciati di restare senza lavoro al presidente del governo sardo, dai sindacalisti alla Confindustria, dai sindaci di ogni colore al presidente della Provincia di Sassari viene un’unica voce. È un effetto naturale che è anche una sconfitta per i pregiudizi politici che hanno alimentato le vicende di questi ultimi mesi sia durante la campagna elettorale sia dopo.
Il pregiudizio, per altro infondato, basta leggere la realtà delle cose, è che il centro sinistra sia il luogo geometrico dei difensori del lavoro, dell’ambiente, della cultura e che dall’altra parte stia il male dell’insensibilità e del liberismo senza principi, oltre a quello della dipendenza e della subalternità. È un pregiudizio talmente radicato e tanto capace di fare scuola che, per esempio, un lettore di questo blog, pur non prevenuto nei miei confronti, così commenta il mio deciso impegno a contrastare la remotissima possibilità che una centrale nucleare sbarchi in Sardegna: “Non capisco come mai anche lei onorevole, pare velatamente favorevole ad un eventuale centrale in Sardegna”. Che cosa dire di più se non ribadire per l’ennesima volta che sono contrario al nucleare in Sardegna?
Non sono i valori condivisi della solidarietà, del lavoro, della tutela ambientale, della forza della cultura a distinguere il centrodestra sardo dal centrosinistra. Sono, invece, quelli che fanno perno sul diritto dell’uomo ad autodeterminarsi, sulla sua facoltà di crescere secondo il proprio impegno, sul diritto delle comunità locali a decidere del proprio futuro al di fuori di gabbie ideologiche e accentratrici. E sul rispetto reciproco, al di là delle differenze politiche, culturali e sociali. Ma ci sarà tempo per discutere su questi principi di civiltà e di convivenza.
Quel che importa è, oggi, che la necessità di unione abbia fatto breccia nelle coscienze di quella importante fetta di popolo sardo che si sente direttamente minacciata dalle scelte dell’Eni. Popolo è, secondo i classisti, un concetto ambiguo perché comprende operai e imprenditori (che nella loro ottica sono naturalmente nemici), progressisti e conservatori, borghesi e proletari. Sarà. Ma solo l’unità di popolo, come sempre è accaduto in Sardegna, è capace di vincere le sfide importanti.
Quando si sente dire al presidente di tutti i sardi: “Se c’è da incatenarmi, mi incatenerò con voi”, un ceto politico senza paraocchi si sente più sicuro del fatto che l’obiettivo è a portata di mano. Non mi illudo che così sarà, visto che nuove elezioni sono alle porte, quelle europee. Ma è certo che questa unità deve essere rafforzata. E anche io farò la mia parte: se lo decideranno mi incatenerò con i lavoratori di Porto Torres, con i loro sindacalisti, con i loro amministratori. E con il presidente Cappellacci. Del resto, nella mia lunga attività parlamentare, mi sono diverse volte metaforicamente incatenato a difesa degli interessi dei sardi, anche se quasi mai tutto ciò ha avuto riscontro sui media e, dunque, nella conoscenza degli elettori.
1 commento:
Onorevole siamo abituati a leggere, sentire, vedere, moltissime dichiarazioni, spesso contrastanti l'una con l'altra anche a distanza di anni, mi scusi se ho una storica paura nei confronti delle dichiarazioni e delle prese di posizione delle "istituzioni" quali che siano singoli parlamentari, consiglieri regionali, comunali o circoscrizionali, o interi ministeri, comuni o regioni.
p.s. non si illuda, non sono un elettore del centrosinistra, sono un "suo" elettore e da almeno 15 anni..
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